giovedì 29 luglio 2010

KINGS OF CONVENIENCE Live /Venaria Real Music: Venaria Reale – Torino, 23 luglio 2010 by Claudio Decastelli


Il luogo comune piu' diffuso, sta sottoterra. Ho proprio tirato in ballo un luogo comune la mattina del concerto, dicendo che le musiche dei Kings of Convenience si sarebbero adattate bene a una giornata piovigginosa di tempo 'atlantico' tipica della francese Bretagna (tempo arrivato su Torino la sera prima con al seguito lo strascico di nuvole veloci). Luogo comune sotterrato dal pomeriggio ventoso, che scoprendo il cielo aveva portato una serata limpidissima e fresca anche nell'area del concerto, sul cui palco Eirik Glambek Bøe ed Erlend Øye sono saliti 10 minuti prima dell'inizio previsto (suscitando sorpresa tra il pubblico, solo in parte già sistemato nelle sedie).
E' un luogo comune anche che i nordici siano freddi emotivamente, perché i Kings erano saliti per invece presentare scherzosamente la band di supporto, Ophelia Hope, quartetto guidato dalla voce della loro concittadina Ingrid Ophelia e completato da chitarra acustica, basso e batteria provenienti da parti diverse del mondo, tra cui l'Italia (il bassista Davide Bertolini). Un set di mezz'ora il loro, con suoni limpidi e canzoni delicate, incorniciate da xilofono e tastiere tintinnanti, intonato con l'atmosfera lieve della serata.
Il luogo comune dei nordici abituati alle basse temperature viene sotterrato invece quando a inizio concerto Eirik, il bruno dei due, si presenta con addosso un giubbotto (in Italia, a luglio!) e quando dopo qualche minuto lo cede poi al compagno, che si lamenta pubblicamente per freddo alle mani e non solo. Freddo che evidentemente Erlend sente di più, impegnato com'è a lavorare di fino con le dita sugli arpeggi minimalisti delle corde in metallo, che l'amplificazione pulita fa poi galleggiare esaltando i complessi intrecci con la ritmica precisa, continua e percussiva di quelle in nylon dell'altra chitarra, colpita da Eirik medesimo con regolarità e forza tali da riscaldargli, evidentemente a sufficienza, le mani e il resto.
Eseguite con basi strumentali piu' rarefatte e scarne di quelle delle versioni registrate, Love is no big truth, Cayman Islands, I Don't know what can, I save you from, tra le altre, fanno risaltare maggiormente il tono discreto delle voci, le strutture armoniche elaborate degli accompagnamenti e, in fin dei conti, l'aspetto evocativo (noioso, direbbe qualcuno) del repertorio dei KoC. Un inizio di concerto cauto, seguito pero' dopo non molto da primi segnali di calore per il tramite di battute e inviti al pubblico ad avvicinarsi, prima solo emotivamente (“schioccate le dita, non battete le mani, è più' elegante”), poi con tutto il resto: così dopo una Sing to me softly al piano, i Kings of Convenience chiedono se ci sia qualcuno che vuole andare sotto il palco, ottenendo il risultato di svuotare le sedie del pubblico più distante e decretare la fine del concerto da seduti di quello delle prime file. Ma meglio così.

Dopo una Mrs. Cold che in versione 'severa' guadagna, Erlend e Eirik, arrivati a meta' serata, fanno entrare “la band che suona con noi”: Davide Bertolini al contrabbasso (produttore artistico dei loro dischi e amico, oltreché bassista degli Ophelia Hope) e Tobias Helt alla viola, responsabile dei riff e dei pizzicati che fanno riconoscere al volo i loro pezzi piu' famosi.
Da quel momento si animano palco e platea: il contrabbasso pulsa deciso rinforzando la ritmica di Eirik (diventata piu' percussiva), Erlend arpeggia più energicamente o anche lui rafforza ritmicamente con chitarra e pianoforte (oppure si dimena e balla, sobillando il pubblico), la viola infila temi, contrappunti alle voci e anche assoli. Risultato e' che Stay out of trouble finisce, appunto, con un suo lungo solo, Misread diventa scarno rock acustico sincopato e senza batteria, Me in you si quieta solo nell'intervallo a base di schiocchi di dita collettivi.
Toxic girl, un po' più rilassata del solito, prelude sia a una versione lunga di Boat behind, con assoli di viola e contrabbasso, sia all'ingresso del batterista degli Ophelia Hope per una vivace I'd rather dance with you, dove Erlend si dedica alla danza dinoccolata del video che ha vinto gli MTV Awards nel 2004.
Come nella prima parte dell'esibizione, anche nella seconda, pur con un segno opposto, il gruppo (sempre di questo si tratta) presenta i propri pezzi in una veste meno pop e autocompiacente, un po’ diversa da quella che tutti già conoscono. Forse per il gusto che provano i musicisti nel non suonare sempre allo stesso modo, forse rendendosi conto che ad anni di distanza dalla loro scrittura, eseguirli uguali significherebbe negare anche solo un minimo di evoluzione nel gusto, nella tecnica e nella prospettiva musicale. Evoluzione che invece in qualche modo viene fuori nell’ultimo cd, dove sono un po’ meno le occasioni di ascolto facile e in cui compaiono nuove soluzioni, a volte magari non del tutto convincenti ma che provano a superare gli schemi più accattivanti tipici del passato.
I bis che seguono, in duo (Homesick, Know how) più un terzo dall'ultimo cd con la band, non aggiungono altro. Ma aiutano a confermare nell'opinione, come il resto del concerto, che il luogo comune più diffuso stia davvero sottoterra: non e' detto che i nordici siano freddi di carattere o che qui in Italia abbiano per forza caldo. E neppure che i Kings of Convenience siano noiosi o che la loro musica sia da associare a una giornata piovigginosa, di Bretagna o torinese.



Fotografie  e live report di  Claudio Decastelli

martedì 27 luglio 2010

EL BASTARDO, THE OUTLAW PICKER by Claudio Decastelli


A voi un piccolo squarcio dell' 'altra' scena musicale torinese firmato da un nuovo collaboratore di Music Box, Claudio Decastelli


El Bastardo parte dalla scena underground torinese, prima con vari gruppi rumorosi e poi, a fine anni '90, a bordo di una band dal rock'n'roll pesante chiamata Bad Dog Boogie: che fonda e con cui gira Italia ed Europa, incidendo anche tre album e partecipando a vari altri.
Ma El Bastardo non suona solo chitarre elettriche distorte:
la passione per la musica della tradizione americana, blues e country, per gente che ne ha fatto la storia come Robert Johnson e Johnny Cash, lo porta a mettere mano ad armonica, mandolino, chitarre resofoniche (quelle con cassa di metallo) e acustiche. Così dal 2005 diventa Outlaw Picker, suonatore fuorilegge e viaggia in patria e all'estero proponendo con quegli strumenti, in solitudine, un repertorio a base di bluegrass, country-blues e indie folk.
Assieme a qualche ospite incide gli album 6 Inches Blues(2005) e Bleeding strings(2007) nei quali, tra tradizione rivisitata con l'approccio del rocker e pezzi rock trasformati in musiche della tradizione, spunta sempre almeno una sua canzone.
Le sue composizioni negli anni continuano a prendere forma, così nel nuovo album One Hammer For You (da poco uscito in digitale su iTunes e altri negozi online) gli originali sono 7 dei 10 brani incisi in perfetta solitudine con uno stile più intimista del solito.
“Non è facile - spiega El Bastardo - decidere di mettere la faccia davanti a delle persone, da soli, sapendo che non ci saranno distorsioni o batterie a coprire gli sbagli. Sei lì con una chitarra acustica in mano e se fai un errore se ne accorgono tutti”.
Come a dire, il bello del viaggio è anche rischiare la foratura.

CLAUDIO DECASTELLI

tratto dalla rivista Cronica Regia (Venaria Reale, Torino)
http://www.cronicaregia.it/
su Facebook: CRONICA REGIA FAN CLUB

Cult Records / COLD SUN : Dark Shadows by Paolo Casiraghi


Istruzioni per l’uso :
trovate una copia su Cd (su vinile non se parla), portatevelo in viaggio in uno qualsiasi dei deserti esistenti al mondo, mettetevi le cuffie, fumate, bevete o prendete qualche droga a vostro piacere , sdraiatevi e ascoltate, ascoltate, ascoltate....al secondo ascolto vi troverete catapultati in un mondo parallelo....
Tra i piu’ grandi gruppi psichedelici texani in assoluto con i 13th Floor Elevators e i Golden Dawn, i COLD SUN furono indescrivibili magici sciamani guidati dal carisma di Bill Miller all’electric autoharp, in seguito collaboratore di Roky Erickson nel progetto Roky’s Aliens.
Le registrazioni risalgono al 1970/1971: purtroppo l’album non fu mai rilasciato ufficialmente, venne inciso un acetato su etichetta Sonobeat nel 1973 da un membro del gruppo in una sola copia per non perdere il materiale composto e poi finalmente ristampato dall’etichetta Rockadelic nel 1990 in 300 copie.
DARK SHADOWS e’ quanto di piu’ vicino a un vero trip allucinogeno, senza nessuna influenza folk, blues o garage, solo pura psichedelica; raggiunge il cuore dell’ esperienza lisergica come poche altre band hanno saputo fare.
Canzoni come Ra-ma, Twisted flower e South Texas nella loro semplicita’ scorrono lineari evitando le lunghe, spesso noiose jams che hanno caratterizzato numerose bands come i Grateful Dead e i Quicksilver Messenger Service.
Ottimo uso di armonica e autoharp cosi’ come le acide e distorte chitarre, mai troppo pesanti, incisiva la voce, stonatissimi ma mai pretenziosi i testi.
Disco invecchiato benissimo, merito sicuramente di una band molto giovane con parecchie idee innovative; stupisce ancora il fatto che non siano riusciti a pubblicare un album del genere nonostante l’eccelsa qualita’ del materiale.
In definitiva un disco di culto, destinato a rimanere un prodotto di ‘nicchia’: i piu’ avventurosi scopriranno sicuramente qualcosa di misterioso, intrigante, unico, un esperienza da leggere sia a livello mentale che musicale.
Un raro gioiello dell’underground americano, un capolavoro assoluto.

PAOLO CASIRAGHI
http://www.youtube.com/watch?v=X146Yqprlf4
http://psychedelic-rocknroll.blogspot.com/2009/01/cold-sun-dark-shadows-late-texas-60s.html