Il 2 novembre 1975 moriva assassinato Pier Paolo Pasolini. “Omicidio con concorso d’ignoti”, recita la sentenza di condanna per Pino Pelosi detto “la rana”; ennesima conclusione poco credibile per un altro mistero italiano. Chi fossero gli ignoti non si è mai saputo. Il carabiniere che indagava fu bloccato prima di ricevere una testimonianza importante. Qual era il movente? Il marchettaro Pelosi afferma di essersi arrabbiato perché non voleva “fare la donna”, non era nei patti. Basta per uccidere un uomo, e poi passare più volte con l’auto sopra il cadavere? Non ho la minima conoscenza del mondo dei marchettari, ma molti artisti gay, da William Burroughs al musicista John Balance, intervistati sull’argomento, sostengono che la storia non sta in piedi. Senza dimenticare che difficilmente un uomo robusto, e fisicamente in forma come Pasolini, sarebbe potuto soccombere in una lotta con un ragazzino gracile come Pelosi. Alcuni commentatori affermano che Pasolini, che viveva con enorme senso di colpa il conflitto tra la propria omosessualità e il proprio “cattolicesimo arcaico”, abbia cercato sempre, volontariamente, la morte violenta, e che questa si possa quindi considerare un suicidio mascherato. Ma troppi elementi non quadrano. Per primo, come già detto, i troppi elementi non risolti dal processo. Poi, senza fare lo psicoanalista da strapazzo, l’incongruità con i tratti caratteriali di Pasolini, a cominciare dalla sua “disperata vitalità”. È anche difficile ammettere che stia cercando la morte un uomo che ha appena iniziato un nuovo romanzo dopo un lungo silenzio, e stia finalmente per girare un film inseguito da dieci anni. Infine, come ha lucidamente scritto Marco Belpoliti, orientamento sessuale e visione del mondo in P.P.P. erano molto più connessi di quel che si potrebbe pensare.
Delitto politico? Certamente Pasolini era un uomo scomodo. Disprezzato e continuamente insultato dal mondo di destra, che oggi superficialmente lo riscopre, (“un borghese anche se fa una cosa giusta la fa comunque per i motivi sbagliati” è il suo “Teorema”), creava imbarazzo anche a sinistra per la sue prese di posizione imprevedibili e la sua condotta sessuale scandalosa. Negli ultimi anni di vita i suoi attacchi alla politica, alla morale corrente e soprattutto alla classe dirigente (“il Palazzo”) erano sempre più forti (e profetici: leggete i suoi scritti e capirete davvero l’Italia di oggi). Eppure non credo a paranoidi teorie del complotto e non penso che questo o quel politico abbia un giorno alzato il telefono per commissionare l’omicidio Pasolini (o Pecorelli, o qualsiasi altro). Ma P.P.P. era un uomo conosciutissimo e l’ambiente del sottoproletariato laziale, dove consumava le sue avventure, era il brodo di coltura dell’ultradestra (quante amicizie comuni tra il barone Evola e la banda della Magliana) e chissà quanti 'ducetti de noantri' avranno tuonato contro di lui e gli altri corruttori dei giovani nei loro comizi. Una notte un branco di quei teppisti ha incontrato Pasolini e avrà pensato: 'diamo una bella lezione a quel frocio comunista', sognando di darla a tutta L’Italia, e così fu. Insomma, come diceva P.P.P. delle stragi impunite: 'Io so chi è stato. Ma non ho le prove'.
Così scrivevo parecchi anni fa, per commentare la morte di Pasolini. Nel frattempo sono apparse nuove informazioni. Qualche giorno prima della morte P.P.P. subì uno strano ricatto. Le pizze del film appena finito, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” vennero rubate. Poi il produttore del film fu contattato per la restituzione. L’incontro doveva avvenire nel luogo e nell’ora in cui Pasolini fu visto per l’ultima volta. Un agguato?
E c’è un’ipotesi ancora più inquietante. Per scrivere “Petrolio” P.P.P. aveva svolto molte ricerche e pare avesse fatto scoperte sulla morte di Enrico Mattei, presidente dell’ENI, deceduto all’inizio degli anni ’60 in un incidente aereo. Mattei era un uomo scomodo e si era messo contro le multinazionali petrolifere. Si è scoperto che le indagini su Mattei furono anche alla base della scomparsa di Mauro de Mauro, giornalista palermitano che, indagando sul golpe Borghese e sui rapporti tra mafia e neofascismo, pare avesse scoperto, quasi per caso, che per la morte di Mattei non si trattava di incidente ma di omicidio e chi erano i mandanti. Ancora un a volta i misteri italiani si intrecciano tra loro e rimangono irrisolti.
Alfredo Sgarlato
Così scriveva Carlo Lucarelli su Repubblica il 31 marzo 2010:
"Pier Paolo Pasolini non è soltanto uno scrittore qualunque, Pasolini è un poeta, uno di quelli che vivono sulla propria pelle il loro essere poeti, e quindi capire come e perché è morto oltre ogni dubbio diventa
importante anche per la sua opera. Pasolini è un maestro, di scrittura e di ragionamento e io voglio sapere se l'uomo sul cui "Io so" ho formato gran parte del mio sentire le cose di ieri e di oggi sia un violentatore di ragazzini oppure no. Perché una verità ufficiale sulla morte di Pier Paolo Pasolini c'è. Il 2 novembre del 1975 Pasolini si apparta nella zona di Ostia con Pino Pelosi assoldato davanti alla stazione per un rapporto sessuale. Pelosi non vuole, Pasolini insiste, Pelosi reagisce e uccide Pasolini. Condanna di Pelosi passata in giudicato. Fine della storia. Ci sono un po' di cose che non tornano. È così che nascono i cosiddetti "misteri italiani", quando una verità accettata non c'è o non convince. Se non convince sulla base di pregiudizi politici o emotivi allora è "dietrologia" o "voglia di giallo", ed è inutile e dannosa. Se invece ci sono degli elementi concreti, allora è un'altra cosa."
Eduardo de Filippo parla della morte di PierPaolo Pasolini
L'OMICIDIO DI PIER PAOLO PASOLINI - LA RICOSTRUZIONE
Nessun commento:
Posta un commento