giovedì 23 giugno 2011

YOUNGTEAM: “Daydreamer” (2011, Northern Star Records/Goodfellas)

Dalla fredda Svezia, madre di potenti garage bands come Nomads, Hives, Gluecifer e Hellacopters, ecco arrivare questo fiammeggiante lavoro di tutt'altro registro. Diciamo subito che ci muoviamo in ambito neo-psichedelico, i riferimenti non possono che essere My Bloody Valentine, Slowdive, Brian Jonestown Massacre e via citando, tuttavia non si tratta di un disco derivativo, infatti i nostri hanno quel tratto personale che divide le produzioni scarse da quelle di qualità. Originari di Stoccolma sono al secondo album, oltre ad aver partecipato alle compilations “Revolution in Sound” e “Psichedelica 4”.

Il primo disco, “Missnobandjet” uscì nel 2007, ma solo due dei membri originari del gruppo sono arrivati a questa nuova prova, più matura e orientata. Il suono del gruppo si regge sul tappeto sonoro creato dal possente basso e dalla batteria, sul quale si innestano i chitarroni effettati e la voce, anch'essa spesso filtrata e in secondo piano, come vuole la tradizione del genere. I pezzi, diversamente da quanto accade con molti gruppi del genere, non sono particolarmente lunghi, cosa che personalmente considero positiva, ma il loro ascolto ci espone ad un'irradiazione sonora granitica, come se l'album fosse un tutto unico, una colata di lava sonora che non rischia di bruciarci, semmai ci riscalda come una giornata di sole dopo un lungo inverno. Si comincia, dopo l'Intro di prammatica, con la title track, a mio parere uno dei brani migliori del disco, con un irresistibile giro di tastiera e coretti pinkfloydiani a corredo. Seguono la più lenta Your Love, con chitarra acustica e voce femminile, che mi ricorda stranamente gli Oasis, la strumentale Black Lodge e My Only Friend, in cui ricompare un organetto molto sixties e di nuovo i Pink Floyd dell'era Barrett (i migliori, ovviamente...), probabilmente a causa degli impasti vocali. È poi la volta di un altro degli episodi più interessanti dell'album, la torrenziale Northern Star, introdotta da una chitarra “jingle-jangle”, ma che si trasforma rapidamente in un assalto morbido in pieno stile shoegaze.
Sulla stessa falsariga si pongono Not From Here, in cui il cantato suona come un'eco lontana, Summertime, dall'incedere dilatato, Strange Days, con una chitarra “tremolante” in primo piano. Introducing Mr. Gladstone punta su un beat elettronico piuttosto new-wave, senza peraltro rompere il contesto del disco, che si chiude con Ashes, con bridge e finale aggressivi, e, “of course”, Goodbye, degna conclusione di un ottimo lavoro, che come accade ai bei dischi, cresce ulteriormente con gli ascolti. Consigliato.
Luca Sanna
Daydreamer
Northern Star Records

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