domenica 29 maggio 2011

BOOK REVIEWS: “Il vino della solitudine” 2a Ed. di Irène Némirovsky (Adelphi 2011, pp.245, €.18,00)

Uscito in Francia nel 1935 e una prima volta in Italia nell’immediato dopoguerra, questo romanzo della Némirovsky viene ora ripubblicato da Adelphi che sta meritoriamente facendo conoscere al lettore italiano questa straordinaria scrittrice russo, ebrea, francese. La sua vita è già un romanzo, un tragico romanzo segnato dai drammatici avvenimenti che sconvolsero la prima metà del Novecento e da un’angosciante vicenda familiare. Fuggita con la famiglia dalla Russia in seguito alla rivoluzione d’ottobre e rifugiata in Francia, paese nel quale giovanissima comincerà la sua carriera di scrittrice, la Némirovsky concluderà la sua esistenza, così come il marito, nei campi di sterminio a soli 39 anni, si salveranno invece le sue due figlie. Ma la sua infanzia sarà resa desolatamente triste ed arida da una madre assolutamente priva di qualunque affetto verso la figlia, che sarà anzi detestata perché la sua esistenza
rivelava la vera età della madre, il cammino del tempo, il suo andare incontro alla vecchiaia. La figlia che cresceva minacciava di rendere vani tutti gli sforzi della donna di mascherare col trucco e le sedute nei saloni di bellezza il passare del tempo. Per capire la madre della Némirovsky basti sapere che quando, finita la guerra, le furono portate le nipotine scampate ai nazisti, lei si rifiutò di farle entrare in casa sua sbattendo loro letteralmente la porta in faccia. Da un’infanzia infelice non si guarisce mai, diceva la scrittrice, ma forse proprio lo scrivere è stato un modo per fare i conti con il proprio passato e con la terribile figura materna, ecco perché in un appunto ritrovato 'Il vino della solitudine' è stato da lei stessa definito un libro di Irène Némirovsky per Irène Némirovsky, una sorta di seduta psicoanalitica per fare i conti con un doloroso ricordo pesante come un macigno. Perché questo è un libro profondamente autobiografico: la protagonista Hélène, con i cui occhi noi osserviamo tutta la vicenda, dall’infanzia in Ucraina alla Pietroburgo della Rivoluzione, dalla fuga attraverso i ghiacci della Finlandia all’approdo, ormai diventata donna, a Parigi è evidentemente modellata sulla vita della stessa Némirovsky, così come il personaggio della madre Bella, tutta dedita a imbellettarsi e ai vestiti, incapace di un gesto di affetto, ossessionata dall’idea di camuffare i
segni dell’età che avanza è palesemente ispirato alla madre della scrittrice. Quella di Héléne è una vita che è appena sfiorata dal calore umano e dall’affetto, anche il padre, tipica figura di ebreo dei romanzi della Némirovsky, che pure sembra avere qualche sprazzo di tenerezza per la figlia, viene poi travolto dall’ossessione del denaro, della speculazione e del gioco d’azzardo e soldi, milioni, borsa saranno le parole che lui pronuncerà più frequentemente. E una volta scopertasi donna per la giovane Hélène, il cui animo rischia di assomigliare sempre più a quello della madre, non rimane altra strada che quello di pianificare una terribile vendetta o di scegliere la via, impervia e rischiosa, ma libera della solitudine. Il libro non raggiunge i livelli di un capolavoro come 'Jezabel', perché a volte troppo scoperto é l’intento polemico verso la madre, ma la storia avvince, i personaggi e la loro psicologia sono tracciati mirabilmente dalla scrittura limpida e tagliente come un diamante della Némirovsky, in grado di penetrare dentro gli aspetti più nascosti del cuore nero degli esseri umani.

Ignazio Gulotta

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