Risale al 1970 il lavoro più devastante degli Stooges di Iggy Pop, Fun House.
E’ stato detto in innumerevoli occasioni sulla stampa e dalla critica specializzata di quanta influenza Fun House (così come l’omonimo precedente The Stooges del 1969) abbia avuto sulle generazioni di rockers e punkers successive : credo che non ci siano dubbi di sorta in merito.
Non me ne vorrà quindi il giovane trio milanese dei DOGGS formatosi nel gennaio del 2009 se scrivo che i quattro brani di questo loro primo e.p., inciso appena tre mesi dopo, aprile 2009, sin dall’iniziale Underground Drain appaiono diabolicamente ed integralmente avvolti nel bozzolo ‘vizioso’ di Fun House, quasi a voler puntigliosamente dimostrare di quali vibrazioni più di qualsiasi altre si siano nutriti nella loro pur breve esistenza.
Anche i successivi Kiss my blood, No lights ed Animal dispiegano un suono garage e punkoide saturo tipicamente americano: Marco Mezzadri, bassista cupo e martellante, rincorre il vocalismo indolente e crudele di Iggy; Riccardo Bertin attraverso l’efficacissimo uso chitarristico del wah-wah fa sua l’antica lezione di Ron Asheton incarognendo sino allo spasimo il sound dei Doggs; Grazia Mele percuote le pelli con fare essenziale e metronomico, come è giusto in questo contesto.
Se il contributo di Pypa (Vermi) al farfisa organ è essenzialmente limitato ad Underground Drain quello al sax di Piergiorgio Elia (lo Steve MacKay dei Doggs) è ben più corposo e si ottimizza attraversando pacatamente, senza i deliri di Fun House, i quattro brani dell’e.p.
Rappresenta inoltre dal vivo un costante punto di riferimento per i Doggs.
Dall’inizio incerto di Underground Drain (‘….noi proveniamo dall’infido underground!) il suono, attraverso gli orgasmi sensuali di Kiss my blood e l’estatica corruzione strumentale di No lights raggiunge l’apice del caos controllato nella conclusiva Animal, chitarra e sax ad incrociarsi subdolamente: i rantoli ed i bisbigli allusivi di Marco colpiscono crudamente e nel finale i Doggs raggiungono quel benedetto parossismo che nei precedenti brani è più volte sfiorato.
Questo debutto del trio milanese colpisce davvero per intensità nonostante la notevole assuefazione e dipendenza estetiche di cui sopra, facendo altresì intravedere l’obiettivo di un sound più personale.
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Pasquale ‘Wally’ Boffoli
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