Hank Williams, riconosciuto unanimemente il padre della country music contemporanea, ebbe una vita burrascosa, segnata da eccessi di alcool e droghe: la morfina iniziò ad assumerla per combattere il suo mal di schiena, e ne rimase assuefatto. Un artista ‘maledetto’ ante-litteram: morì a soli trent’anni, lasciando un’eredità di classici country senza tempo come Honky Tonkin, Move it on over,
Never Again, I’m a long gone daddy, Lovesick Blues, I saw the light; inevitabile il fascino perverso che ha esercitato ed esercita sulle generazioni che si sono succedute dopo di lui, anche nel rock: il corrispettivo bianco delle torbide vicende terrene di Robert Johnson, il bluesman di colore maledetto per eccellenza d’inizio ventesimo secolo. Anche il britannico Matt Jonhson The The omaggiò Williams in modo molto personale nel 1995 con “Hanky Panky”. Ma Hank Williams lasciò ai posteri , dopo una morte assurda e solitaria in una cadillac, anche dei notebooks con annotati testi e versi che dovevano diventare canzoni: la sorte ha voluto che dopo tantissimo tempo, questi taccuini preziosi passati di mano in mano, approdassero in quelle caritatevoli di Mr. Bob Dylan, suo grande fan da sempre. Dylan decide di dare un vestito sonoro ai testi orfani di Hank Williams, ma quasi subito si rende conto di non poter affrontare il progetto da solo; con un gesto di grande disponibilità artistica li affida (tenendo solo uno per sé) ad 11 musicisti di sicura affinità emotiva con il mitico songwriter americano, che in qualche maniera gli devono qualcosa, ben assortiti tra vecchie pellaccie del country e nuovi paladini custodi dell’ inesauribile ’americana’: Lucinda Williams, Jack White, Norah Jones, Levon Helm, Patty Loveless, Vince Gill e Rodney Crowell, Merle Haggard, Jacob Dylan, Sheril Crow, Holly Williams (la nipote di Hank, figlia di Hank Williams Jr.), Alan Jackson; ognuno ha musicato amorevolmente la H.W. song ricevuta da un Dylan trepidante: risultato, un caldo e vibrante caleidoscopio country che sa conquistare l’anima senza forzature, dodici diverse sensibilità artistiche unite dal nobile ed unico scopo di far rivivere quella tormentata dell’icona country per eccellenza. Esprimere preferenze è arduo, tanto il clima del disco è unitario ed avvolgente nella sua tristezza crepuscolare: volendomi sbilanciare direi l’arzillo (come sempre) Levon Helm di You’ll never again be mine, Dylan padre e figlio (The love that faded, e Oh, mama, come home), il Jack White versatilmente country di You know that i know, il vecchio Merle Haggard di The Sermon on the mount, Blue is my heart di Holly Williams, ma mentre scrivo provo già rimorso verso l’altra metà del disco. Se la fascinazione senza tempo del country fa parte del vostro ‘sentire’ musicale a secondo ascolto rimarrete letteralmente stregati da “THE LOST NOTEBOOKS OF HANK WILLIAMS”.
Wally Boffoli
Tracklist:
* Alan Jackson – You've Been Lonesome, Too
* Bob Dylan – The Love That Faded
* Norah Jones – How Many Times Have You Broken My Heart?
* Jack White – You Know That I Know
* Lucinda Williams – I'm So Happy I Found You
* Vince Gill and Rodney Crowell – I Hope You Shed a Million Tears
* Patty Loveless – You're Through Fooling Me
* Levon Helm – You'll Never Again Be Mine
* Holly Williams – Blue Is My Heart
* Jakob Dylan – Oh, Mama, Come Home
* Sheryl Crow – Angel Mine
* Merle Haggard – The Sermon on the Mount
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