Roberto Fuiano é un grande amico con cui condivido da tantissimo tempo l'amore per alcuni idiomi rock : il rock progressivo su tutti. Roberto oltre ad esserne sopraffino conoscitore é anche scrittore di Fantasy e S.F. ed ha pubblicato alcuni libri, oltre ad aver legato il suo nome (come cantante e chitarrista) in passato al gruppo folk-rock barese Maelstrom.
Scrivendo questo articolo ha soddisfatto finalmente un mio invito rivoltogli un pò di tempo fa: rendere omaggio ai JETHRO TULL, una rock band che lui conosce in modo approfondito e che ha rappresentato davvero (e rappresenta tuttora in misura molto minore) uno dei picchi musicali ed ispirativi anglosassoni del periodo a cavallo tra i '60 ed i '70, anni gravidi di affascinanti mutamenti ed esperimenti sul corpo ancora giovane del rock. Nella seconda parte dell'articolo é toccato (con la traduzione di due testi) il controverso coté letterario di Ian Anderson, leggendario front-man dei Jethro Tull, aspetto rimasto spesso fatalmente in secondo piano nell'universo artistico del gruppo. (P.W.B.)
A MINISTORY
Nel 1968 da un gruppo d’ispirazione beatlesiana, la John Evan Band, si formano i JETHRO TULL, band destinata a essere una delle più importanti della scena inglese degli anni ’70 e legata a quel genere ampio e affascinante etichettato come progressive.
Nel gruppo milita come flautista, chitarrista e cantante, un certo IAN ANDERSON, che in breve tempo ne diverrà il leader indiscusso. Le influenze del periodo (era uscito il doppio White Album dei Beatles, che dopo la musica psichedelica apriva gli orizzonti del rock a tutte le contaminazioni possibili) e la grande passione di Anderson per musicisti di colore quali Sonny Terry e Howlin’ Wolf portano i Jethro ad un primo grande disco, This Was, in cui le atmosfere sono nettamente blues.
Subito Ian Anderson si distingue soprattutto per l’utilizzo del flauto che, riprendendo la tecnica del jazzista Roland Kirk si esprime con una incredibile carica di aggressività e innovazione nell’ambito della musica rock. Ma This Was è solo il preambolo di una lunga e prolifica carriera che vede sino ad oggi l’uscita di circa trenta dischi, per lo più di pregevole fattura.
Il secondo lavoro siglato Jethro Tull s’intitola Stand Up (con la famosa rivisitazione jazzata della Boureè di Bach) e vede lo spostamento del sound verso un maggiore lirismo e un avvicinamento al folk, senza abbandonare del tutto il feeling del blues; inoltre, sostituendo l’ottimo Mike Abrahams, entra a far parte della band un’altra figura fondamentale per la sua storia ed evoluzione, Martin Lancelot Barre (chitarrista dal fraseggio prodigioso ingiustamente sottovalutato), che rimarrà in pianta stabile accanto ad Anderson, al contrario dei molti musicisti che vi si avvicenderanno.
La musica dei Jethro percorre tutto l’arco degli anni ’70 con capolavori rock quali Aqualung (album assurto a simbolo del gruppo), Thick as a Brick, Songs from the Wood e tanti altri, ma pur denigrati dalla critica (sempre rivolta a scoprire i "nuovi fenomeni artistici del tempo"), continua a regalare agli appassionati e a quelli che valutano la musica senza manicheismi preconcetti, gioielli ricchi di intense ballate, di corposi brani rock, e composizioni mai banali. Un valido esempio è Roots to Branches del 1995, a mio parere uno dei dischi più belli in assoluto degli anni ’90.
Naturalmente non tutti i dischi sono stati eccezionali, ma di certo (se si esclude Under Wraps, un disco degli ’80, connotato da una evidente quanto inopportuna batteria elettronica che ne rovina le atmosfere) non si cadrà mai sotto i livelli di una musica apprezzabile e intelligente, aspetto questo che va tutto ad onore di una band dalla così vasta produzione. Ad ogni modo, oltre ad aver segnato gloriosamente un’epoca, ai Jethro va anche riconosciuto il pregio di essere un solido riferimento per tanti di quei gruppi attuali (denominati neo-prog) che scontrandosi con lo svuotamento spinto dai media, ormai al servizio di tutti gli intenti commerciali possibili, continuano a mantenere un’idea di rock quale espressione artistica di ampio respiro compositivo, con il flauto traverso che fa spesso da protagonista, come i Flamborough Head, i Quidam, e gli italiani Narrow Pass.
LE LIRICHE
Anche per quanto riguarda i testi, sempre scritti dallo stesso Anderson, non ci sono mai cadute e sceglierne qualcuno da proporvi fra i tanti è difficile impresa. Spesso vi è satira politica o sociale, con tanta ironia e sarcasmo, vi sono testi incredibili per la loro valenza simbolica o per il surrealismo espresso, attacchi verso la chiesa bigotta e verso l’ipocrisia borghese, istanze ecologiste, descrizioni di vita agreste, riferimenti mitologici, personaggi strani o strampalati appartenenti all’immaginifico dei nebbiosi sobborghi inglesi dell’ottocento, testi intimistici e quant’altro mette a disposizione la letteratura inglese, ma anche la coscienza sociale maturata negli anni della contestazione giovanile.
I due testi che qui vi propongo sono quindi lontani dall’evidenziare la complessità del mondo poetico di Ian Anderson, ma credo siano abbastanza rappresentativi dell’approccio singolare e accattivante con temi quali la religione: A Passion Play, disco del 1973, è un’unica suite tutta basata sul gioco simbolico della Passione del Cristo; la guerra: War Child, del 1974 è infatti un testo altamente allegorico in cui, come si può ben vedere, non c’è assolutamente niente di retorico o di già detto.
Il gioco della Passione
(from A Passion Play)
Ringrazio tutti per il benvenuto.
Resterei, ma le mie ali sono cadute.
Salve! Figlio di Re
fai il segno sempre valido
incrocia le dita nel cielo
per coloro che sono destinati a nascere.
Io sono lì
e aspetto sulla sabbia.
Pronuncia il tuo dolce discorso
sulla terra e il mare.
Magus perde
togli la mano dalla catena.
Esprimi il desiderio di placare la pioggia
e la tempesta che sta per scatenarsi.
Eccomi qui (viaggiatore della vita)
spesse sono le suole
che calpestano il filo del coltello.
Spezza il circolo vizioso
tira la linea
chiama il diavolo
porta agli dei
il loro stesso fuoco.
Bambino della guerra
(from Warchild)
Ti porterò giù
a quel risplendente miglio di città
là, per incipriare il tuo dolce viso
e pitturare un sorriso.
Ciò mostrerà tutti i piaceri e nessun dolore
quando ti unirai alla mia esplosione
e giocherai con i miei giochi.
Bambino della guerra
danza durante i giorni
danza durante le notti, lontano.
Nessuna resa incondizionata
Nessun giorno per l’armistizio.
Ogni notte morirò nel mio accontentarmi
e giacerò nella tua tomba.
Mentre tu mi porti l’acqua
io ti do il vino.
Fammi danzare nella tua tazza da tè
tu nuoterai nella mia.
Bambino della guerra
danza durante i giorni
danza durante le notti.
Apri le tue finestre
e camminerò attraverso le tue porte.
Fammi vivere nel tuo paese
fammi dormire presso le tue spiagge
(Traduzione di Roberto Fuiano)
ROBERTO FUIANO
http://www.j-tull.com/
http://www.azlyrics.com/j/jethrotull.html
http://www.itullians.com/Lpages/foto/vanzetti/testi.htm
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