Esperimento riuscito questo di Brian Eno che si adopera nel mettere dei sottofondi musicali a poesie del poeta scozzese Rick Holland creando suggestioni sonore che ricoprono uno spettro misto e variegato come un gelato multigusto. Scrivo queste note senza nulla sapere riguardo musicisti e accompagnatori non avendo note di copertina tra le mani ma solo il file nudo e crudo di questa nuova impresa dell’ex Roxy Music.Ovviamente non si tratta di canzoni, ma di frammenti sonori, per lo più brevissimi, sui quali voci recitanti interpretano i testi del già citato Holland.
Quindi, come in un appuntamento al buio dove si spera che il partner contattato sia all’altezza dei nostri desideri, mi appresto ad analizzare questa ultima opera di Eno dicendo subito che si tratta, ovviamente visto il contenuto poetico, di un album molto atmosferico. L’apertura è affidata a Bless this space, brano dove il nostro mago dell’elettronica si avventura in territori trip hop da fare invidia ai Massive Attack, anche grazie a una voce maschile recitante molto Trickyana, brano che però nel finale smentisce se stesso con una chitarra filtratissima (unica concessione, mi pare, a uno strumento che non sia tastiera elettronica) che barrisce come un’elefantessa in calore con sonorità da jazz rock che riconducono a fraseggi a là Holdsworth, al Gary Boyle più evoluto o a certe cose crimsoniane di Adrian Belew. Tutto l’album, che a un primo ascolto sembra ostico e univoco, si rivela invece composito e sfaccettato, dalla lunga composizione The Rial che nei suoi suggestivi sette minuti si muove in terreni già battuti dal Robert Fripp del periodo dei "Landscape", con voce femminile recitante che sembra la Bjork più intransigente, per arrivare, passando per le sonorità etniche e indianeggianti di Seedpods, quelle sonaglianti di Fierces Aisles of light, quelle di The Airman dove un minimale tappeto percussivo elettronico si apre nel finale a una pseudo orchestra dai sapori mediorientali, fino al brano finale, quella Breath of Crows che assomiglia pericolosamente alla The End dei Doors nella versione che Nico, accompagnata dal solo armonium, ci offre nell’album "June 1 1974", dove, guarda caso, anche Eno era uno dei protagonisti.
Ma se l’album finisce qui, in mezzo ci sono ancora pezzi di una collezione antica e curiosa, come As If Your Eyes Were The Party Closed, il titolo più lungo per il brano più corto e unico senza voci, dove in poco più di un minuto Eno ci affascina con piccoli tocchi di piano filtrato o come Dow, luogo incantato dove i Kraftwerk incontrano i Pink Floyd di "More" o ancora Dreambirds dove il prestigiatore Eno estrae candide e leggiadre colombe che s’involano nei cieli della musica per film o per aeroporti che bene abbiamo conosciuto. E se Clouds è il solo brano veramente “cantato” da una voce che riunisce in sé le quattro anime di Johnny Cash, Leonard Cohen, John Cale e Nick Cave, Sound Aliens stupisce tutti con un finale sinthetico che riproduce le sezioni fiati di sapore Motown mentre Silence è una bravata che non sarebbe neppure da commentare visto che il nostro, plagiando un John Cage d’annata e certamente più motivato, ci propone un minuto e mezzo di silenzio assoluto che lascia il tempo che trova in questo interessante album che cresce ascolto dopo ascolto e il cui limite per chi non conosce la lingua albionica sarà la comprensione dei testi di Rick Holland, parte integrante di un’opera che riesce a fondere musica e poesia nel migliore dei modi.
Maurizio Pupi Bracali
Pour it out
Warp Records
Brian Eno
Nessun commento:
Posta un commento