Più che una storia è una odissea il lungo cammino di questo splendido collettivo del Mali, Africa Occidentale, iniziato nel lontano 1979 in un campo profughi della Libia con Ibrahim Ag Alhabib, che a soli 4 anni aveva visto l'esecuzione del padre, un ribelle tuareg, durante una rivolta nel 1963. Da bambino era rimasto colpito da un western nel quale un cowboy suonava una chitarra e così si
era ingegnato a costruirne una sua, con un barattolo di latta, un bastone e
un freno di bicicletta, ingegnoso no? Vive inizialmente esiliato in Libia ed Algeria ma questo non gli impedisce di approfondire le sue conoscenze musicali, da quella radicale chaabi dei gruppi marocchini ad i più noti artisti occidentali Led Zeppelin, Santana, Hendrix e Bob Marley fra gli altri. A 20 anni riesce finalmente a procurarsi la sua prima vera chitarra acustica, mentre allo stesso tempo si esibisce con un band estemporanea, senza nome ufficiale, che il suo scarso ma fedele pubblico inizia però a chiamare Kel Tinariwen, ovvero la Gente del Deserto o i Ragazzi del Deserto. Nel 1985 i leaders del movimento tuareg in Libia chiamano a raccolta i migliori esponenti musicali della regione, e così Ibrahim incontra i futuri membri della sua band, chiamiamola così, Mohammed Ag Itlale, Keddoi Ag Ossade ed Abdallah Ag Alhousseyni, tutti insieme per proporre una musica che parli dei problemi del popolo tuareg, allo scopo di farla conoscere al maggior pubblico possibile, con demo cassette autoprodotte e distribuite gratis alla gente del Sahara. Quattro anni dopo Ibrahim ed il suo seguito ritornano nuovamente nella terra di origine, il Mali, dopo 26 anni, giusto in tempo per partecipare alla rivolta popolare contro il governo reazionario del paese: per due anni i componenti del collettivo imbracciano i fucili al posto delle chitarre combattendo fianco a fianco dei guerriglieri locali fino ad un accordo di pace nel 1991 dopo il quale possono dedicarsi alla musica a pieno regime. Nel 1998 l'ensemble di world music francese Lo'Jo incontra due membri dei Tinariwen ed insieme si esibiscono in Francia col nome di Azawad mentre l'anno dopo organizzano un Festival del Deserto che porta all'attenzione internazionale i nostri, chiamati poi anche a Roskilde ed a Londra. Nel 2001 incidono finalmente il primo disco "The Radio Tisdas Sessions", splendido debutto, il primo lp pare ad essere registrato con energia solare, seguito poi da altri 3 validissimi albums, "Amassakoul" (2004), "Aman Iman" (2007), "Imidawan" (2009)nei quali il loro magico Desert Blues appena velato di psichedelia viene esplicato a meraviglia fino all'ultimo "Tassili", che forse darà al collettivo la giusta e definitiva notorietà. Il disco è stato registrato in una tenda nel deserto algerino perché come spiega lo stesso Ag Alhabib "gli studi di registrazione sono sempre stati come delle carceri per noi (!), quindi suonare nelle nostre terre è stata una liberazione".
I dischi precedenti, spiega il leader, "mostravano il sound che eseguiamo di fronte al nostro pubblico, adesso quest'ultimo mostra quello che proponiamo ad i nostri amici". Per questa loro ultima fatica si sono scomodati pure vari componenti della scena alternative usa provenienti da Tv on the Radio, dalla Dirty Dozen Brass Band e pure il chitarrista dei grandi Wilco con la speranza come detto prima che vengono spalancate ai Tinariwen le porte della ribalta internazionale, pur rimanendo il loro suono non certo di facile ascolto ed alla portata di tutti, non fosse altro per le liriche in lingua tamasheq incomprensibili ai più. Come avviene tristemente da qualche anno a questa parte anche questo album ha visto una prima edizione standard con 12 brani, seguita da una seconda a breve distanza con i soliti quattro pezzi in più che stavano comodamente nel disco originale, misteri e vergogne dell'industria musicale, senza ritegno e rispetto per i pochi acquirenti dei cd originali. "Tassili" conferma la genialità del progetto Tinariwen, non possiamo certo dire che si tratta di maturità o di evoluzione clamorosa nelle loro proposte che dall'esordio di dieci anni orsono ad ora non sono mutate granché, questo va sottolineato, diciamo che il gruppo ha uno stile predefinito, originale in tutto e per tutto e non cambia di una virgola il suono per venire incontro ad un pubblico più vasto. Anche i tre pezzi con gli ospiti illustri, Imidiwan MaTenam con la chitarra di Nels Cline dei Wilco, Asuf d Alwa con la bella voce del lead singer dei TOTR Tunde Adebimpe ed il quarto Ya Messinagh non spostano di un millimetro le coordinate sonore dei nostri pur evidenziando un leggero accostamento a vibrazioni più moderne, oltre ad un sound più rilassato che nelle opere precedenti. Tutto l'album scivola via magicamente tra profumi orientali e litanie filo-psichedeliche forse meno accentuate che in passato ma con la sensazione di trovarsi in pieno deserto, magari volando con la fantasia su un tappeto magico. Mi vengono in mente le storiche "Desert Sessions" ideate da quel geniaccio di Josh Homme, leader di Kyuss e Queens of the Stone Age, nelle quali un analogo collettivo di artisti usa nello scenario unico del Rancho de Luna a Joshua Tree, California, proponeva alla fine degli anni 90' un sound che era un vero e proprio omaggio al suono del deserto; lo stesso con sonorità molto differenti lo propongono questi rivoluzionari, in tutti i sensi, del Mali. Il solo fatto di aver suonato qualcosa come 800 show in 10 anni di attività oltre al particolare timbro delle chitarre basterebbe a definirli, forse esagerando, i Grateful Dead africani, magari non in senso stretto, anche se rispetto al gruppo del compianto Jerry Garcia i nostri danno maggiore importanza ai testi, molto impegnati si narra, e musicalmente sono lontani anni luce dalle lunghe divagazioni strumentali dei californiani. La relativa celebrità che il web ha regalato a questo gruppo ha fatto proliferare la scena dei gruppi del continente nero, regalandoci splendide realtà quali i Terakaft, pure loro del Mali con tre dischi molto interessanti all'attivo, gli Etran Finatawa, nigeriani d'assalto anche loro con tre incisioni e gli splendidi Tamikrest, due albums in bacheca, dell'ultimo splendido "Toumastin" ci ha parlato ampiamente il bravo Michele Passavanti ed è forse strumentalmente il gioiello più prezioso uscito dallo scrigno del piccolo Mali, la Seattle africana. I Tinariwen come detto sono attivissimi nelle tournée all over the world, anche quest'anno hanno un fitto calendario, con diverse date in Europa, peccato che si sono scordati la nostra penisola, probabilmente perché viste le loro origini e la loro storia recente sono contrari ed infastiditi dal peregrinare in stati a regime fortemente reazionario.
Ricardo Martillos
TINARIWEN OFFICIAL SITE
ANTI LABEL
Tracklist
CD 1
1. Imidiwan MaTenam (What Have You Got To Say My Friends)
2. Assuf D Alwa (Longing And Loneliness)
3. Tenere Taqhim Tossam (JealousDesert)
4. Ya Messinagh (Oh, Lord)
5. Walla Illa
6. Tameyawt
7. Imidiwan Win Sahara (My Friends From The Sahara)
8. Tamiditin Tan Ufrawan (My Secretive Girl Friend)
9. Tiliaden Osamnat (The Girls Are Jealous)
10. Djeredjere (At Rock Bottom)
11. Iswegh Attay (I Drank Some Tea)
12. Takest Tamidaret (Searching Afternoon)
CD 2
1. Djegh Ishilan
2. El Huria Telitwar
3. Kud Edazamin
4. Nak Ezzaragh Tinariwen
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