lunedì 23 maggio 2011

VINTAGE VIOLENCE : “Piccoli intrattenimenti musicali” (2011, Popular Music/SELF)

Chiariamolo subito: questo è un grande disco. Undici tracce taglienti e ispirate. Undici video a costo zero che le arricchiscono con maestria. "Piccoli intrattenimenti musicali" entusiasma per maturità e coerenza, ironia e impegno, appeal e devastante impatto sonoro. A quattro anni dall’EP Cinema e a sette dall’autoprodotto Psicodramma”  i cinque di Lecco esplodono con un disco suonato alla grande, potente, diretto, colto e profondo; chitarre ruggenti e intelligenti, la fantasia è al potere. Rock‘n’roll e coscienza sociale, sound da brividi e testi da incorniciare. Con Lorenzo Monti (Zen Circus) al mixer e Maurizio Giannotti (già visto con Afterhours e Prozac+) in fase di masterizzazione, la band che vede Nicolò Caldirola alla voce, Rocco Arienti e Stefano Gilardi alle chitarre, Roberto Galli al basso e Beniamino Cefalù alla batteria, ci offre un disco di livello altissimo dalla prima all’ultima nota. Nessuna tregua: dal tellurico inizio di Chupito e plusvalore alla conclusiva e corrosiva Blues dell’Homo Sapiens. La dichiarazione d’amore militante e caustica de Le bariste dell’Arci affianca la sublime e tragica ironia che dipinge le figure che danno vita alla splendida Raiuno. La sinfonia chitarristica e la lieve grazia letteraria di PPP precedono l’impatto da urlo di Natale lavavetri e la nevrotica danza elettrica di Fuori dal partito. Il processo a Benito Mussolini sancisce l’incontro meraviglioso e impossibile fra Guccini, Pietrangeli e i System of a Down aprendo la strada all’unico brano già edito presente nell’album, quella Les Pop di Leo Ferrè qui prodotta, cantata e suonata da Dario Ciffo (già Afterhours e ora Lombroso) con il titolo fedelmente tradotto di I Pop. Caterina affascina con le sue trame chitarristiche così come Il paraculo e il Blues dell’Homo Sapiens incantano per la tagliente e puntuale lucidità dei testi. Dagli esordi del 2002 alla mitica jam session del Transilvania live di Milano con i System of a Down, presenti fra il pubblico e saliti sul palco per improvvisare insieme un brano, dopo tre album e centinaia di concerti alle spalle, dopo gli osanna di pubblico e critica, i ragazzi che amavano i Ramones e che rubarono il nome del loro gruppo a un disco di John Cale, ora danzano sul fuoco della creatività e dell’esperienza, meritano il massimo e hanno i mezzi e la rabbia per ottenerlo. E “alla fine di tutto quanta commozione”. Immensi.
Maurizio Galasso

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