per la voglia di ammirare il proprio beniamino, ma anche (e forse soprattutto) nel timore che quelle orribili nuvolacce scure che si addensano sul porto decidano improvvisamente di esplodere. Max Gazzè arriva sul palco con il sorriso sulle labbra e saluta festosamente.
L'apertura, con quel taglio giustamente “vacanziero” che sarebbe perfettamente in tema con lo stile della serata (se non fosse che in Riviera Ligure quest'anno l'estate è veramente infame) è con “Vento d'estate”, un hit che era stata un autentico “tormentone” estivo alla fine degli anni 90 e che aveva imposto il musicista romano all'attenzione del grande pubblico. E putroppo stasera ce n'è anche troppo, di vento, ma freddo e tagliente e non porta con sé proprio nulla di estivo. Dal nuovo album, intolato “Quindi?” segue poi A cuore scalzo. La formazione è ridotta all'essenziale: accanto a lui, che canta e suona il basso, sul palco soltanto un chitarrista, un tastierista e un batterista. Ma non serve nulla di più: il sound è perfetto, avvolgente e coeso, i musicisti impeccabili. Lo stesso Gazzè, a dispetto dell'immagine di delicato chansonnier che il pubblico televisivo potrebbe costruirsi mentalmente, dal vivo sfodera voce e grinta inusitate. Ad un certo punto della serata, erroneamente, annuncia il brano Se piove, ed è guardato con terrore dai suoi musicisti. In quel momento, infatti, la scaletta prevede Eclissi di periferia. Allora Gazzè spiega che sì, dal vivo portano sempre sul palco una tracklist, ma spesso decidono anche di cambiarla all'ultimo momento. Questo gli offre lo spunto per una singolare promessa: se dovesse piovere, la band eseguirà effettivamente il brano Se piove, come una sorta di rituale sciamanico per scacciar via le nubi. Dopodichè parte Eclissi di periferia, introdotta da una breve narrazione del cantante romano, in cui racconta come alle porte della sua città sia stato costruito un vero e proprio 'ecomostro', un immenso palazzo lungo la bellezza di 1.300 metri, che oscura il sole in tutto il quartiere, causando una vera e propria Eclissi di periferia. Questo è solo un piccolo spunto per soffermarsi sulla profondità e sull'intensità dei testi che Max scrive da sempre a quattro mani con il fratello Francesco Gazzè. Purtroppo, però, la profezia si avvera: inizia a piovere. Così, dopo un paio di battute con i suoi musicisti, con Max che chiede “Ma ce la ricordiamo? La sappiamo ancora?” e loro che gli rispondono scherzando “Ma forse non piove ancora, dai ...”, qualche tentennamento, due accordi buttati lì giusto per rispolverare la memoria ed ecco che la canzone parte, il rituale sciamanico ha inizio. Se piove viene eseguita magistralmente dalla band, proprio come se fosse programmata in scaletta da tempo. Ma sfortunatamente sembra quasi che il rito sortisca l'effetto opposto.
La pioggia si fa sempre più fitta e, se il palco è coperto, non lo è il pubblico, che cerca di stringersi sotto i dehor dei locali circostanti. Tra La nostra vita nuova e Il solito sesso Max Gazzè si concede anche un breve brano di solo basso, nel quale sfodera una tecnica invidiabile; registra con la pedaliera un loop sul quale costruisce un bellissimo assolo. Ma ormai la pioggerellina iniziale è diventata un acquazzone di proporzioni inquietanti, e Max Gazzè continua, un po' a malincuore, a snocciolare grandi successi e brani del suo ultimo album “Quindi?” tra il fuggi fuggi generale e pochi fedelissimi che stringono i denti sotto il palco, ormai completamente fradici.
Alberto Sgarlato
Fotografie di Alberto Sgarlato
La nostra vita nuova
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