The Immortal Lee County Killers I erano Chetley "el Cheetah" YZ Weise (guitars/lead vocals/harp) e Doug ‘the Boss’ Sherrard alla batteria (poi sostituito da J.R.R. Token, drums/percussions/vocals), un duo proveniente dalla profonda Alabama (Lee County): in quella regione, ad Auburn, il duo, contagiato dal morbo del delta-blues, iniziò a suonare nel 1999, non nuovi alle scene avendo già in passato militato in formazioni garage estreme quali Quadrajets e Mobile’s Sphamm.
Trovano subito nella Estrus Records di Bellingham (Wa) la casa ideale per le loro sperimentazioni blues.
Sì perché già nel loro primo documento di lunga durata del 2001, “The Essential Fucked Up Blues” l'etichetta di Dave Crider diede loro carta bianca, con Tim Kerr (musicista/produttore icona) come ingegnere del suono dalla mano decisamente pesante!
“The Essential Fucked Up Blues” apparve subito come un ennesimo tentativo tutto bianco , sulle orme di Bassholes, Thundercrack, Jack'O Fire, di rivisitare il paludoso delta blues nero con spirito punk incendiario. La loro musica era trafitta anche da un lancinante grido di esasperato esistenzialismo: libertà o morte! Grido anarchico, così come anarchico e superamplificato é il loro approccio sonoro, stordente addirittura, con Chet Weise che si serve nello stesso brano fino di tre diversi 'amps' per ottenere un 'different noise', evocando e surclassando l'hendrixismo più esasperato!
Noise-blues si chiama quindi la loro pianta carnivora che si nutre di radici profondissime come John Lee Hooker, Hound Dog Taylor, Skip James, Jerry Lee Lewis (il ‘killer’ originale cui la band si è ispirata per la ragione sociale), ma anche di noise/rock icone come Blue Cheer, MC 5 sino all’improvvisazione spaziale di un altro incredibile nativo dell’Alabama: Sun Ra.
Il rispetto per tutto ciò è ribadito due anni dopo nelle press-notes del loro secondo lavoro “Love Is Charm Of Powerful Trouble” (Estrus, 2003) ma si ribadisce anche la ferrea volontà di rompere la tradizione del Mississippi Delta Blues e del Rock&Roll per cercare di creare qualcosa di nuovo, ed in modo anche violento: 'Fuck Punk Rock, Fuck Blues, Fuck Rock&Roll'. Promette il batterista J.R.R.Token (ha sostituito l'originario Doug 'The Boss' Sherrard): "... quando la nebbia sarà calata ed il fumo dissipato, voi saprete chi sono i Killers".
Questo estremismo ideologico/musicale era passato ad eloquenti vie di fatto nel primo lavoro, che appariva come una colata lavica incandescente nella quale il blues subiva un'autopsia impietosa ( al macero le ortodosse dodici battute), esalando attraverso i solchi spessi umori noir. Tutto l'album a partire da Let's Get Killed incuteva davvero paura sino alla sadica rivisitazione dell'immarcescibile Rollin' Stone (Muddy Waters), violentata nel corso di nove minuti, nella quale sprazzi di minimalismo blues erano alternati a saturazioni chitarristiche e soprassalti sonori tostissimi.
L’implacabile Go to Hell on Judgement Day, uno dei momenti più abrasivi del disco, attraversato da furore noise-delta cattivissimo, non preannuncia nulla di buono per quando arriverà QUEL momento; la cangiante Won’t Cook Fish possiede un Taste-riff da sballo: sembra cantato e suonato da un Gallagher fuori di testa, lui e la sua slide! The I.L.C.K. appaiono l’ideale contraltare bianco alla setta blues nera della Fat Possum, altra etichetta di culto, promettendoci di liberarci dal ‘male’ con la potenza catartica dei loro kilowatt.
Let’s Get Killed
Rollin’ Stone
Got To Hell on a Judgement Day
Won’t Cook Fish
I.L.C.K. II: Love Is A Charm Of Powerful Trouble
"Love Is A Charm Of Powerful Trouble" (Estrus, 2003) non é da meno in quanto a crudezza espressiva ed i 'walls of sound' degli originali Love Is A Charm, Robert Johnson, She's Not Afraid of Anything Walking, Shitcanned Again, la slide velenosa di Cheetah che imperversa indisturbata, ci restituiscono un meraviglioso implacabile duo incazzato sino al midollo che i puristi del blues rifuggono come la peste! Prendete le covers di Rollin'And Tumblin' e Don't Nothing Hurt Me Like My Back And Side: meravigliose sculture di noise punk -blues del tutto irriverenti della tradizione che confermano le doti immense di potenti trasfiguratori/sfregiatori degli I.L.C.K. II; mentre piuttosto riconoscibili appaiono quelle di That's How Strong My Love Is (Jamison) e Goin' Down South (Robert Burnside), un monumentale depressing/lo-fi blues che ha la stessa forza espressiva 'maledetta' di un dipinto del Caravaggio.
Ma Love Is A Charm Of Powerful Trouble é anche l'originale Truth Through Sound, What Are They Doing In Heaven Today? (Tindley), Weak Brain, Narrow Mind (Willie Dixon), episodi elettro-acustici decisamente più distesi, nei quali il mal di vivere sviscerato dal blues assume toni più intimisti, un aspetto inedito per i due.
Il tema stesso del disco: 'l'amore come trionfo del dolore' ci dice che un male oscuro ed infido ha cominciato a mettere metastasi all'interno dell'inossidabile estetica anarchico/ lo-fi dei due.
Shitcanned Again
Robert Johnson
Immortal Lee County Killers - Don't Nothing Hurt Me Like My Back and Side
Rollin’ and Tumblin’
Goin’ Down South
Love Unbolts The Dark
Ho sempre avuto una vera debolezza emotiva e non l’ho mai nascosta per questo duo proveniente dall’Alabama, Auburn-Lee County, che quando uscì il terzo lavoro “Love Unbolts The Dark" (Sweet Nothing, 2003), dopo le “Orange Sessions, vol.2” per Orange Music, già da tre anni continuava a sfregiare e violentare il blues del delta: Chetley Weise il maestro di cerimonie, vocalist e chitarrista estremamente istintivo come nessuno allora sulla scena riusciva a riattualizzare i sordidi contenuti dei santoni blues di sempre strapazzando slide ed amplificatori in un culto devoto al noise senza precedenti.
A Febbraio di quello stesso anno Chet aveva dispensato un intenso “Love Is A Charm Of Powerful Trouble” inciso per la Estrus come il debutto; con questo terzo lavoro per la Sweet Nothing si rivela ancora curiosamente invischiato nei misteri arcani di questa forza primigenia che è l’Amore, intitolandolo ed introducendolo con alcuni versi di Dylan Thomas.
“Love Unbolts The Dark” è metà in studio, metà live : nei cinque brani della prima
Chet Weise mette sul tappeto un songwriting decisamente più a fuoco che in passato incrociando il suo blues ‘immortale’ con le istanze più torride ed oltraggiose del rock&roll storico americano, Mc5 e Stooges prima di tutto e così Boom Boom, The Damned Don’t Cry, Rock&Roll Is Killing Me traboccano di sana disperazione ed energia rockistica, la rilettura di Burnin’ Hell (J.L.Hooker) non è affatto scolastica (come al solito) mentre God Bless The Losers Who Try è torbida ed introversa nella sua lentezza malata.
Dal vivo I.L.C.K.II erano una vera forza della natura a dispetto della loro formula minimale e la live-side di Love Unbolts The Dark lo dimostra generosamente: il duo americano aveva da poco sfoggiato con successo il suo sound turbolento anche in Italia, all’Indipendent Days Festival. Dopo lo strascicato recitato di Ain’t Goin’Down To Well No More (Leadbelly) declamato da Chet a Waverly, Alabama, praticamente in casa sua, abbondantemente sottolineato dalle grida di un rado pubblico in calore, le versioni ultrasature e sfracellate di due classici della prim’ora, Let’s Get Killed e Said I’d Find My Way eseguite alla BBC per il John Peel Show : slide in libertà, dosi abbondanti di feedback e voce esasperata a testimoniare la rivoluzione estetica e formale apportata al blues atavico nella fase iniziale della loro carriera.
Più scolastica la lenta Never Get Out Of These Blues Alive dal vivo al Vera Club di Groningen, Olanda: qui Chet ancora una volta pare il Rory Gallagher più punk ed etilico che si possa immaginare con le sue rasoiate slide ed il vocalismo stravolto …scusate se è poco!
Vera ciliegina sulla torta la finale versione acustica di un brano di Skip James, Devil Got My Woman, il volto più intimista e chiaroscurale di Chet: magnetica è l’ipnosi disegnata dalle sue corde e l’abbandono estatico della sua voce.
37 minuti, davvero troppo pochi per soddisfare la sete insaziabile di blues bastardo che ci consuma, ma sufficienti per comprendere ancora una volta l’enorme statura artistica degli Immortal Lee County Killers II.
Never Get Out These Blues Alive
Go To Hell live
I.L.C.K. III: These Bones Will Rise To Love You Again
L’ultimo album di I.L.C.K., (Tee Pee Rec., 9/6/2005) versione III, con Jeff all’organo in bella evidenza.
Parte con tre songs che con il blues non hanno molto a che spartire anche se Turn on the Panther é notevole: ne troverete solo una pallida ombra anche in Blues, con un’armonica nostalgica in bella evidenza. Solo con Boom Boom il disco decolla: il ritmo è travolgente ma Chet Weise ha comunque perso molta della sfrontatezza interpretativa gettata in pasto nei tre lavori precedenti. Airliner e The Damned Don’t Cry (sembra una dannata danza indiana propiziatoria!) si dirigono addirittura verso lidi garage/psichedelici con quell’organo deragliante così volutamente in primo piano. Sonic Angel li segue poco dopo, impregnata anch’essa di un torbido mood da nativi americani.
Stiched in Sin è song acustica malata ed intrigante, come Lights Down Low, organistica e delicata ballata in punta di corde: avete presente gli Stones di Child Of The Moon?
Il gospel solitario di No More My Lord conclude un disco molto più politicamente corretto dei tre precedenti ma non privo di un suo fascino autonomo, dove il blues si può solo intuire tra le pieghe di songs attratte da tentazioni folk-lisergiche.
Dopo lo scioglimento degli I.L.C.K. nel 2007 Chet Weise formò una nuova punk-blues band, Silver Lion's 20/20.
Turn on the Panther
Wally Boffoli
T.I.L.C.K. MySpaceGrunnenRocks
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