All’indomani dello scioglimento degli Oblivians ben più di un cuore era stato spezzato, ma coloro che gli sono rimasti affezionati hanno potuto continuare ad apprezzare i tre di Memphis nelle loro individuali svolte musicali. Greg Cartwright, che ha partecipato come guest a vari progetti tra cui Detroit Cobras oltre che con i suoi Tip Tops, ma soprattutto con gli eccellenti Reigning Sound. Eric Friedl concentratosi sulla sua etichetta, ha fatto della Goner quella in grado più di chiunque altra di ereditare e testimoniare lo spirito punk più tradizionale. Poi Jack Yarber, che nonostante la separazione ha preferito mantenere il suo cognome d’arte e dopo aver giocato con i Compulsive Gamblers (side-project di lui e Greg), ed essersi
fatto accompagnare da Tennessee Tearjerkers e Cigarillos, si ripresenta questa volta a ragion propria con "Rat City". A dodici anni dal suo esordio solista che fu "American Slang", un disco autentico intriso di schiettezza e volgarità, il temperamento di Jack si è sicuramente pacato. E se nel frattempo ha dismesso i panni del teppistello a favore di una mise più signorile, altrettanto non si può dire per la sua dieta: taco stand e birra economica in confezione six-pack, il tempo di rollare e fumarsi una sigaretta e si riparte come ai vecchi tempi. L’iniziale Rat City suona grassa e lercia come il pavimento di un’autorimessa, odora di ottano e pneumatici logori. Ed è da quell’autofficina in quei di Memphis che il nostro carica su un vecchio rottame furgonato il suo bagaglio di soul, rock’n’roll, blues, punk, e chitarre da trenta dollari, per offrirci un passaggio in giro per quell’America torbida e depravata che difficilmente vedrete in TV. Salite tranquilli e non abbiate paura, Jack non è amante della folle velocità, semmai l’unico rischio è quello di rimanere a piedi.
Questo “road-album” è un ennesima rivisitazione roots in chiave lo-fi, questa volta resa interessante dal punto di vista di colui che nella sua carriera ha rivestito principalmente il ruolo di batterista. In questo lavoro ha suonato varie parti in fase di registrazione, e certamente all’ascolto emerge una certa attenzione all’aspetto ritmico, che conferisce ai brani un groove inconfondibile. Alla title track fa eco una Mass Confusion sostenuta da chitarre funkeggianti, tanto semplice e essenziale quanto irresistibile. Old Folks Boogie, con il suo ritmo singhiozzante e la voce che sembra provenire da un’interurbana disturbata, riaccende i vecchi ardori dei tempi di "Popular Favorites" con gli Oblivians. E se fin qui tutto procede in maniera abbastanza convenzionale, è l’ispirazione del gentil sesso a far propendere il nostro verso una versione piu insolita di se stesso, come nel caso di Girl on the beach e Girl with the bruises, due ballads ruvide ma dal sapore caraibico. Mentre con Love Please sorprende decisamente, con un calypso in grado di rischiarare il cielo come un sole che sbuca improvviso dopo una giornata di pioggia. Jack procede il suo viaggio rivolto a sud, per bagnarsi nelle acque salmastre che da New Orleans sfociano nel golfo del Messico, e respirare il caldo e umido clima sub tropicale. Attitudine punk, tradizione e stile marciano di pari passo in questo "Rat City" che testimonia la maturità di un songwriting piuttosto personale, capace di coniugare poesia e sporcizia e che non rinnega le sue radici.
Federico Porta
Fat Possum/Jack Oblivian
Rat City
Crime of love
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