sabato 20 ottobre 2007

BOOK REVIEWS - Paola De Angelis: "Journey to the stars - i testi di Nick Drake" (2007, Arcana Edizioni)

Nick Drake é una delle mie fisse da sempre! Come ogni buon rocker (anziano e veterano per giunta!) la parte più lirica e decadente del mio cuore emerge ogni volta che riascolto le sue magiche ballate !
Un mito, senza ombra di dubbio, ma non di quelli fatui fatti di adesivi e t-shirt etc ... un mito che chiunque abbia superato gli anta si porta nell'anima discretamente ma con indefessa emotività! Per fortuna un mito che resiste nel tempo ed un artista che le nuove generazioni stanno scoprendo e scopriranno per la prima volta, grazie anche all'iniziativa di cui qui si parla!
Ecco perché pubblico con molto piacere il comunicato che mi ha inviato Massimo Bernardi, noto giornalista romano, collaboratore tra l'altro di uno dei migliori magazine rock on-line italiani, http://www.musicletter.it/ (come il sottoscritto) e conduttore radiofonico (Radio Stereonotte!).
Buona lettura a tutti (Wally Boffoli)



Paola De Angelis, "Journey to the stars - I testi di Nick Drake" (con un contributo di Simone Lenzi dei Virginiana Miller), Arcana - Collana: Testi - pp. 250, Euro 14,00 - ISBN 978-88-7966-441-7 - uscita nelle librerie: 2 novembre 2007

«Drake è uno degli intoccabili della musica inglese: un bardo diffidente i cui tre album, usciti tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, sono diventati una pietra di paragone per qualsiasi cantautore armato di chitarra acustica, propensione bucolica e un approccio alla malinconia ingannevole e delicato». (The Times)

Quando, la notte del 25 novembre 1974, Nick Drake morì per overdose di antidepressivi nella casa dei suoi genitori a Tanworth-in-Arden, nel Warwickshire, aveva 26 anni e tre splendidi dischi all'attivo. Aveva vissuto la sua breve esistenza (e la sua ancor più breve carriera di cantautore) nell'ombra, praticamente ignorato dal pubblico e dai media: eppure nelle sue canzoni malinconiche e autunnali sapeva alternare la fragilità degli outsider alla solitudine bucolica, il rifiuto della modernità alla riflessione sulla fugacità del tempo.
Più di trent’anni dopo, per la prima volta in questo volume viene affrontata l’analisi dei suoi testi, impregnati di cultura letteraria: dai romantici ai poeti inglesi del dopoguerra, e di un personalissimo simbolismo legato alle stagioni e ai colori della terra.
Il culto intorno a questo menestrello solitario e incompreso, definito il “Bob Dylan inglese”, è cresciuto a dismisura: citato dai musicisti più disparati come influenza imprescindibile – dai R.E.M. a Paul Weller, dai Cure (che proprio a un suo verso debbono il loro nome) fino ai Belle & Sebastian –, oggetto di biografie e documentari che hanno tentato di ricostruire la sua figura sfuggente. I suoi album e le sue canzoni vengono oggi regolarmente citate come must dalle riviste specializzate.

Nel 2007 ricorrono i 35 anni dall’uscita dell’ultimo album ufficiale di Nick Drake, "Pink Moon".

(Paola De Angelis - giornalista, conduttrice radiofonica di programmi storici per la Rai - Stereonotte , Music Club, Boogie Nights, Storyville, Fuochi e Il Cammello di Radio 2traduttrice, collabora con diverse testate, tra cui Alias – il Manifesto, D – La Repubblica, Il Mucchio Selvaggio)
http://www.arcanalibri.it/

giovedì 18 ottobre 2007

Recensioni / Esteri / THE PRETTY THINGS : Balboa Island (Cote Basque/Cadiz Music/Venus Dischi) - 2007 by Pasquale 'Wally' Boffoli

E' proprio necessario spiegare chi sono stati The Pretty Things tra i '60 ed i '70? Forse sì! Alle nuove generazioni! Sempre che abbiano voglia di saperlo!
Diciamo per sintetizzare che nella prima metà dei '60 hanno conteso agli Stones insieme ad Animals e Yardbirds lo scettro di miglior band beat/r&b della nascente scena rock britannica, o british invasion in virtù di un grande e selvaggio cantante Phil May e di un chitarra solista, Dick Taylor, che proveniva dagli Stones e che dava lezioni di blues a Keith Richards ed Hilton Valentine.
Dopo un apprendistato di due album per la Fontana sulle covers dei padri del blues e del rock&roll (non lungo quanto quello dei R.Stones) e dopo un ottimo Emotions, nel quale cercavano attraverso un beat trasversale nuove direzioni melodiche e compositive scrivono con S.F.Sorrows un pezzo di storia rock incidendo l'antesignano di concept-albums di lì poco a venire come Tommy degli Who ed Arthur dei Kinks!
Lo riproporranno dal vivo agli Abbey Road studios nel 2003 .
Questo nuovo Balboa Island, dopo varie collaborazioni ed incisioni dal vivo negli anni 80 e 90 é il loro vero primo album in studio degli ultimi 8 anni, nonché l'undicesimo dei loro 43 anni di carriera.
Possiamo considerarlo un sunto musicale ed esistenziale in tal senso con flash vividi di un glorioso passato: The beat goes on, In the beginning, Livin' in my skin, nei quali vibranti toni autobiografici sono più che palesi:
l'urgenza malinconica della voce di Phil May soprattutto rinverdisce i fasti degli inizi!
Balboa Island é un album che solo i veterani del rock sapranno apprezzare con dedizione d'ascolto : in più di un episodio riemerge l'antica oscura energia pre-punk impregnata di blues urbano, ma anche di folk maturo e blues rurale.
Come gli otto minuti di (Blues for) Robert Johnson, omaggio ad uno degli indiscussi maestri del british blues, che sconfinano ad onor del vero nell'autocompiacimento esecutivo: si fatica un pò a stargli dietro!
Altrettanto deep/dark la lunga cover acustica della dylaniana The Ballad of Hollis Brown; coinvolgenti le altre covers emotive di Feel like goin' home e Freedom Song.
Altrove The Pretty Things ritrovano la leggerezza espressiva freakbeat delle pagine migliori di Emotions e S.F.Sorrows: in Dearly Beloved, Balboa Island, Mimi, Pretty Beat.
Balboa Island: un piccolo avvenimento che sarà magari liquidato con poche battute dalla stampa che conta.
Ma vi pare poca cosa un nuovo disco nel 2007 (senza che lo spirito originario sia andato perso) dell'unica band della 60s "British Invasion" che suona ancora con la line-up originale (unica eccezione il chitarrista Frank Holland con loro dal 1992) ?
Dopo alcuni ascolti, nonostante uno spirito autocelebrativo un pò accentuato speri che May, Taylor e c. non saranno così cinici dal farci aspettare altri otto anni per regalarci un altro timeless album così denso e generoso.
Si astengano i fans ad oltranza delle nuove fatue bands-meteora britanniche.

http://www.cotebasquemusicgroup.com/

http://www.myspace.com/alllightup
http://www.scaruffi.com/vol1/prettyth.html
http://www.venusdischi.com/

lunedì 15 ottobre 2007

Recensioni / Italiani / MOLTHENI :Io non sono come te ( La tempesta dischi / Venus) 2007 by Pasquale 'Wally' Boffoli


Basta ascoltare un qualsiasi disco di Moltheni (uno per tutti… Splendore Terrore!), per rimanere sedotti dalla sua quieta, lucida e disperata concezione della vita e dei rapporti umani, veicolata da una voce piena di pathos discreto, fragile, perfidamente inquietante.
I temi sempiterni dell’amore, della morte, della solitudine sono affrontati da Moltheni con un’ apparente rinuncia ansiogena che fa pensare ad un perenne stato di ‘nirvana’.
Dopo la stupenda ed ispirata Toilette Memoria Moltheni incide per La Tempesta Dischi/Venus un mini-cd, Io non sono come te dal quale prima di tutto mi pare traspaia una diffusa gentile misoginia .
Tu è croce e delizia impietoso del rapporto a due, decisamente sbilanciato verso la croce..! Un’analisi a cuore aperto nella quale Moltheni riesce con eleganza unica ad usare metafore non certo ortodosse come
‘…è come pulirsi il culo con foglie d’ortica!’
Dopo l’iniziale strumentale Risveglio, rilassato ed evocativo, il disco vede fluire affascinanti strutture guitars-keyboards di preziosi collaboratori attraverso Giorni Cattivi, Io non io, gravide del tipico pessimismo lirico metafisico di Moltherni.
I seguenti versi di Montagna nera sono emblematici di un’incessante ricerca di pace interiore, un percorso arduo che certamente Moltheni continuerà a seguire prima di riuscire a raggiungere davvero il ‘nirvana’ :

' …dillo a me che non sono come lei / figlio di una montagna nera / dimmi che io non sono come te / figlio di una montagna nera’ .



PASQUALE BOFFOLI