mercoledì 20 luglio 2011

LIVE REPORT: Tame Impala - Spaziale Festival, Torino 18 luglio 2011 - UNICA DATA ITALIANA

Kevin Parker apre l’armadio dei nonni e scopre un varco temporale per un’era lontana. Odore di naftalina, magic mushroom, baffoni alla Mimì metallurgico, camicie sintetiche fantasia e tutto l’immaginario lisergico-onirico della psichedelica britannica dei fine anni ’60. Una band di ventenni che parte da Perth, Australia, per girare il mondo riproponendo la psichedelia prima maniera sembra qualcosa di strano nel 2011 … e lo è … meno male.
C’è chi riesce a stupire e fare viaggiare con sintetizzatori, sequencer e diavolerie digitali varie e c’è chi invece lo fa alla vecchia maniera con due chitarre, un basso e una batteria. A Spaziale si viaggia: alcuni nonostante la serata umida si sdraiano sul prato, altri chiudono gli occhi. Il risultato è incredibile e ci si sente fortunati a essere lì in quel momento, al primo e unico passaggio in Italia di questa cometa australiana.
Superfluo elencare le influenze dei Tame Impala, troppe sicuramente. Ma quello che conta è il risultato, un suono che scorre come un fiume acido che si perde nel vuoto della galassia, pioggia di petali di gelsomino, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione (cit.) … non esistono più lo spazio e il tempo, ci si perde ed è bellissimo. Qualcosa di simile era già stato provato qualche anno fa dai fortunatissimi MGMT, di Brooklyn (più tecnologici e più “moderni”), prodotti da Dave Fridmann, autore dell’ultimo mixaggio di “Innerspeaker”, primo e finora unico disco degli australiani: ma i nostri cari Tame Impala sono andati ancora più indietro nel tempo, hanno superato lo steccato delimitato da chi decide nell’industria discografica cosa è di tendenza e cosa non lo è. 
Passano i minuti e il livello endorfinico sale sempre di più: e tra le magiche Solitude is bliss, Lucidity ed Expectations ci regalano la stupenda cover di Angel capolavoro trip-hop dei Massive Attack, più secca e più spartana, a ricordarci che alla fine anche loro vivono il nostro tempo. Ma prima che l’orologio faccia un giro completo partono i 13 minuti di jam di Half Full Glass of Wine. Erano anni che non si vedeva qualcosa di simile. 
Anche se odorano di naftalina sono una delle cose più fresche degli ultimi anni. Uno dei pochi live act che ha dato un senso a questa “estate” torinese. Tornate presto.
Gustavo Boemi

fotografie di  Sandro Montalbano e Gustavo Boemi




1 commento:

Anonimo ha detto...

bellissima rece. Antonio