Dan Melchior è un menestrello pervaso di magia, uno di quelli che canta la vita senza gloria, scrutando la società dal fondo della via. Ne percepisce le psicosi e le trasforma in suoni distorti e ipnotici, in un cantato quasi incomprensibile al limite di un rito voodoo. Dan Melchior è anche un pittore, le sue tele sono un inquietante intreccio di scie colorate che danno vita a volti umani dilatati.
Il blues che lo accompagna, nel senso più mesto del termine, diventa una nevrosi e lo porta ad incidere dischi a ritmo incessante. Archiviata l'esperienza con la Dan Melchior's Broke Revue e le collaborazioni con Billy Childish e Holly Golightly, consegna anno dopo anno nuovi album di cui “Assemblage Blues”, l'ultimo in ordine temporale, rappresenta una delle vette più alte . Il garage rock lascia spazio a sonorità lo-fi in high pitch ed excursus di registrazioni radiofoniche ed ambientali. Un assemblaggio portato all'estremo nei suoi reading decantati su un tappeto di suoni presi in prestito da videogiochi (January '96), nel susseguirsi di laceranti chitarre e riverberi (90s Man Part 2) e nei brani in cui non disdegna un approccio più pop (Darling, Stairway To Croydon). “Assemblage Blues" è un disco che lascia interdetti, prede di un sortilegio a cui si rimane incatenati, almeno fino alla prossima profezia che Dan lancerà su di noi.
Crizia Giansalvo
Nessun commento:
Posta un commento