E' la prima volta che parliamo di Bob Dylan su questo magazine: ed é davvero un piacere ed una soddisfazione per l'editore farlo attraverso le parole di Gianni Porta, uno dei più grandi conoscitori (ed interpreti) della sua opera, forse il primo in assoluto, qui dalle nostre parti ...intendo Puglia ed in senso lato meridione.
Gianni Porta é insegnante di letteratura italiana ma sin dagli anni '70 é stato membro importante della Via del blues, ultima band pugliese insieme ai rinnovati The Flowers del cui sito questo magazine fa parte, a 'predicare' ancora oggi preservandone lo spirito originale, il vangelo folk-rock e blues dei sixties. Di recente ha formato un duo folk-blues con Gino Giangregorio, chitarrista della Via del blues, The Doorways, artefici di tre cd di cui parleremo presto in questo magazine.
Gianni, in un momento in cui la 'cosa' Dylan straripa nei media (il complesso e controverso film biografico I'm not There, la relativa doppia colonna sonora con brani rivisitati da tanti 'grandi'!, la tripla antologia), mi ha inviato un pezzo sul dvd appena uscito The Other Side of the mirror, riguardante le vicissitudini in bianco e nero di Dylan al famoso folk-festival di Newport tra il '63 ed il '65.
Come lui stesso mi scrive : '
'...appena terminato il dvd in oggetto ho asciugato qualche lacrima, soffocato qualche sospiro (caspita...avevo 42 anni di meno!), mascherato qualche tremore del cuore e delle mani, e ho buttato giù queste parole. Non credo possano definirsi una recensione ma solo una porta socchiusa che poi si è spalancata sotto la forza delle sensazioni. '
Grazie Gianni...alla prossima ! (Wally)
*********************************************************************************
THE OTHER SIDE OF THE MIRROR!
L'altro lato dello specchio…ti obbliga a confrontarti con te stesso, con le idee, le immagini, la forma stessa che ognuno di noi aveva, almeno per quelli che sia pure soltanto anagraficamente c'erano. Allora avevo 8 anni. E che lui ci fosse non ne avevo neanche idea, come il 99% delle persone che menavano i propri passi in questo paese che era alle prese con il boom, la 500, la Lambretta, le terribili Douphine e i primi (il primo?) album (che parola magnifica per indicare un disco!) dei Beatles.
Non credo sia il caso di parlare delle canzoni: ognuno le avrà ascoltate centinaia di volte e ognuno se le è lette per proprio conto, trovando significati, rimandi, riferimenti; forse, per quelle meno conosciute, tipo Talkin World War III, bisognerebbe fare qualche rimando alla sterminata messe di bootleg, anche se le Bootleg Series credo abbiano offerto anche ai meno dylaniani, scampoli di stoffe preziose e schegge di gioielli (anche se non è il caso della canzone citata, ovvio!).
Ho guardato con attenzione i volti delle persone.
Barbe come non se ne vedono da tempo; vestitini che neanche nei grandi magazzini dell'(ex) URSS; persone stipate una accanto all'altra, fra una sigaretta e la convinzione di essere presenti a un evento che prima ancora che culturale, era politico. La presenza di Pete Seeger era una garanzia: non si stava lì a fare o ascoltare "bella musica": si ascoltavano storie e spinte verso un mondo diverso; la 'nuova frontiera', in un modo o nell'altro, aveva contagiato tutti.
La paura della Baia dei Porci era ancora strisciante ma il peggio era andato, dietro l'angolo c'era la possibilità della collaborazione mondiale e anche la soluzione dei problemi interni, la convivenza con la gente di colore, erano a portata di mano, bastava allungarla.Le persone intorno ai musicisti:strabiliante! Nessun diaframma; potevi toccarli e parlarci pure.
La ragazzina che picchietta con la manina sul vetro del camper; lui che canta e suona con ragazzi assiepati sino al bordo del palchetto.
Addirittura lui che si mette a posto il microfono da solo! E i microfoni li avete visti? Due pallotte che ondeggiano al vento, appese chissà come e chissà dove...per non dire dei completino della regina del folk. Roba di altri secoli... oggi neanche in una saletta della più solitaria parrocchia o sul palco del più scassato dei centri sociali.
La scena di lui che suona con Seeger alla sua sinistra, gambe accavallate e sguardo vigile di chi deve controllare la purezza dell'evento; e alla destra un tipo con la chitarra fra le gambe e il braccio appoggiato al pianoforte. A occhio e croce, tutto il palco era tre metri per due. E la signora che, mentre vanno le note del Tambourine man e le immagini del danzare sotto un cielo di diamanti con una mano che ondeggia liberamente, sta lì, seduta con la borsa stretta sulle gambe, come se fosse capitata per caso e fosse stata fatta prigioniera da quella esperienza.
E il duetto, con lo sguardo amorevole della regina e il suo sorriso sornione, appena nascosto: chi ha visto Don't Look Back vedrà poi la regina uscire silenziosamente da una stanza d'albergo, consapevole che non ha più niente a che fare con quel tipo lì e che lui, soprattutto, non ha alcuna intenzione di condividere la propria scena con chi stava ancora a cantare le proteste e i tradizionali.
Ancora oggi si discute se il pubblico abbia rumoreggiato perché non ci capiva nulla del fracasso che veniva fuori dall'amplificazione (e ci credo: date un'occhiata agli 'altoparlanti' usati dai Beatles allo Shea Stadium e poi vediamo se qualcuno riusciva a sentire una sola nota!) o se perché si sentisse realmente oltraggiato dalla comparsa di uno strumento elettrico e demoniaco nel tempio della chitarra acustica; ha importanza sapere la risposta? Ce ne sarà mai una definitiva e sicura? Di sicuro c'è solo che Seeger voleva tranciare i cavi con un'accetta.
"...possono fischiare sino alla fine dei tempi": credo abbia detto così, con la sicurezza di chi aveva già chiaro in testa da quale parte andare e cosa cercare; quel thin wild mercury music che sarebbe stato il suono di Highway 61 e Blonde on Blonde.
Ecco: questo dvd è il ponte fra il tempo 'come era' e il 'come sarebbe stato'.
Nel bene e nel male.
Per la musica, per la sua musica, nel bene.
GIANNI PORTA
http://www.bobdylan.com/moderntimes/home/main.html