
innamoramento ‘perso’ per quel suono detroitiano privo di compromessi, attraverso cinque brani che candidamente lo adattano alle recenti ‘nevrosi’ urbane milanesi, da perfetti incontaminati proseliti: forse a scapito - qualcuno potrà eccepire - della ricerca di uno stile più personale?
Ebbene i nostri tre ragazzi non sembrano assolutamente porsi questo problema, sono onesti: ho sempre pensato – forse a molti sembrerà un pensiero contorto e molto discutibile - che sia più apprezzabile per dei rockers non nascondersi dietro un dito, ammettendo senza veli anche influenze ‘pesanti’, che non perdersi nella ricerca di fantomatici nuovi suoni o stili ‘forzatamente’ autoctoni. Rispetto all’ep di esordio un pò dispersivo 'sonicamente' The Doggs distillano in "Black Love" i raptus stoogesiani comprimendoli in location claustrofobiche,

“WE DON’T PLAY FOR FUN. WE DON’T PLAY FOR PLEASURE. WE PLAY TO SURVIVE”.
L’acme dell’amatissimo nichilismo Iggy-ano lo raggiungono in Dead City Bleeds, dove riappare un efficace sax (è sempre Piergiorgio Elia?) non contemplato nelle liner notes del cd, e Life Kills: due sole fottute parole, ripetute con fottuto disperato minimalismo per

Una sola domanda: prima quattro, ora cinque brani con la stessa parsimonia, la prossima volta dobbiamo aspettarci sei brani o qualcosa in più?
Wally Boffoli
Dead City Bleeds
Black Love
Black Love
The Doggs
My Space
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