mercoledì 4 maggio 2011

OKKERVIL RIVER: “I Am Very Far” (2011, Jagjuwar Records)

Folk-rock: una definizione che, alle orecchie dei vecchi rockettari come me, richiama gli echi di Fairport Convention, Pentangle o, al massimo, Pogues. Bene, siamo lontani miglia e miglia da quel contesto, e chi utilizza quella categoria per definire questo lavoro degli Okkervil River vi sta fuorviando. Non è una questione temporale e nemmeno geografica (la band è originaria di Austin, Texas), è che qui siamo su un territorio diverso: volendo proprio trovare una definizione alla musica dei nostri, potremmo utilizzare il termine “indie”. Siamo oltretutto di fronte a un disco che si stacca dai precedenti del gruppo, assente dalla scena dal 2008, per un suono più “caotico”, in cui alla pulizia e al rigore formale dei pezzi di “The Stand Ins”, si sostituisce un approccio rumoroso, con una batteria molto pompata in sede di produzione (curata dal leader della band, Will Sheff) e il continuo utilizzo di fiati e archi. In definitiva, una svolta melodrammatica, che porta il gruppo ad assalirci con un vero e proprio “wall of sound” fin dal primo pezzo, The Valley, una specie di marcia guidata dal rullante e da un tappeto di tastiere e archi che quasi sovrasta la voce tutta “di testa” di Sheff. Il secondo pezzo, Piratess, uno degli episodi migliori del disco, è più rarefatto, con un piano elettrico piuttosto liquido ed è seguito dalla springsteeniana (troppo, per me) Rider e dalla ballata Lay Of The Last Survivor, che  riporta alle atmosfere dei dischi precedenti. Con White Shadow Waltz si torna alle sventagliate di batteria e archi, mentre regna un piano insistente sulla seguente We Need A Myth, che termina con un crescendo nel quale, pare, sono state utilizzate 45 (!) chitarre acustiche. Quindi riecco una ballatona in minore, Hanging From A Hit, che ho trovato riuscita, con un'atmosfera da tarda serata tra amici. Si resta su un registro intimista con Show Yourself, per un volta con strumentazione e formazione ridotte (cosa questa che giova al gruppo: e infatti è un altro dei pezzi forti del disco), che termina con un lancinante assolo di chitarra. Sempre “downtempo” è Your Past Life as a Blast, seguita dal singolo Wake And Be Fine,  quasi un valzer con tanto di ance, archi e timpani assortiti. L'album termina con la lunga The Rise, scritta da Sheff durante un periodo passato presso la famiglia nel rurale New Hampshire, le cui atmosfere bucoliche risuonano nel pezzo. Un buon lavoro quindi, ricco di momenti evocativi, a suo modo creativo, anche se la magniloquente produzione finisce per renderlo pesante.
Luca Sanna

1 commento:

michele passavanti ha detto...

Gli Okkervil River non mi sono mai piaciuti più di tanto.