A distanza di quattro anni dalla sua ultima fatica solista ed a ridosso dell'uscita del disco degli Suede di cui fa parte, torna Brett Anderson con “Black Rainbows”, un disco composto da dieci tracce di pop melodico, languido e vagamente melanconico, nobilitato dalle sue distintive doti vocali. Chi scrive ha sempre apprezzato gli Suede per le doti strumentali e compositive del transfuga Bernard Butler,
sicuramente una spanna sopra i suoi colleghi, ma che comunque non farà parte della band. E qui verte il problema: Anderson ha sempre propeso per una deriva molto pop, diventata forte anche nei dischi degli Suede post-Butler, e nei suoi dischi solisti ha premuto l'acceleratore in questo senso, producendo musica innocua se non addirittura fastidiosa. Fortunatamente in questo disco le melodie sono piacevoli e si lasciano ascoltare, soprattutto nella prima canzone Unsung, nella piacevolmente rockeggiante The Exiles ed in Crash about to happen. Detto ciò, non si può parlare di disco brutto ma neanche di un capolavoro: è una fatica musicale dignitosa e sicuramente superiore ai dischi solistici precedenti, che si può ascoltare con soddisfazione. Aspettiamo sicuramente con più interesse il nuovo lavoro degli Suede. Cautamente consigliato
Vincenzo Erriquenz
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