di Luciano D’Arienzo (chitarre e basso), Michele Stama (basso), Maurizio Indolfi (batteria, percussioni, cori) si è giunti finalmente al primo cd in lingua italiana, preceduto solo pochi mesi fa da un e.p. digitale, vera prova generale in vista del grande salto. In questi dieci anni la band barese ha raccolto molti consensi e ha acquisito esperienze di livello notevole in ambiti multimediali, dalle pure produzioni sonore ai tour e alle collaborazioni video/cinematografiche, raggiungendo punti di assoluto valore con un album come “Genealogy”. “Calvino” lasciava presupporre o se non altro sperare in un'evoluzione sia letteraria sia musicale e “La filastrocca dei nove pianeti” (l’e.p. di cui sopra) ci rassicurava non poco. Ma ecco “L’almanacco terrestre”.
Echi dei primi Bluvertigo e di un Battiato dell’età di mezzo velano sia la sperimentazione degli esordi sia le amabili striature psichedeliche del pop-rock di “Genealogy”. Ricordi dei Baustelle si perdono in giochi di “ORME” lontane (L’uomo di pietra, Il giardino delle sfere), rendendo proprio la già sentita e amata La filastrocca dei nove pianeti la migliore delle dieci tracce che compongono, questo sì, un album di buone canzoni italiane purtroppo prive di quel retrogusto di originalità, intesa giammai come un arcano Golem da temere e a cui inchinarsi, ma come semplice fonte cui dissetarsi nell’arsura disperata e desolante di certi aridi panorami sonori. Dispiace dirlo, ma siamo di fronte a un’occasione mancata. Ripartire dai coinvolgenti affreschi de “La filastrocca dei nove pianeti”. Rielaborare le buone idee che pure son presenti ne “L’almanacco terrestre”. Confidiamo tutti in un nuovo, lussureggiante inizio.
Maurizio Galasso
AlaBianca Group
American Lessons
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