venerdì 28 gennaio 2011

THE ROMANS : "Last days at the Ranch" (Down There/Restless, 1986)

Pochi, veramente pochi si ricordano dei Romans.
Eppure, se avete passeggiato lungo le strade polverose del rock americano avrete sicuramente avuto a che spartire con qualcuno di loro o degli altri bovari che frequentavano il loro ranch: 45 Grave, Monitor, Consumers, Green on Red, Dream Syndicate, Opal, Mazzy Star, Droggs, Giant Sand, Human Hands, B-People, Thin White Rope, John Wesley Harding, Willard Grant Conspiracy e Dio solo sa chi altri stia dimenticando.
Una storia iniziata nella California soffocata dalle ruggini ferrose del dopo-punk (la stessa dei Wall of Voodoo, dei Savage Republic, dei Christian Death e dei T.S.O.L., per capirci) e finita dentro le paludi del ‘grassroots revival’ che scosse l’America al giro di boa degli anni Ottanta (quella dei Dream Syndicate e dei Long Ryders, sempre per essere chiari).
Detto in altro modo, l’ unica cosa che troverete simile tra il loro disco di debutto ("You only live once", 1983) e questo secondo e ultimo album è la formazione che li ha costruiti entrambi.
Per il resto, a parte il nome che campeggia in copertina, si tratta di due dischidistanti anni luce, malgrado li separino solo tre anni. Laddove il primo disco regalava piccoli scorci di surf music dell’ era digitale offrendo una versione alternativa al western alcaloide dei Wall of Voodoo, “Last days at the Ranch” è un album intriso di sapori da vecchia fattoria.
Insomma, laddove non era riuscito Paul B. Cutler (produttore del disco dell’ 83) riuscirà suo compare Steve Wynn che, passati "i giorni del vino e delle rose", si ritroverà accanto a loro per gli ultimi giorni al ranch, seduto dietro al banco regia e qualche volta in piedi davanti ai microfoni.
Malgrado questo fulmineo cambio di pelle puzzasse allora di sterco (nel senso che l’ impressione “a caldo” fu quella che i quattro teppisti californiani avessero deciso di calpestare consapevolmente qualche grossa padellata di cacca di bue pur di approfittare delle amicizie nel giro giusto, NdLYS), risentito oggi saltando giù dal carro dei colpevolisti “Last days at the Ranch”, col suo carico di chitarre scorazzanti, mandolini e pianoforte elettrico (suonato da Chris Cavacas dei Green on Red) conserva un suo fascino e una sua dignità che gli permettono di difendere con orgoglio il suo posto tra i dischi che costruirono l’epopea del Paisley Underground e della restaurazione dei suoni della vecchia America, fatti di musiche rassicuranti e familiari eppure percorse da una urgenza giovane figlia di quell’attitudine punk condivisa da tutti i gruppi della scena che resero queste periferie springsteeniane così appassionate e romantiche.
Poi, anche quest’ Impero sarebbe crollato.Ora è il momento di scavare.

Franco “Lys” Dimauro

Tracklist: In My Hometown / You're Coming with Me / Ten Cent Wager / Loser (Uhlenkott/Gomez) / Robert's Lament (Lloyd) / Greed, Hate and Drinking (Uhlenkott/Alison Anders) / Vicki Seventy (Uhlenkott/Gomez) / Open Wide / Rest in Peace / Last Days (Uhlenkott/Gomez) / Sarah Gets a Haircut (Lloyd) / Roll Them Down Closed

The Romans

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E mo chi erano questi?


Roberto

Pasquale ' wally ' Boffoli ha detto...

Roberto chi? Nell'articolo é spiegato molto bene chi erano Roberto