La In The Red records non è mai stata un’etichetta che ha privilegiato, nella sua storia, un approccio “filologico” al garage rock. Basta sfogliare il suo catalogo per rendersi conto di come la linea editoriale della label californiana abbia puntato tutto su una (re) visione contemporanea e, molto spesso, sperimentale del garage rock (e non solo): dai Black Lips ai Lambs, passando per i Pussy Galore, i Volt
, Demolition Doll Rods e Dirtbombs le bands targate In the red hanno sempre puntato verso la rielaborazione di un genere molto spesso (e molto spesso a ragione) fossilizzato nella ripetizione di moduli musicali ben riconoscibili e fissi. Così facendo l’etichetta è riuscita a creare un sound ben riconoscibile, un vero e proprio marchio di fabbrica portato avanti da bands accomunate da uno stesso approccio al genere, in cui il garage rock sconfina molto spesso nel lo-fi più malato, flirta con l’elettronica e con il noise, sfornando, nella maggior parte dei casi, prodotti di “avant-garage” estremamente interessanti. Al lungo elenco di bands In the red si aggiungono ora i Cormans, quartetto californiano votato al surf strumentale rivisitato in chiave, si potrebbe dire, postmoderna (se è ancora lecito utilizzare questo abusatissimo termine), autoironica, citazionista e politicamente scorretta. "Halloween Record w/ sound effects" è un disco in cui i cardini del genere che fu dei Ventures vengono destrutturati con sapienza, e il risultato è a tratti sorprendente. La ricetta dei Cormans è presto detta: prendete Davie Allan & The Arrows, i Ventures, gli Shadows e frullate tutto con i Mummies e il lo-fi punk, una buona dose di campionamenti ed effetti sonori tratti da film horror e sci-fi (i sound effects promessi dal titolo del disco), i film di Roger Corman (ça va sans dire…), l’estetica biker un po’ cafona presa dagli exploitation movies di serie Z, mixate tutto con una buona dose di ironia e di attitudine “weird” (la mise con cui la band si presenta è inequivocabile) e otterrete il suono e l’immagine della band. La struttura dei pezzi è ridotta ai minimi termini: tutto ruota intorno ad une serie di riff stilizzati e minimali, la bassa fedeltà la fa da padrona per tutta la durata del disco, i riverberi sono alti come non mai, e contribuiscono a creare un effetto psichedelico e vagamente straniante che accompagna gli stridori cavernosi delle chitarre e i campionamenti che si intrecciano alla martellante e destrutturata esecuzione degli stereotipi della chitarra surf. Volutamente sghembi e sfilacciati, a tratti esplicitamente dissonanti (vedi Werevolves in heels: una specie di “Thurston Moore meets Davie Allan”) i Cormans offrono una rivisitazione del surf rock divertente e leggibile a più livelli, che in un certo senso fa da contraltare alla “glaciale” (ma forse altrettanto “weird”) idea del surf messa in pratica dai russi Messer Chups. Il tutto forse sa un po’ troppo di giochino intellettuale, ma l’elevata dose di (auto)ironia ed un innegabile talento per la dissacrazione riesce ad evitare che il disco risulti freddo, e fa dei Cormans una delle band migliori del garage “rivisitato” di marca In the red.
Luca Verrelli
In The Red Records/Thee Cormans
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