mercoledì 22 giugno 2011

THE DOGGS: “Black Love” (May 2011, Toxic Basement Studio, Autoprodotto)

Il primo omonimo e.p. (4 brani) del trio punk milanese "THE DOGGS" risale al 2009: lo recensii sottolineando la loro totale dipendenza dal suono sofferto e martoriato degli Stooges dei primi due albums, “Fun House” in particolare. Sono passati due anni, alla chitarra ora c’è Christian Celsi al posto di Riccardo Bertin - sempre al loro posto Marco Mezzadri alla voce e bass guitar, Grazia Mele alla drums – ma The Doggs nel nuovo autoprodotto “Black Love” ribadiscono il loro
innamoramento ‘perso’ per quel suono detroitiano privo di compromessi, attraverso cinque brani che candidamente lo adattano alle recenti ‘nevrosi’ urbane milanesi, da perfetti incontaminati proseliti: forse a scapito - qualcuno potrà eccepire - della ricerca di uno stile più personale?
Ebbene i nostri tre ragazzi non sembrano assolutamente porsi questo problema, sono onesti: ho sempre pensato – forse a molti sembrerà un pensiero contorto e molto discutibile - che sia più apprezzabile per dei rockers non nascondersi dietro un dito, ammettendo senza veli anche influenze ‘pesanti’, che non perdersi nella ricerca di fantomatici nuovi suoni o stili ‘forzatamente’ autoctoni. Rispetto all’ep di esordio un pò dispersivo 'sonicamente' The Doggs distillano in "Black Love" i raptus stoogesiani comprimendoli in location claustrofobiche, opprimenti, dolorose, che testimoniano alla grande una nuova superba autoproduzione. Anche se questo nuovo documento dimostra quanto i tre siano capaci di riprodurre in studio l'impatto live sono convintissimo che é sul palco che danno il meglio. Nel loro sito c’è una frase che riassume con eloquenza la loro filosofia:
“WE DON’T PLAY FOR FUN. WE DON’T PLAY FOR PLEASURE. WE PLAY TO SURVIVE”.
L’acme dell’amatissimo nichilismo Iggy-ano lo raggiungono in Dead City Bleeds, dove riappare un efficace sax (è sempre Piergiorgio Elia?) non contemplato nelle liner notes del cd, e Life Kills: due sole fottute parole, ripetute con fottuto disperato minimalismo per quattro minuti, sino all’autocrocifissione. Non so se coverizzare Venus In Furs di Lou Reed e c. sia diventato una sorta di irrinunciabile rito obliquo per le nuove generazioni di punkers italiani, ma The Doggs lo fanno maledettamente bene, rispettando la ‘viziosa’ atmosfera originale da bravi bambini.
Una sola domanda: prima quattro, ora cinque brani con la stessa parsimonia, la prossima volta dobbiamo aspettarci sei brani o qualcosa in più?
Wally Boffoli

Dead City Bleeds
Black Love
Black Love

The Doggs
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