lunedì 2 gennaio 2012

Ben Frost & Daniel Bjarnason: “Sòlaris” (Uscita: 7 novembre 2011, Bedroom Community)

# Consigliato da DISTORSIONI

Posto di fronte alla domanda su quale fosse stato il motivo per il quale avesse ritenuto necessario ripensare la scrittura della colonna sonora di “Sòlaris” di Andrej Tarkovskij (1972), Ben Frost rispose che il motivo principale era stata la delusione di fronte alla colonna sonora originale di Eduard Artemyev, troppo legata al carattere fantascientifico del film e troppo poco a quello psicologico. In effetti l
o stesso Tarkovskij più di una volta dichiarò di essersi pentito di non esser riuscito a naturalizzare il carattere fantascientifico dal film, cosa che invece fece compiutamente nel suo più imponente “Stalker” (1978). Il film di Tarkovskij del 1972, basato sull’omonimo romanzo di Stanislav Lem, descrive le vicende di un equipaggio di una base spaziale che ruota attorno al pianeta Sòlaris, corpo celeste costituito da un immenso oceano senziente, capace con il suo campo gravitazionale e magnetico di materializzare in simulacri i ricordi degli astronauti, mettendo allo stesso tempo a nudo il loro inconscio e le verità più profonde. Per scrivere la colonna sonora di “Sòlaris”, Ben Frost, compositore australiano di musica elettronica residente da tempo in Islanda, ha chiesto la collaborazione di Daniel Bjarnason, compositore islandese di musica classica contemporanea, noto per i buoni riscontri ottenuti con il suo ultimo “Processions” (2010). Questo “Sòlaris” è un lavoro che si discosta decisamente dalle angosciose ricerche sulle macchine che Ben Frost ha sviluppato nei suoi due precedenti notevoli album “Theory Of Machines” (2006) e “By the Throat” (2009). Tuttavia le macchine non sono assenti del tutto in questo “Sòlaris”, basta ascoltare Simulacra I e Saccades per ritrovare quell’insistente e intermittente rumore di fondo, generato dai motori che mantengono in vita l’equipaggio intorno dell’orbita del pianeta.

La persistenza di questo ronzio pulsante si fonde con la pervasività glaciale del rumore cosmico. Scava nell’animo e trascina lungo i sentieri oscuri della follia (si pensi solamente al brano Unbreakable Silence). A differenza di quanto fece Stanislav Lem che costruì il suo romanzo intorno alla distanza abissale che separa la mente umana dalle cose umanamente inconoscibili (sia esso il pianeta Sòlaris, l’altro o dio), Tarkovskij utilizzò il film per descrivere l’uomo di fronte alle forze immense che lo sovrastano. Sòlaris è il luogo della singolarità fisica, il luogo dell’incontro dell’uomo con l’infinitamente grande. Come può un uomo entrare in comunione con un qualcosa di oscuro ed impenetrabile, capace per quella sua spropositata potenza di disumanizzarlo? E’ questa la domanda. D’altro canto, proprio per effetto di questa violenza, Sòlaris diviene il luogo in cui l’uomo è costretto ad indirizzare lo sguardo verso il proprio inconscio (We Don't Need Other Worlds, We Need Mirrors).
I simulacra sono le immagini della memoria che ci sforziamo di non perdere, che desideriamo durino in eterno. E sono questi i fantasmi che Ben Frost & Daniel Bjarnason hanno cercato di afferrare, costruendo veri e propri simulacra sonori, improvvisando i brani con il piano e la chitarra durante le proiezioni del film ed inserendo questo materiale in un programma software di trascrizione, in cui sono state volutamente accentuate le interferenze e gli errori, come se questi costituissero le naturali distorsioni e le errate interpretazioni della mente e della memoria. La trascrizione digitale è stata poi successivamente ritrascritta in una partitura per strumenti d’orchestra tradizionali ed eseguita dalla Cracovia Sinfonietta. Questo processo di dissolvimento e successiva materializzazione dell’immagine/suono ha prodotto un lavoro glaciale, indecifrabile ed affascinante, che accentua il carattere disumano della rappresentazione del rapporto dell’uomo con il sacro (Cruel Miracles). In questo processo di annichilimento, l’uomo si rifugia nella propria memoria e nel proprio inconscio, unico vero mondo trascendente in cui è possibile ridare vita e rendere corporee le immagini oramai debolissime di quelle persone che nel passato si è fortemente amato. Un album davvero notevolissimo.
Felice Marotta

Bedroom Community

Saccades

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