Il disco comprende quattro brani piuttosto lunghi. L'iniziale Kubrick in september si apre con chitarre e basso distortissimi per poi aprirsi in una linea piuttosto melodica, sostenuta da una batteria sincopata con una figura ritmica sulla falsariga di quelle di John Herndon (Tortoise) o Doug Sharin (June of '44). La parte centrale è più lirica e arpeggiata. Avrete quindi capito che siamo in quei territori che vengono abitualmente definiti post rock. Certamente questo genere musicale non ha la forza dirompente che aveva una dozzina di anni fa, tuttavia questi Jarman non si possono considerare un gruppo che si limita a fare il compitino. La stoffa c'è ed è di buona qualità. I brani seguenti, dai titoli kilometrici, The saint who taught mussels being wiser e Bioluminescence of the deep sea creatures seguono i classici stilemi del post rock: cambi di tempo, crescendo, alternanza di momenti più quieti con quelli in cui le chitarre si fanno più feroci, passaggi arpeggiati, stacchi geometrici delle sole chitarre senza effetti e senza sezione ritmica. Colpisce la pulizia del suono e la perizia tecnica dei quattro, che mostrano un ottimo affiatamento. Inoltre, sebbene la musica che propongono non sia sicuramente commerciale, appare un forte senso della melodia, questo tipicamente mediterraneo. L'ultimo brano The scene of exclusion & the obscene of inclusion, che parte con un ingannevole riff da tarantella, è quello più debitore della new wave, con un basso più trattato e in evidenza e batteria più scandita. L'assenza di parti cantate non si fa minimamente notare, data la buona vena compositiva del gruppo e e la bellezza degli intrecci delle chitarre. In copertina un ritratto eseguito da Luca Zarattini, chitarrista dei Modotti.
Alfredo Sgarlato
Jarman band
Dougthedog
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