Ci vorrebbero dei nuovi Bob Dylan, dei nuovi John Lennon, dei nuovi Pete Seeger, delle nuove Joan Baez, dei nuovi Billy Bragg, dei nuovi Woody Guthrie, dei nuovi Paolo Pietrangeli. Bisognerebbe trovare i nuovi Clash, i nuovi Redskins o i nuovi Stormy Six e invece non ce ne sono. Ogni paese deve dar fondo a quello che ha.
E in Inghilterra hanno P.J. Harvey, che, in questo naufragio, ha sentito il bisogno di scrivere il suo disco politico. Un disco di folk moderno, fatto di suoni acustici e di cocci.
Ne riconoscerete qualcuno (le trombe da battaglia che affiorano e scompaiono come fantasmi lungo The Glorious Land (Let England Shake) e il refrain di Summertime Blues su The Words that Maketh murder molto probabilmente) e ne ignorerete altri (l’ eco di Istanbul (Not Constantinople) che incombe per tutta la decadente e tenebrosa title track, degna dei Banshees di "Hyaena", per esempio NdLYS).
Conchiglie disseppellite dal vento che infuria su queste spiagge dove i cadaveri sembrano corpi di donne stese a prendere il sole.
Un disco dove la disillusione marcia a fianco di un esercito cencioso e sfinito sulla polvere di una terra devastata. "Let England Shake" è un album dove le parole contano più della musica, come è giusto che sia su un disco che cerca di suturare le ferite di quei soldati spossati, un album che finirà per piacere tanto agli inglesi e un po’ meno altrove, soprattutto nella nostra italietta dove le concessioni alla melodia e al ritmo contano sempre più di tutto il resto. Qui, in questo paese dove le radio continuano a passare canzonette che galleggiano sulle acque putride che coprono i cadaveri dei diritti umani, canzoni come il pianto funebre di England, l’invocazione celtica di On battleship hill o la triste ballata di Hanging in the wire non bucheranno l’etere. (Written on the forehead) Nessuno si accorgerà di loro. Nessuno le fischietterà, perché loro non sono venute qui per questo. "Let England Shake" è il gemito di un mondo dolorante. (Bitter Branches)
Non affannatevi a cercare la vostra canzone dell’ anno, non è qui.
Forse è rimasta anche lei in spiaggia. Come un corpo di donna stesa a prendere il sole. Probabilmente non respira.
Franco Lys Dimauro
P.J. Harvey Official Website
1 commento:
Amo molto PJ e il mese scorso sono stata a una delle date di Londra, dove vivo. Faceva freddo, perfetto per quelle parole gelide camuffate da ritmi festosi. La mia religione, da scrittrice, sono le parole, anche (soprattutto)quando- come qui- si nascondono dietro colori estranei. Hai ragione, quei ritmi non restano, restano le parole come corpi freddi sulla spiaggia. Restano anche le tue: grazie per questo getto ghiacciato.
Viola Di Grado
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