Domenico Petrosino, in arte Dome La Muerte, ex chitarrista dei Cheetah Chrome Motherfuckers , Hush, vera anima ‘nera’ e rock negli anni ’80 dei Not Moving , una solidissima carriera ormai sulle spalle, dopo due buoni dischi con i Diggers nel 2007 e 2010, sigla quello che è il suo primo album davvero solista, facendo un clamoroso centro, senza se e senza ma! Quattordici brani in cui il musicista abbandona (o quasi) l’elettrica, amplificatori e distorsore, imbraccia l’acustica, soffia grezzamente in un’armonica (ben sei brani), armeggia con sitar ed organo: si mette di buona lena ad esplorare l’eterna altra ‘side’ del rock, quella acustica, elegiaca, romantica, utopistica attraverso una serie di composizioni - le
liriche sono provvidenzialmente tradotte in italiano - che lasciano basiti per qualità e profondità d’ispirazione; Dome si aggira dalle parti della ‘poesia’, l’atmosfera che si respira in questi brani indolenti e contemplativi è un placido, contagioso mix di pacata ribellione, quieta rassegnazione esistenziale, sobria esaltazione di affetti familiari. Torna quasi spontaneo accostare il mood di “Poems for Renegades” a quello di storici album ‘atmosferici’ come “Berlin” o "Beggars Banquet”, quest’ultimo anche per la comune ricerca musicale delle incontaminate radici acustiche. Dome come Keith Richards?: beh i punti in contatto non sono pochi ascoltando l’album, e comunque nella coagulazione della meravigliosa, ancestrale dimensione country/folk che caratterizza tutto l’album l’acustica–elettrica di Dome è splendidamente coadiuvata dalle 12 strings di Maurizio Curadi (Steeplejack) e dai dobro/steel pedal di Reverendo Claudio Bianchini. A collaborare al lavoro anche alcuni Diggers. Ciliegina sulla torta la produzione ‘pulita’ di Salvo Sequino agli Ultrabang Studio che sortisce l’effetto magico di stare ascoltando tutto in presa diretta. La nostalgica e sognante ricerca di una verginità/innocenza perdute si respira intensamente anche nelle foto del booklet di Francesco Pelosi, che ritraggono quattro stupende, floride e sorridenti modelle (e lo stesso Dome) completamente senza veli, immerse - hippy appeal – nella natura.
L’ accezione che Dome dà a ‘renegades’ é quella di ‘rinnegati’ ma soprattutto di ‘perdenti’:
“ Qualcuno ha perso i suoi soldi . Qualcuno è andato in galera. Uno è morto per lei. Qualcuno è andato all’inferno. Uno è diventato pazzo aspettando il suo amore. Ma te non importa. Hai bisogno di una bugia. Stai cercando solo una bugia.” (Blue Stranger Dancer)
A questi losers-renegades sono dedicati quattro scarni, magnetici siparietti strumentali tra un brano e l’altro (Renegade Theme, Song, Cry, Train) e brani in grande spolvero ‘poetico’ come Blue Stranger Dancer (già sul primo lavoro con i Diggers), A Poem for Alex:
“ A volte ci sono giorni in cui non puoi vincere. A volte ci sono giorni in cui vorresti scomparire. Qualche volta ti senti così felice. Qualche volta ti senti così pazzo. Ma a volte ci sono giorni in cui devi seppellire tutta la tua rabbia. (A Poem for Alex)
La rabbia ed il disprezzo per i potenti della guerra, per tutti coloro che calpestano la dignità umana nel terzo millennio si tocca con mano nella protest-song dylaniana They Will Fall, la Masters of War di Dome:
“Hanno costruito il loro regno su cadaveri e macerie, fondato su una compagnia di morte e di lacrime. Le loro sporche menzogne stanno venendo fuori. Come puoi credere chi ancora uccide la propria madre ed i propri figli. Non ci sono più palle di cannone, pistole, manganelli, bombe che possono fermare su tutta la terra l’urlo della gente. Si sono nutriti di guerre e del nostro sangue. Ma il fiume scorrerà ancora. Loro cadranno. Stanno cadendo. Stanno cadendo."
Viatico principale è la voce spoglia, sporca, sensuale, di Dome La Muerte, una vera rivelazione, che investe, vincendo, su un’immagine di sobrio folk singer: splendida e ruspante la sua cover di Billy di Bob Dylan (da "Pat Garrett"), ‘oppiacea’, intrigante quella rallentata di I Just Want to have Something to do dei Ramones. I veri diamanti della raccolta sono ballate come Shine on me (già presente sul primo lavoro con i diggers), sapida di echi gospel, A Poem for Alex, Blue Stranger Dancer, sino a Talkin’ Truck Stop Blues e Tonight It’s Raining nelle quali Dome mette in musica le liriche del poeta nativo americano cheyenne Lance Henson, schierandosi senza esitazioni dalla parte degli Indiani d’America, delle loro pesanti vessazioni:
“Piove questa sera sulle pianure aride di Wounded Knee, sugli Hogan della grande montagna, sulle barricate di Cornwall Island, sulla terra rossa della tomba di Geronimo in Oklahoma. Questa sera piove, nei sogni dei bambini in Salvador e Nicaragua e San Carlos, nei sogni delle madri in Brasile e in Cile. E a Pine Ridge e Wind River. Questa sera piove. La pioggia è antica. Nel vento gelido dell’inverno c’è una preghiera: Si wi wo ho oh shi win … Noi non saremo spazzati via.” (Tonight it's raining by Lance Henson)
“Poems for Renegades” è concluso dallo strumentale Drops: inebrianti esalazioni di incenso e cannabis, qualche minuto di permanenza e di concentrazione in un antichissimo tempio indiano, al suono di gong, tibetan bells, cymbals, flute, sitar e synth. Oblio o ricerca spirituale prima di riprendere il cammino?
Pasquale ‘Wally’ Boffoli
Foto (dall'alto in basso, da destra a sinistra n.1-3-4-6) di Francesco Pelosi
Japan Art
Discography:
* Dome La Muerte and the Diggers (2007, Go Down Records/Area Pirata)
* Dome La Muerte and the Diggers: “Diggersonz” (2010, Go Down)
* Dome La Muerte: “Poems for Renegades” (2011, Japan Apart)
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