D’apertura Daughter, una dolce e timida ragazza londinese, con chitarra e voce cristallina che presenta brani che toccano le corde dei più sentimentali, nella sala si sentono qui e lì languidi sospiri.
Dopo la pausa bar, la sala si riempie sempre più. Stranamente stasera all’Hoxton Bar, nel quartiere una volta trendy di Londra e oramai preda delle popolari orde barbariche ormonali del week-end, predomina un pubblico che sembrerebbe abbastanza adulto ed elitario, quasi da addetti ai lavori. Gli Other Lives questa sera presentano il loro secondo lavoro “Tamer Animals”, uscito ieri, 29 agosto, in Inghilterra e in Europa su PIAS e con il quale si pensa conquisteranno il mercato europeo. Gli Other Lives sono uno di quei gruppi dal look vincente, quattro uomini dal capello folto e barba curata come dei sani e giovani pionieri del Far West, in compagnia di una dolce e bellissima ragazza di origine asiatica a violino, violoncello e xilophono. C’è una trepidante attesa in sala e il concerto inizia con la soave As I lay my head down; a seguire l’armoniosa Dark Horse e il concerto incalza poi con For 12 e Tamer Animals e altri brani scelti dall’omonimo disco. Gia’ dalle prime note ci accorgiamo che gli Other Lives non sono solo immagine. Dietro l’apparenza ci sono degli eccelsi polistrumentisti a 360˚. Il suono è perfetto.
Difficile seguire, per ogni pezzo, quanti strumenti vengono suonati in contemporanea. A un certo momento del concerto penso di averne contato ben nove di strumenti suonati, nonostante ci fossero cinque musicisti sul palco. Tromba suonata in contemporanea alla chitarra, l’armonica a bocca all’harmonium, lo xilophono al violino. E come cornice una batteria e percussioni che danno ai pezzi un ritmo molto simile a quelli di antiche danze sioux. Anche se avessi preso nota, sarebbe stato impossibile seguire dei cambiamenti così tempestivi. Il concerto prosegue con una densità musicale senza precedenti, una musica folk perfetta ma con poche sorprese, su una traiettoria ben calcolata e precisa, che sembra essere costruita a tavolino, e risulta alla fine poco emotiva e viscerale. Nulla toglie alla bravura del gruppo. Le canzoni sono efficaci e ben composte: evocano un’atmosfera melanconica e quasi autunnale che fa presa tra un pubblico sognante. Notiamo anche il batterista dei Bad Seeds e Grinderman, Jim Sclavunos, sembra anche lui rapito dalle loro dolci melodie.
45 minuti di concerto che termina con un bis, per il quale gli Other Lives scelgono The Partisan, che si pensa essere stata scritta da Leonard Cohen: in realtà e' stata da lui tradotta negli anni 60; la versione orginale e' di Ana Marly e Emmanuel d'Astier de la Vigerie, scritta nel 1943. Una cover impeccabile, molto bella, con la versione francese nella seconda parte, ma non sanguigna quanto quella dei Noir Desir e 16 Horsepower. Forse manca la grinta, un po’ di mordente a questo gruppo “troppo” perfetto. Lasciamo la sala, gli Other Lives al completo stanno già vendendo il loro merchandising dai disegni ameni a persone squisite. Benvenuti nel dolce e incantevole mondo degli Other Lives
Myriam Bardino
Foto e video di Myriam Bardino
The Partisan
For 12
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