lunedì 29 novembre 2010

ULTRAVOX: "-ha!-ha!-ha!" (1977, Virgin Records)

New Wave: l'isteria di John Foxx

1977: il punk irrompe sulla scena musicale. L'urgenza ribelle di un'intera generazione si esprime con tre accordi, prepotenza estetica e attitudine irriverente. Shockare,vivere la vita al secondo e rendere il rumore un suono armonico diventa il leit motiv per centinaia di giovani. In questo contesto si inserisce un album che, nonostante sia spesso annoverato come tra i migliori del genere e in senso lato ci rientri perfettamente, nel contempo si mette avanti anni luce sia sul piano contemporaneo che su quello futuro.
"-ha!-ha!-ha!" è il secondo album degli Ultravox!. John Foxx guida ancora il gruppo, dopo ilprimo album omonimo e il singolo antecedente "Ain't Misbehavin" registrato dai Tiger Lily, band pre-Ultravox, in cui
oltre a John militavano Chris Cross e Billy Currie. Musicalmente, l'intenzione della band è creare un album doloroso da ascoltare, che lasci un senso di desolazione spiazzante. Per raggiungere ciò, prendono in prestito la durezza della neo-scena punk e la mischiano con la lezione imparata da Brian Eno, produttore del loro primo album.
I sintetizzatori di Billy Currie diventano indisciplinati, distaccandosi dai suoni più rigidi dei primi anni '70 di Neu! o Kraftwerk, il bassista Chris Cross lo segue dando il via a esperimenti con la drum machine.
A fianco a questi strumenti ‘nuovi’, inseriscono anche elementi classici, come lo
splendido sax in Hiroshima Mon Amour o la viola e il violino, strumenti con cui è nato musicalmente Billy Currie. La scelta del titolo non sembra casuale: tutto l'album verte su una risata isterica che racchiude angoscie e paure dell'essere umano odierno. Come sarà sottolineato da John in un'intervista “come essere umano sono molto frustato dal modo in cui viviamo, dal modo in cui siamo costretti a vivere al momento... essere una persona completa vuol dire accettare la parte più oscura di sé e si dà il caso che sia la parte che mi interessi maggiormente".
La necessità di aprire una porta sull'oscurità si tradurrà anche nella necessità, su un palcoscenico, di integrarsi in quell'oscurità.
John si presenterà vestito completamente di nero con movimenti ridotti al minimo: in varie interviste affermerà la sua volontà di trasformarsi in una macchina, di isolarsi il più possibile dal pubblico. D'altronde, la dimensione solitaria sembra essere la più idonea per lui: “essere in una band è una fase, come il far parte di una gang. Non puoi farne parte davvero per tutta la vita, cominci a sentirti indegno e ti blocca la crescita. Almeno che tu non voglia essere un teenager per sempre. Il punto di vista su cui ho sempre lavorato è quello di un fantasma in una città – qualcuno che è alla deriva, uno spettatore distaccato, ma ancora vulnerabile”
Proprio per questo atteggiamento, così diverso dalla sfrontatezza dei cantanti punk dell'epoca, si attirò le antipatie di quella parte di pubblico.
Ispirato dalle opere di JC Ballard, le liriche di "-ha!-ha!-ha!" sono una costante analisi del mondo moderno che, a distanza di trentatre anni, suonano più attuali che mai.

Il primo brano è RockWrock ed è il pezzo solitamente incluso nelle migliori compilation di punk 77. Il nome è un omaggio all'artista Marcel Duchamp e al suo giornale RongWrong (il nome doveva essere WrongWrong,ma la tipografia fece un errore di stampa). L'uso del termine Rock è preso in prestito dallo slang dei neri anni cinquanta, dove appunto con rock'n'roll si riferivano al sesso.
“Rip off my clothes/I'm stripping yours/Harder we've starved/Wired and barbed/What a magnificient disgrace/A strangle tango in the dark dark/Fuck like a dog/Bite like a shark shark/Austerity makes you want to rockWrock” (strappa I miei vestiti/io tolgo I tuoi/ci siamo privati duramente/eccitati e euforici/che magnifica vergogna/un tango strangolante nel buio buio/fotti come un cane/mordi come uno squalo squalo/l'austerità t'invoglia al rockwrock)
The frozen ones, secondo brano dell'album, è la canzone circondata dal mistero. Nonostante numerose interpretazioni non si è arrivati ad capire a chi si riferisse precisamente. La spiegazione più attendibile sembra essere il rapporto tra la società e il sistema informativo televisivo, “too many pictures on my screen/and they all are screaming at me/Man I need this insulation/The only way to stop the rush/Whenever feelings gets too real/is to cut the information” (troppe immagini sul mio schermo/e tutte urlano verso di me/ho bisogno di questo isolamento/l'unico modo per fermare l'impeto/ogni volta che I sentimenti diventano troppo reali/è fermare l'informazione).
Il raffreddamento di cui parla John sembra proprio la maniera in cui i mass media hanno appiattito e congelato qualunque sentimento e passione di fronte ad immagini lontane dal nostro spazio percettivo, ma rese di colpo familiari.
Il tema televisivo viene accennato anche nel seguente brano: Fear in the Western World, una riflessione sulla costante, silenziosa tensione che è perpetuata nella nostra vita quotidiana dai dogmi della religione e dai mass media, mentre guardiamo da uno schermo rivolte e guerre reali anestetizzate.
“Your picture of yourself it’s a media myth/Someone told me Jesus was the Devil's lover/While we masturbate on a magazine's cover/Mother's still on valium/Daddy puts the news on tv/Orphans laughs at the confusion/Ireland screams/Africa burns/Suburbia Stumbles/I can feel the fear in the western world” (l'immagine che hai di te stesso è un mito mediatico/qualcuno mi disse che Gesù era l'amante del Diavolo/mentre ci masturbavamo sulla copertina di un giornale/la mamma prende ancora il valium/il papà accende sul telegiornale/gli orfani ridono della confusione/l'Irlanda urla/l'Africa brucia/la periferia cade/posso sentire la paura nel mondo occidentale).
L'alienazione è al centro di Distant Smile, introdotta da due stupendi minuti ‘ambient’ con pianoforte per poi avere un'autentica esplosione di sintetizzatori. Il tempo scorre, le stagioni passano, le città si accendono, il futuro si perde nell'orizzonte, ma l'uomo è perennemente “adrift in other times behind a distant smile”(alla deriva in altri tempi dietro un sorriso distante).
Del resto, riusciamo a mantenere un'apparenza di sospesa perfezione, vivendo la vita al momento, gustandocela asetticamente e perdendola appena passa: morendo ogni giorno (The man who dies everyday); “You never drop your facade and you never seek relief 'cause you're the man who dies everyday” (non fai mai cadere la tua facciata e non cerchi mai sollievo perchè sei l'uomo che muore ogni giorno) e lottando disperatamente per cercare di schivare la staticità (While I'm Still Alive) “If tomorrow's not there/at least today is all mine/the age is dramatic/I'm crackling with static/just jiving for survive/While I'm still alive” (se non ho un domani/almeno oggi è tutto mio/l'età è drammatica/scoppietto statico/sopravvivendo con stupidaggine/mentre sono ancora vivo).
Asetticità e staticità sono i sentimenti che corrodono la società, ma allo stesso tempo John Foxx li cerca disperatamente. Trasformarsi in una macchina, un robot, necessita di un distacco completo dalla vita sociale, che assume sempre più i contorni di una vita artificiale, Artificial Life.
Dio si trasforma, si insinua in ogni novità capace di luccicare, capace di rendere la perfezione a portata di mano. Settare la propria immaginazione, rendersi un perfetto animale sociale, interagire, creare nuovi amici e nemici quotidianamente, sfruttare, morire e vivere di nuovo, tutto questo nella notte, in quel buio che diventa per Foxx metafora inquietante. “She turned to perfection once, but realised she'd only turned into pain/She ran through Divine Light/Chemicals/Scientology/Her own sex/before she turned away/And it goes on all night/The artificial life” (Si trasformò in perfezione una volta, ma capì che si era solo trasformata in dolore/provò con la Luce Divina/le droghe/Scientology/il suo stesso sesso/prima di scomparire/e va avanti per tutta la notte/la vita artificiale).
Chiude l'album la stupenda Hiroshima Mon Amour. Il rimando è subito a uno dei capolavori assoluti della Nouvelle Vague, il film omonimo del 1959 di Alain Reisnas.
Non a caso, la simbiosi cinema-John Foxx prenderà il sopravvento nella sua successiva carriera solista. Nonostante siano stati smentiti dallo stesso Foxx parallelismi diretti col film, questa stupenda ballata, accompagnata dal sax di C.C. del gruppo Gloria Mundi, sembra instaurarne alcuni.
Il film è la storia d'amore tra due protagonisti ostacolata dai continui flashback (introdotti per la prima volta come tecnica nel cinema) sulla guerra appena terminata, sulla distruzione non solo del singolo, ma anche della collettività, rappresentata dalla bomba sganciata su Hiroshima.
Il testo della canzone si sposta sul mondo contemporaneo di John “riding intercity trains dressed in European grey” (viaggiando su treni intercity, indossando il grigiore europeo), sulla scoperta che dietro quella porta, prima dell'oscurità, si nasconde un essere umano, che il raggiungimento del tranquillo lago autunnale “Where only the echos penetrates” (dove solo l'eco penetra) è reso possibile solo “walking through the polaroid of the past” (camminando attraverso le polaroid del passato) (i flashback del film).
Nella ristampa del 2006, è presente anche Young Savage, dove Foxx fa l'analisi di un gruppo di adolescenti con cui gli capita di uscire in quel periodo. Scappando da ogni tipo di affetto “live too fast for love or
sorrow”
, (vivere troppo velocemente per l'amore o il dolore) vivendo appieno quella vita al minuto “The past is dead/tomorrow is too far” (il passato è morto/il domani è troppo lontano,) nel pieno di ogni classico clichè ribelle “Coloured hair and cheap tattoos/impale you on their point of view” (i capelli colorati e i tatuaggi economici/vi immobilizzano nei loro punti di vista); ma prede allo stesso tempo del loro Doctor Jekyll, nascosto sotto questa patina di anticonformismo che potrebbe renderli, come dirà lo stesso John in un'intervista “i maggiori azionisti della City di oggi”.
Crizia Giansalvo

(Articolo tratto dal n. 1 della fanzine "Mutiny! 'Zine”)
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"Mutiny! 'Zine è la fanzine nata nel settembre 2010 nell'ambito dell'incontro tra l'associazione Mutiny di Luca Falcone, Federico Sabatini, Francesca Di Santo e Crizia Giansalvo, che si occupa di organizzazione concerti e di un cineforum mensile nell'area di Pescara; arrivando in poco più di un mese a presentare in anteprima il nuovo documentario di Julien Temple "Oil City Confidential" e, insieme all'associazione Sulmona Rockers, ad organizzare il concerto dei Vibrators, leggende del punk britannico. Il primo numero, da cui é tratta questa intervista, è uscito il 26 settembre 2010 in forma esclusivamente cartacea. E' in preparazione il secondo numero, che vedrà anche un ampliamento dei collaboratori e quindi delle tematiche musicali trattate. Per info potete trovarci su Facebook Mutiny Fanzine o contattarci all'indirizzo: mutinype@gmail.com"

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