A volte ritornano. Quante volte abbiamo sentito queste parole, ma nel caso di Mark Fry appaiono quanto meno azzeccate oltre che confortanti. Alla stessa maniera della magica Vashti Bunyan che 35 anni dopo il suo unico album solista si era fatta risentire con lo splendido “Lookaftering” (2005) con una sorprendente soluzione
di continuità nel tempo, così il prode Mark si ripresentò dopo una vita al mondo musicale a seguire il suo sfolgorante esordio, il sublime “Dreaming with Alice” (1972), una delle vette più alte del cosiddetto acid-folk. La storia che sta dietro a quel disco è talmente particolare che è impossibile non spenderci due righe. Il giovane Fry, figlio di un pittore, viene mandato all'Accademia delle Belle Arti a Firenze dove oltre che dipingere si cimenta nelle sue composizioni per voci e chitarra; viene quindi introdotto e presentato da un amica di famiglia Laura Papi al produttore Vincenzo Micocci che stregato dal talento del ragazzo, appena 19enne, gli fa incidere otto canzoni, più altrettante deliziose e brevi intro alle songs stesse, per una sussidiaria della Rca, la It Dischi. Il risultato finale è “Dreaming with Alice”, venduto in sole 1000 copie esaurite nel tempo e poi come sempre accade finito nelle liste dei più desiderati dai collezionisti, basti pensare che adesso cambia di mano per 2000 sterline(!). Provvidenziale arrivò nel 2006 la ristampa in rigoroso vinile dell'attenta Sumbeam, con copertina cambiata, pure questa completamente ignorata dai più, del resto lo stesso Fry ha sempre dichiarato che per lui la musica rappresenta un hobby, essendo principalmente la pittura la sua ambizione personale. Nel 2008 poi, con un consistente numero di tracce custodite a lungo nel cassetto e spinto dal moderato interesse destato dalla ristampa di Alice, Mark si rifece vivo con “Shooting the Moon”, probabile omaggio ad un altro grandissimo deviante, Kevin Ayers, altro disco suggestivo nel quale dimostrava che la magia dell'esordio non era svanita. Adesso Mark ha deciso che altri 35 anni di attesa diventavano impossibili e quindi ha pensato bene di tirar fuori dal suo magico cilindro questo splendido terzo album, dimostrando a tutti i novelli Drake, Harper e Martyn che la classe non è acqua e che il vecchio folksinger colpisce ancora. In questo nuovo album Mark si fa accompagnare dai misteriosi A.Lords, sorta di backing band formata da Michael Tanner e Nicholas Palmer, ma cambiato l'ordine dei fattori il prodotto non cambia, la magia e la purezza della sua musica non ha perso un grammo del suo fascino. Apertura deliziosa di voce e piano con la title track, quasi un introduzione al disco vero e proprio che si compone di altre otto piccole gemme, nel caso di Mark oserei dire altre otto pennellate d'artista, incantevoli bozzetti autunnali molto ben rappresentati dalla copertina a tinte pastello. Malinconiche slow ballads con scarni e tenui arrangiamenti d'altri tempi, sull'etichetta potrebbe esserci scritto 1970 e nessuno avrebbe da eccepire niente. I toni non vengono mai alzati nel corso dell'album: suggestive We all fall down, Taking Wing ed i quasi nove minuti di All day long, profumata di rugiada e di fresche brezze mattutine. Una nota speciale lo merita il bellissimo artwork del cd, e non potrebbe essere diversamente vista la provenienza artistica del nostro, il packaging però non è opera di Mark bensì del geniale italiano Iker Spozio, già noto per simili collaborazioni. Il revival e l'esplosione del folk acido e deviante dell'ultimo decennio ha fatto sì che qualsiasi cosa esca di questo particolare genere viene spesso catalogata come the next big thing, noi invece non ringrazieremo mai abbastanza la Second Language per avere dato un altra opportunità ad un personaggio come Fry che a suo tempo non seppe ritagliarsi lo spazio che meritava: hats off to Mark, per uno dei dischi più seducenti di questo 2011.
Ricardo Martillos
MARK FRY AT SECOND LANGUAGE
3 commenti:
wow!!!
Bravo compañero Martillos!
non avevo la minima idea non solo che fosse uscito questo disco ma che giá nel 2008 venne fuori 'Shooting the Moon'.
Io comprai una ristampa se non erro dell'italiana Akarma, anni 90, dove si imitava la copertina di 'Barabajagal' di Donovan...comunque sia, graficamente trovo che fecero un'ottimo lavoro.
ASPETTIAMO TUTTI IL TUO RITORNO SU DISTORSIONI ALDoooooo !!!!!!
wally boffoli
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