Chi ha parlato degli Other Lives poco prima di me, per la prima volta su Distorsioni, Myriam Bardino, l'ha fatto in occasione di un loro grande live londinese di fine agosto 2011: ha sottolineato bene l’estrema ricchezza cromatica ed armonica dei brani e della loro concezione musicale; viatico squisito, la moltitudine di strumenti impiegati e la versatilità dei singoli membri della band, capitanata dal cantante principale/chitarrista/autore Jesse Tabish.
Ma ha anche lamentato una perfezione dei dettagli eccessiva, una mancanza di mordente e di sorprese che fa supporre un sound studiato a tavolino: ascoltare “Tamer Animals”, il secondo album degli Other Lives uscito in Inghilterra ed Europa il 29 Agosto (in America invece 11 Maggio), dà l’esatta dimensione, per la proprietà transitiva, della loro resa sui palchi. Gli undici brani di “Tamer Animals” dispiegano effettivamente una meravigliosa e seducente dimensione melodica ‘orizzontale’ che non decolla mai; si stratifica a tratti grazie ad onirici inserti di legni e fiati, per poi diradarsi nuovamente, continuando a trarre linfa vitale da ondeggianti e lontani ritmi di danza da nativi americani, dagli innamoramenti ‘solitari’ ed incantati della voce di Jesse Tabish, da radi echi chitarristici morriconiani.
Accettare e far proprie questa orizzontalità estatica, la purezza espressiva ed estetica che trasuda da tutti gli undici brani - nessuno escluso - pare però indispensabile affinché lo spirito benefici ed esulti sino in fondo della proposta degli Other Lives, pena il possibile non sapere-potere andare oltre il quarto o quinto brano. ‘Indie folk’, l’etichetta più inflazionata a proposito della band, risulta davvero limitativa per chi ama in musica la dolcezza ineffabile, il sublime delle atmosfere e dei cori che gli Other Lives come i Fleet Foxes (i primi cui viene spontaneo affiancarli), i Midlake ed altre bands dei nostri giorni esprimono, una costante affascinante di un cotè particolare dell’attuale panorama internazionale, americano in particolare. Sarebbe forse più opportuno parlare di ‘landscapes’ vocal-strumentali sconfinanti in squisite pennellate ‘ambient’ (Heading East).
Other Lives, originari di Stillwater, Oklahoma, nascono come Kunek nel 2004, autori di un album “Flight of the Flynns” (2006, Play Tyme Records). Dopo aver cambiato il loro moniker incidono nel 2009 l’omonimo album di debutto, prodotto da Joey Waronker, batterista-engineer (REM, Beck e Walt Mink), ma l’impressione è che proprio con “Tamer animals” gli Other Lives spiccheranno il volo, grazie alla sua notevole perfezione ed eleganza formale, ma anche alla grande fruibilità di episodi come Old Statues – chi non ne uscirà vinto per troppa bellezza ha un sasso al posto dell’anima – Dark Horse, As I Lay My Head Down. Che la band di Stillwater, nei prossimi mesi o anni, riesca a strappare o no ai Fleet Foxes lo scettro di miglior combo indie-folk del pianeta non pare così importante: quanto il positivo proselitismo artistico che potranno avere presso le giovani leve bands come queste, che stanno avendo il coraggio da qualche anno di riproporre l'intramontabile fascino di armonie e melodie, corretto da una sobrietà imposta dai tempi aridi che viviamo.
Wally Boffoli
Other Lives
Old Statues
Tamer Animals
2 commenti:
non l'ho scritto cosi bene, ma il concetto era quello :)
In che senso Myriam ?
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