# Consigliato da DISTORSIONI
Ritornano a sei mesi di distanza da “Castlemania” con “Carrion Crawler/The dream”, doppio titolo per quello che inizialmente sarebbe dovuto uscire in due formati EP separati. Dopo averci piacevolmente spiazzati con l’album precedente che li ritraeva in un quadretto psichedelico scanzonato, che pareva ambientato in un romanzo di Lewis Carroll, in questo nuovo lavoro, sebbene suddivise in due parti ben distinte, convivono la loro anima più visionaria e la loro più consueta vérve art-garage che ha sempre caratterizzato i vari progetti del leader John Dwyer fin dai suoi esordi con i Coachwhips. La prima sul lato A che inizia con Carrion Crawler, nostalgica malinconia sixties, martellante e stroboscopica la successiva Contraption Soul Desert, mentre Robber Barons è una ballad cadenzata affogata nel riverbero, lo strumentalone di Cherm Farmer che risulta un tanto goffo, quanto simpatico tentativo di space-rock a fare da preludio alla conclusiva Opposition. La seconda sul lato B, dove addirittura gli Oh Sees non sono troppo lontani dagli strascichi di certa no-wave newyorchese di fine ’70, non tanto nel minimalismo delle strutture quanto nell’approccio sonoro, aspro ruvido e dissonante. Lasciano da parte l’espansione della mente, e più dediti ad infierire sugli strumenti in maniera dinamica, sovente brutale, si accostano ad una propensione più sperimentale, per altri 5 brani che ancora una volta convincono e confermano pienamente la sfaccettata personalità di questa band. Sentire per credere: i quasi 7 minuti di The Dream con la chitarra di Dwyer, asciutta e sferragliante che riesce a dare il meglio di sé nel lungo break centrale degno delle cacofonie sincopate di Andy Gill (Gang of Four) e Arto Lindsay (DNA). Wrong Idea riesce invece a concentrare tutto in molto meno tempo: le bastano un unico ritmo, ripetuto e ossessivo e una progressione di accordi psicotica che si ferma solo per dare il cambio alla voce sulla stessa linea. Crack in your eye cantata a due voci con la tastierista Brigid Dawson, è uno dei pezzi più interessanti dell’album grazie alla sua costruzione armonica davvero imprevedibile. Frenetiche e allucinate Heavy Doctor e Crushed Grass completano questa serie di dieci perle che nell’ insieme riescono ad eguagliare l’altrettanto ottimo lavoro di quest’anno. Davvero insolito vedere tanta prolificità sinonimo di cotanta qualità, rimane solo da chiedersi come facciano. Visto come i due lati della medaglia, questo disco è eccellente nella prima parte, ma decolla decisamente nella seconda.
Ritornano a sei mesi di distanza da “Castlemania” con “Carrion Crawler/The dream”, doppio titolo per quello che inizialmente sarebbe dovuto uscire in due formati EP separati. Dopo averci piacevolmente spiazzati con l’album precedente che li ritraeva in un quadretto psichedelico scanzonato, che pareva ambientato in un romanzo di Lewis Carroll, in questo nuovo lavoro, sebbene suddivise in due parti ben distinte, convivono la loro anima più visionaria e la loro più consueta vérve art-garage che ha sempre caratterizzato i vari progetti del leader John Dwyer fin dai suoi esordi con i Coachwhips. La prima sul lato A che inizia con Carrion Crawler, nostalgica malinconia sixties, martellante e stroboscopica la successiva Contraption Soul Desert, mentre Robber Barons è una ballad cadenzata affogata nel riverbero, lo strumentalone di Cherm Farmer che risulta un tanto goffo, quanto simpatico tentativo di space-rock a fare da preludio alla conclusiva Opposition. La seconda sul lato B, dove addirittura gli Oh Sees non sono troppo lontani dagli strascichi di certa no-wave newyorchese di fine ’70, non tanto nel minimalismo delle strutture quanto nell’approccio sonoro, aspro ruvido e dissonante. Lasciano da parte l’espansione della mente, e più dediti ad infierire sugli strumenti in maniera dinamica, sovente brutale, si accostano ad una propensione più sperimentale, per altri 5 brani che ancora una volta convincono e confermano pienamente la sfaccettata personalità di questa band. Sentire per credere: i quasi 7 minuti di The Dream con la chitarra di Dwyer, asciutta e sferragliante che riesce a dare il meglio di sé nel lungo break centrale degno delle cacofonie sincopate di Andy Gill (Gang of Four) e Arto Lindsay (DNA). Wrong Idea riesce invece a concentrare tutto in molto meno tempo: le bastano un unico ritmo, ripetuto e ossessivo e una progressione di accordi psicotica che si ferma solo per dare il cambio alla voce sulla stessa linea. Crack in your eye cantata a due voci con la tastierista Brigid Dawson, è uno dei pezzi più interessanti dell’album grazie alla sua costruzione armonica davvero imprevedibile. Frenetiche e allucinate Heavy Doctor e Crushed Grass completano questa serie di dieci perle che nell’ insieme riescono ad eguagliare l’altrettanto ottimo lavoro di quest’anno. Davvero insolito vedere tanta prolificità sinonimo di cotanta qualità, rimane solo da chiedersi come facciano. Visto come i due lati della medaglia, questo disco è eccellente nella prima parte, ma decolla decisamente nella seconda.
Federico Porta
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