Credete che suonare  (o se preferite ‘coverizzare’) i Ramones   sia cosa facile e scontata?  Io posso, se serve, dire la mia,  dopo aver assistito  al concerto delle  Queens Of New York -  prima in assoluto ed  unica  Ramones  tribute-band  barese -   il 1° Ottobre  in quel di Bari: luogo del misfatto  il  Parkway Bikers Rock’n’roll Cafè,  divenuto ormai  da un po’ di tempo  il rock club per eccellenza del capoluogo pugliese, nonché punto di ritrovo/riferimento dei bikers  locali e non.![]()  | 
| From left to right: Giuseppe, Alessio, Guido | 
Grande festa allora al Parkway Bikers per tributare ‘giustamente’ i fratellini Ramone, per celebrare - senza nessun bisogno di ricorrenze particolari - un’ennesima volta nel nostro orbe terraqueo un mito ormai divenuto intergenerazionale: al Parkway alcuni giovanissimi scatenati a ridosso della band,
  bramosi di sano/sudato  contatto fisico, facevano da battistrada ad un nutrito manipolo di  trentenni, quarantenni, cinquantenni che conoscevano a memoria  brani  e parole, tutti  insieme dentro un’atmosfera di  sano, puro, innocente divertimento punk.  Ci piace pensare che  in quell’ora e mezza in cui i Queens Of New York hanno sciorinato  una trentina, quarantina di brani (… non li ho contati!)  contemporaneamente  a Milano,  Roma,  Parigi, New York, Londra,  Tirana, Mosca   si consumava lo stesso  rito  orgiasticamente  salutare ed altamente anti-depressivo, sia per i musicisti che per il pubblico!   Mi diceva   Guido prima del concerto  che percuotere le pelli, senza intervalli,  per una trentina di  inni  Ramonish   è per lui  ogni volta una bella ‘botta di vita’ che  lo fa sentire un ragazzino: nonché  una bella prova di professionalità aggiungerei,  perché come sottolineavo all’inizio,  l’apparente semplicità  da due minuti delle songs dei Ramones  ed il loro minimalismo  armonico si basano in realtà  su un preciso ed  oleatissimo 
 meccanismo  ritmico (non credo di essere il primo a sottolinearlo) ad incastro tra chitarrista-bassista-batterista che per funzionare bene presuppone  molta preparazione ed una notevole conoscenza dei brani.   Da questo punto di visto Queens Of New York hanno  fornito una prova superlativa, grande e godibilissimo impatto, senza inciampare  in esecuzioni  eccessivamente calligrafiche,  arricchite invece da una salubre personale ironia (Alessio soprattutto,  puntuale chitarrista e bravo intrattenitore), da efficaci variazioni  non presenti  negli  originali e da una azzeccatissima corale vocalità.  Hanno letteralmente saccheggiato i primissimi tre album incisi dai  Ramones tra il 1976 ed il 1977, “Ramones”, “Leave Home”, “Rocket To Russia”, quasi un lapidario  ‘quelli sono per noi i Ramones!’
 o se preferite  ‘la nostra visione dei Ramones’,  con qualche puntatina  in “Road To Ruin” (1978), “End Of The Century” (1980) sino ad una  ‘Il Ku Klux Klan  ha portato via la mia bambina’ da  “Pleasant Dreams” (1981).   E qui, cronologicamente,  si sono fermati.Non mi sento di dar loro torto: effettivamente la crema-bibbia del repertorio di Joey, Dee Dee, Johnny e Tommy si trova in quei primi cinque albums, lì hanno costruito la loro arte ‘unica’ suburbana, definito quel concetto seminale di ‘punk’ poi unanimemente professato dalle generazioni a venire, imitatissimo ad oltranza ma mai uguagliato. E così, tra sniffate di colla-droga povera, promesse poco credibili di diventare bravi ragazzi, téte a téte col proprio cuore, tenere dichiarazioni d’amore, reiterati inviti a ballare, sindromi di ‘peter pan’ rivendicate orgogliosamente ad un mondo di cazzo, senza pudori del cazzo, Queens Of New York hanno saputo far divertire tutti, che non é poco. Il brano che mi ha coinvolto di più? ‘Non voglio crescere’ (da “iAdios Amigos”, 1995, l’ultimo lavoro in studio) - firmato da un certo Tom Waits e sua moglie Kathleen Brennan - per motivi, indovinate un po’, strettamente personali!
Wally Boffoli
'A Sandro, Massimo, Pierangelo, Dario, che hanno pogato con noi anche se non c'erano!'
QueensOfNewYorkFacebook

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