mercoledì 14 marzo 2007

Live / Esteri: THE CHESTERFIELD KINGS - Sonar, Colle Val d'Elsa (Siena) - 1° Marzo 2007 by Slania De Pau e Gianni Sanna


Ed ecco a voi finalmente il live-report sui CHESTERFIELD KINGS al Sonar di Siena del 1° Marzo come annunciatovi nel mio pezzo sulla band, composto dai miei amici di Sassari Slania De Pau e Gianni Sanna, con tanto di belle foto originali scattate dalla nostra inarrivabile Sixties Garage Girl !
Non é un mistero che esiste nella bellissima Sardegna un grande interesse per il sixties-garage ed una scena molto vivace e produttiva di bands tra le quali Rippers ed Hangee V.
Slania De Pau ne é grande conoscitrice ed animatrice, oltre che d.j. durante molti concerti garage isolani e creatrice in rete di ITALIA GARAGE, una room sixties molto attiva.
Ringrazio quindi davvero di cuore Slania ed il consorte Gianni (altrettanto esperto) per questo appassionato live-report, attendendo da loro un pezzo sulla scena garage sarda e sassarese.
Un caro saluto a tutta la room...e non dimenticate di cliccare (dopo aver letto il pezzo) sul filmino sui Kings realizzato a Siena da Slania. (P.B.)
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RITORNO AL FUTURO !
I Kings di Rochester catapultati nella scena attuale rock'n'roll dal '79 al 2007. La loro verve iniziale e’ rimasta intatta! Il tempo non ha scalfito questi re di pietra. Greg Prevost un po’ glam soprattutto nell’acconciatura , giacca rossa a pois neri, al collo foulard bianco a pois rossi, fusò neri e Beatle Boots a tacco alto, Andy pure sixties style” bassista eccezionale, sorridente dallo sguardo pulito sono i membri originali, ma l’intesa con i due nuovi Chesterfield Kings e’ notevole: il virtuoso chitarrista Paul Morabito ha assimilato perfettamente il ventennale lavoro del predecessore, ottimo alle percussioni il giovane e tenace Mike Boise.
Dal vivo spaccano! si sente subito, l’inizio del gig con “I’m not talkin” con il basso pulsante , sono freschi e concentrati per un ottima rendition di “Five years ahead of my time” dove la loro perizia tecnica nei suoni risulta grandiosa come sempre. I Chesterfield Kings pescano con oculata abilità da un po’ tutti gli album senza deludere gli appassionati del suono psych-punk. “I don’t understand”nuovo cavallo di battaglia irradia il nostro corpo assetato di sonorità sixties garage .
La porta del tempo si apre … e come per incanto inizia la stupenda “Outside Chance”, la loro musica va oltre... siamo ancora storditi dalla pura bellezza del basso ipnotico che introduce “Don’t blow your mind” (non presente in scaletta). Certe cose sono impossibili da sentire su disco, come il feeling tra musicisti e pubblico le note avevano a volte delle fissità che producono un effetto notevolmente psichedelico, dei mid-tempo e degli arresti improvvisi di ritmo che sembravano fluire come energia nei corpi di chi seguiva la musica.
Dal vivo sono migliori che in studio, la voce bellissima non ha perso tono, danno pathos ad ogni singola nota, soprattutto Andy Babiuk con il suo basso a goccia, Greg durante il concerto ha usato svariati strumenti musicali (harmonica, Mellotron, maracas e tamburelli) e dei piatti in miniatura per enfatizzare i passaggi musicali venati di viscerale rhym’n’blues.. non un accenno di stanchezza… sinuoso come una pantera ed energico come un giaguaro, salti e spaccate per un cinquantenne che sembra abbia bevuto dalla fontana dell’eterna giovinezza… quale il rock’n’roll e’ !!.
Alla fine del concerto enormi psych-balls rimbalzavano dal palco al pubblico entusiasta e divertito con scoppio finale e coriandoli argentati a cascata .
Spesso durante il concerto Greg si univa agli appassionati e scendeva come un Dio dall’Olimpo in mezzo a noi poveri mortali. I Chesterfield Kings del 2007 sono un ottimo gruppo, fresco ed energico sobrio e chiaramente psych-punk. .. Il loro suond è un distillato dei migliori gruppi Sixties Garage con una forte impronta RollingStoniana pur mantenendo la loro originalità.
Dopo varie sbandate a regola d’arte ritornano al suono dei gruppo Faro come: Blues Magoos, Electric Prunes e Chocolate Watch Band, già dall’album “ Where the action is” e continuano con i loro magic tours ad incantarci ...
La tracklist del concerto al Sonar :
1) I'M NOT TALKIN’
2) 5 YEARS AHEAD OF MY TIME
3) NON ENTITY
4) TRANSPARENT LIFE
5) I'M ROWED OUT
6) JOHNNY VOLUME
7) COME BACK ANGELINE
8) I'LL GO
9) I DON'T UNDERSTAND
10) OUTSIDE CHANGE
11) RUNNING THROUGH MY NIGHTMARE
12) FLASHBACK
13) BAD WOMAN
14) ROCK'N'ROLL MURDER
15) I'M SO CONFUSED
SLANIA, GIOVANNA, MATTIA con i CHESTERFIELD KINGS

http://www.youtube.com/Cavegirl66

http://www.thechesterfieldkings.com

SLANIA DE PAU e GIANNI SANNA

Sixties Culture / THE CHESTERFIELD KINGS: The Mindbending Sounds of...and a miny-story ! by Pasquale Boffoli


Certamente THE CHESTERFIELD KINGS da Rochester (N.York) insieme a THE FUZZTONES sono stati dagli anni '80 in poi (ed oggi più che mai) i maggiori alfieri del sixties-garage revival; ma credo non abbia più senso parlare di revival perché Greg Prevost (lead vocal), Andy Babiuk (bass), i membri storici nonché compositori di tutti i brani dei Kings e c. ne hanno fatto da sempre oltre che ragione artistica uno stile di vita a tutti gli effetti, come del resto Rudi Protrudi dei Fuzztones. Senza ombra di dubbio sono insieme a lui a livello internazionale i portatori 'sani' viventi più attendibili ed illustri della sixties-culture e delle sue raw e wild-sides, riproposte nei loro dischi ma soprattutto dal vivo con grande approccio modernista checché ne dicano i soliti detrattori.
Trattasi la loro di vera ed indefessa professione di rarissima fede che dura ormai da più di 25 anni; una missione di cui beneficiamo tutti noi appassionati, la stessa cosa che succede in Italia con un personaggio imprescindibile come Massimo dalPozzo e le sue Misty Lane e Teen Records, di cui abbiamo parlato in questo musicbox nei mesi scorsi.
The Chesterfield Kings hanno fatto quattro date 'live' in Italia tra il 28 febbraio ed il 3 marzo di quest'anno; noi vi riferiamo nel pezzo successivo a questo del loro act del 1° marzo al Sonar di Colle Val d'Elsa (Siena) grazie alla gentile disponibilità di due amici sassaresi, grandi appassionati di garage, Slania De Pau e Gianni Sanna che erano lì.
Qualcosa però prima sui Kings per i neofiti che leggono ('dejà vu' credo per i garage-fans di qualsiasi età!).
L'ultima fatica discografica di Prevost, Babiuk, Mike Boise (drums) e Paul Morabito (guitars), The Mindbending Sounds of... risale al 2003, pubblicato dalla Sundazed ma é stato ristampato recentemente dalla Wicked Cool, che pubblicherà pare prestissimo anche il loro nuovo lavoro già pronto.
The Mindbending Sounds of... é un ottimo album nel quale i Kings oltre naturalmente a riproporre tutti i clichés garage a loro cari mettono a punto un sound psichedelicamente profondo e denso, moderno e timeless allo stesso tempo: grandi sovraincisioni e lavoro in studio, brani molto cadenzati ed ipnotici, felice vena compositiva. Trip Through Tomorrow, Running Through My Nightmares, Mystery Trip, Disconnection, Transparent Life, mai frenetici ma carismaticamente magnetici vedono la proverbiale stentorea sguaiatezza vocale di Greg Prevost sposarsi ad una ricchezza timbrico-strumentale sorprendente, con Andy Babiuk impegnato ad una moltitudine di accessori vintage, Bijou dulcimer, baritone guitar, hohner pianet (un pò il Brian Jones della situazione) e Paul Morabito che si produce in alcuni soli riverberati da antologia oltre che alle tastiere.
Le sorprese poi non mancano : il grande Jorma Kaukonen (Jefferson Airplane, Hot Tuna...) alla lead-guitar in Mystery Trip e Death Is The Only Real Thing.. stile inconfondibile, quasi a gettare un ponte con un passato irripetibile.
E Little Steven che collabora a vario titolo (producendolo) ad I Don't Understand, perfetto gioiello pop-psyche, sorta di Kicks del nuovo millennio, l'episodio più radio-friendly dell'album. Little Steven, che ne firma anche le liner-notes a mò di pigmalione spirituale, si sa, é divenuto negli ultimi anni il guru del garage americano con il suo progetto Underground Garage cui i C.Kings hanno partecipato. Dal 6 novembre al 1° Dicembre hanno partecipato in America all'Underground Garage Rolling Rock & Roll Show Tour insieme a numerose bands tra cui New York Dolls e Supersuckers, 20 date itineranti tra la west e la east coast, il che li ha riportati notevolmente agli onori delle cronache.
Tra le maggiori citazioni disseminate nei brani di The Mindbending... come non nominare Seeds, Electric Prunes, ed ancora una volta, inevitabilmente, i Rolling Stones degli anni '60 (da sempre vera e propria monomania artistica di Prevost e c.): la dura Flashback inizia con un riff chitarristico ed un one-two di Greg praticamente fotocopiate dalla Jumpin' Jack Flash della premiata ditta Jagger-Richards e alla fine di Mystery Trip Prevost farnetica come Jagger negli undici minuti della famosa Goin' Home (Atfermath,1966).
Del resto avevano o no copiato la copertina originale di Atfermath nel loro lavoro Let's Go Get Stoned (Mirror/1994), quello con la cover di Street Fighting Man?
Questo lavoro conteneva anche un'ottima cover di I'm not talkin', che conoscevamo dall'adolescenza nella versione al fulmicotone degli Yardbirds.
Rollingstoniani sino al midollo, soprattutto lui, Greg Prevost, nel distorcere vocali e parole, sboccato quanto e più del suo totem Jagger.
Di eseguire covers i C.K. ne hanno fatto attraverso gli anni un'arte (alternandole però sempre a brani originali) giunta al culmine dello splendore con Where The Action Is! (Sundazed /1999), quando ancora militavano i due chitarristi Jeff E Ted Okolowctz: tra le altre, inarrivabili edulcorate/calligrafiche versioni di Happenings ten years time ago (Yardbirds), I'm not like everybody else (Kinks), I'm five years ahead of my time (Third Bardo), 1-2-5 (Haunted), Sometimes good guys don't wear white (Standells).
Dei Chesterfield Kings rimangono imperdibili anche opere come il primissimo grezzo Here Are The Chesterfield Kings (Mirror/1983), dove la loro conoscenza della materia sixties era già lapalissiana, il seguente Stop (Mirror/1985), nel quale la piegano con grande efficacia ad originali (Babiuk in primis) agili e penetranti come I cannot find her, She told me lies e Cry your eyes out.
La loro versatilità nel maneggiare l'immarcescibile archivio sonoro di cui ormai sono custodi fedeli é confermata da Don't open til doomsday (Mirror/1987), con originali come Selfish little girl, Everywhere, Ain't no use a testimoniare di un marchio di fabbrica inconfondibile; ma in Social end product il suono si indurisce notevolmente, tendenza confermata dal lavoro successivo The Berlin wall of sound (Mirror/1990), che fa registrare un innamoramento dei Kings per un suono molto più metallico, molto vicino al primo punk americano dei '70 (Stooges, N.Y.Dolls, Heartbreakers...) ed al rock&roll più puro. In genere questo non é album molto amato dai fans e dalla critica (o sbaglio?) eppure fa registrare vere e proprie scariche di adrenalina come Who's to blame, Dual action, Sick and tired of you, Love, hate, revenge o Pills, una baldanzosa cover dei Dolls ed é inoppugnabile segnale di grande eclettismo che li porterà nello stesso anno a pubblicare Drunk on muddy water, sempre per la Mirror, dove rivisitano il blues acustico ed elettrico e nel 1997 a prendere una sbandata per la musica surf. I 32 brani di Surfin' rampage, doppio su vinile (Mirror/1997) sono un'ennesima bizzarra incursione dei re di Rochester negli scampoli della musica giovanile, questa volta tra i '50 ed i '60.
Nel 1999 chiudono il cerchio tornando alla grande con rinnovata perizia e convinzione al sixties-garage, con Where the action is (di cui sopra) che praticamente contiene per intero Tripin out (The many moods of C.K.) un e.p. di sixties covers uscito solo su vinile nel 1997 per l'etichetta spagnola Imposiblle a supporto del loro tour ispanico.
Per concludere non si può tralasciare la preziosa compilation Night of the living eyes (Mirror/1989), contenente A and B-sides e live-songs risalenti al primissimo periodo della band, tra fine '70 e primi '80, compreso il loro primo 45 del 1979 I ain't no miracle worker.
PASQUALE BOFFOLI

lunedì 12 marzo 2007

Recensioni / Italiani / FORTHYTO : Seeming Calm ( Splasc(H) Records/I.R.D.) 2006


Scrivo davvero volentieri di Seeming Calm, prima avventura sonora dei FORTHYTO di Vito Quaranta, chitarrista, compositore, ricercatore e didatta musicale pugliese di rara competenza e dalla frenetica attività. Seeming Calm è stato realizzato a Bari, nei Sorriso Studio, tra la fine del 2005 ed i primi mesi del 2006: i suoi 11 brani sono un’intelligente sequela di grande bellezza compositiva, timbrica e pathos esecutivo, all’insegna di moduli jazzistici mai ortodossi, contaminati da sobri segmenti sperimentali (loop conduction) di sapore ambient ad opera dello stesso chitarrista.
L’iniziale The Unexpected Visitors (at Lope’s House) é davvero intrigante in tal senso, gravida di sagge suggestioni Eno-dipendenti.
Quaranta, splendidamente coadiuvato in questo progetto da alcuni bravissimi musicisti molto conosciuti nel circuito pugliese, in particolare barese (Davide Penta – basso acustico ed elettrico; Michele Campobasso – keyboards; Giuseppe Tria – drums & various percussions; Pippo ‘Ark’ D’Ambrosio – assorted percussions), sfoggia per l’intera opera un chitarrismo estremamente versatile ed emozionale, non sterilmente virtuosistico, esplorando in brani come The Train of Clouds, Hymn, The Last Goodbye fascinose e variegate sfaccettature armoniche, sia che si produca all’elettrica che all’acoustic o nylon string guitar.
I suoi avventurosi solo elettrici conquistano in progressione spazi armonici scandagliandoli con lo stesso trasognato fascino di un Pat Metheny, ma spesso proprio nei tre brani succitati cede ad un’urgenza più spiccatamente rock.
A volte l’avvolgente interazione poliarmonica tra le sue corde e le creative tastiere di M.Campobasso ricorda i cromatismi indimenticabili del Canterbury-sound, (…Matching Mole, Hatfield & North, National Health). I moods diversi e le svolte stilistiche inaspettate in uno stesso brano sono sorprendenti, come in The Fair of the Obvious che racchiude un inserto ‘flamenco’ (con tanto di hand-claps) originalissimo, o come la gioiosa ‘brasileira’ Masnada che chiude con la tenera saudade di un coro di bambini (della Scuola Elementare De Amicis di Mola di Bari).
Ma dove Quaranta eccelle è nell’acoustic guitar: la sua tecnica è calda ed intimamente lirica, sia che faccia uso strepitoso di ‘glissati’ ed ‘armonici’, come nella lenta e rarefatta Heart of Swallow o nella chiaroscurale commovente The Secrets of the Trees, sia quando passa alla nylon string guitar: ascoltatela in Deep Waves, altro episodio topico di Seeming Calm, una crepuscolare ballata di rara bellezza classica, accompagnata da archi splendidamente arrangiati; sembra un outtake strumentale di un disco di Nick Drake.
Vito ‘Forthyto’ Quaranta infine ha anche una passionaria vocalità che ricorda curiosamente il vecchio Peter Gabriel e che (a parte alcuni brevi emblematici inserti tra un brano e l’altro) straripa solo nell’impetuosa A Life in a Day.
L’apparente serenità marina di Seeming Calm, con un evocativo ‘ fischio trattato’ del chitarrista conclude sobriamente un lavoro che a più riprese traduce attraverso lunghe digressioni, pregevoli sperimentalismi cromatici e temi guida ora pacati ora vibranti le profonde suggestioni del mare, del cielo, della natura e della gente della terra di Puglia. Un disco che necessita di ripetuti ascolti per essere apprezzato in tutto il suo stratificato fascino poetico, che ecletticamente trascende con lucida maturità limiti di generi e di etichette.
PASQUALE BOFFOLI

www.forthyto.com