Un bel disco per chi ama viaggiare oppure musica per non fare nulla, rilassati e sognanti tra nuvole southern, infatti ogni traccia di “Howling Trains and Barking Dogs” della poco considerata – dalla critica - Cindy Bullens, una delle tre The Refugees, corrisponde ad un luogo visitato dall’artista americana. Le tappe sono la feconda Nashville, le roots moderne e la tradizione, il piglio rockeuse di chi ama scorrazzare lungo i serpentoni di highways e la pace interiore di chi ha captato dentro la “loud folk music” di Greg Trooper e gli spettri infangati di John Hiatt. Sebbene la Bullens riprende il fraseggio poetico del suo corto passato, ancora appeso agli anni novanta dei dolcissimi sermoni field, il disco ha il merito di essere una delle cose che emanano suoni più freschi che si possano sentire di questi giorni, che non batte strade alternative, ma testardamente calpesta gli sterrati polverosi e divini dell’altra America, le stesse strade folk-rock versate in rosa che portano incise le orme indelebili di Lucinda Williams, Kathleen Edwards e Shelby Lynne.Non c’è nulla da aggiungere su questa songwriter dalla rara sensibilità artistica, sul suo modo semplice e complesso nell’architettare un pugno di tracce infiammabili nella loro beatitudine, nella loro onesta esaltazione di dobro, fiddle, mandolini, lap-steel lascive e aromi “old” che annebbiano tanto presenti quanto bramati nell’universo country; in questa avventura – tra i tanti – Wendy Waldman, Bill Lloyd, Radney Foster – nel duetto nella ballad Labor Of Love – ed Al Anderson, tutti stretti intorno al fuoco sacro di questa mestierante di sogni agresti, che in questa occasione scende dai distorsori per imbracciare la quiete dei mid-stomp a cerchio Love>Gone Good, la spennata amarognola di un tramonto irrinunciabile In A Perfect World, si colora la pelle di nero blues insieme alla struggenza in slide di uno Stephan B. Jones smagliante in una micidiale Let Jesus Do The Talking, fino a cacciare una piccola lacrimuccia di ricordi al centro di The Misty Hills of Tennessee, omaggio all’intramontabile bluegrass dei pionieri, dove tutta l’allegra banda fa “bivacco e ore piccole” accanto ai falò di una storia infinita. Fuori delle logiche di fare un disco con l’ausilio dei grandi e migliori session-man degli States, vicina alla volontà di usare la purezza espressiva per rimanere sensazione rozza o infinitesimale diamantino che può brillare anche fuori dal triangolo The Refugees, Cindy Bullens, questo maschiaccio dolcemente ribelle ritorna a casa, nella sua Nashville impregnata di radici, watermelon succosi e fughe di pensiero verso il sud dove il diavolo del blues cattura le anime sensibili. Avercene di queste prove discografiche tanto “classiche” e ben suonate, sarebbe da metterci la firma, diavolo permettendo ovvio!
Max Sannella
Let Jesus Do The Talking
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