Tredicesimo album per il songwriter Ryan Adams, di Jacksonville, Florida, divenuto alla fine del primo decennio 2000 una piccola leggenda nel panorama folk-rock americano, grazie ad una dozzina di ottimi album: in “Ashes & Fire” non compaiono The Cardinals, la band che Adams sciolse nel 2009, ma che lo ha affiancato nel precedente doppio album del 2010 III/IV , molto virato sul rock. Nelle 11 ‘caramelle’ folk-rock di “Ashes & Fire”
Adams mette a fuoco una vena di songwriter intimista e malinconico che colpisce dritto al cuore per intensità e personalità. Prodotto dal seminale Glyn Johns, “Ashes & Fire” può contare anche sul qualificatissimo apporto ai keyboards di Benmont Tench (Tom Petty’s Heartbreakers) che colora i brani con la sapienza infinita che gli conosciamo da sempre, su una sezione di violini discreta che compie piccoli miracoli in più di un episodio, e sullo sporadico apporto di Norah Jones.
“Ashes & Fire” è destinato a diventare un classico, lo si percepisce già a secondo ascolto, e chi ha molte (se non moltissime) primavere sul groppone non esita ad individuare un consistente fil rouge che collega la dolcezza controllata, la compostezza, l’amore per la melodia di Adams all’espressività di giganti del songwriting americano, Jackson Browne in prima istanza, Elliott Murphy, Neil Young. Se avete amato in passato album come ”Harvest”, “Blue River”, “Late for the sky” sarete sedotti da “Ashes and Fire”. Per quanto mi riguarda, entra con la bellezza quieta e prorompente di perle come Dirty Rain, Come Home, Chains of love, Ashes and fire, Invisible riverside direttamente nella mia Top Ten 2011.
Wally Boffoli
Ryan Adams-Ashes & Fire/ NPR Music
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