martedì 7 giugno 2011

31 KNOTS: "Trump Harm" (2011, Polyvinyl, Goodfellas)

Potremmo definirlo l'ennesimo caleidoscopio post-punk rock questo ultimo lavoro a firma 31 Knots. Bisogna ammettere che il trio di Portland ce l' ha messa davvero tutta per condensare al meglio un background davvero vasto dal quale emerge con forza l'influenza tanto della prima wave inglese quanto quella del college-rock e del math-rock di matrice nordamericana. Un disco sicuramente onesto, nel quale 31 Knots hanno investito senza dubbio in impegno e passione, ma che non sembra destinato a lasciare un segno indelebile nella storia della musica indipendente. L'avere adottato (ormai da qualche anno) l'uso del campionatore e un approccio più post-prodotto durante le fasi di editing e missaggio non appare sufficiente a rendere "Trump Harm" un buon album, vuoi per la poca originalità per quel che riguarda l'aspetto melodico e la struttura delle canzoni, vuoi per una sezione ritmica a cui mancano spesso doti di incisività e vuoi ancora per un sound mai pienamente convincente.
Alcuni pezzi sono francamente inutili e diverse occasioni sprecate; come nel caso di Stand Up (tracce di Noir Desir e The Ex), e di Get Gone (probabilmente Trans Am e Battle nelle intenzioni). Non mancano certo episodi godibili che meritano di essere ascoltati più volte, come Candles On Open Water la cui apertura è affidata a dei campioni di chitarra dai lontani richiami (mi azzardo) electro-glitch in stile Pefuse 73, salvo poi virare immediatamente dopo verso una forma canzone più classica dove, grazie alla voce del cantante e chitarrista Joe Haege, sembrano convivere The English Beat (viene subito in mente Mirror In The Bathroom), i Karate di Geoff Farina e i primi Police. In Egg On My Face, brano dai forti accenti pop, si avverte ancora forte l'influenza di Geoff Farina sulla linea vocale, mentre chitarra e basso giocano tra piccoli esercizi di matematica e ritmiche e sonorità care ad ambienti punk-funk. Love In The Mean Of Heat, dai toni tesi e drammatici, è caratterizzata, soprattutto nella sua prima parte, da un discreto lavoro sul suono di chitarra e basso e dalla voce ben immersa nel mood globale della canzone. Nella seconda parte emergono irruenti alcune influenze math-rock e noise rintracciabili molto probabilmente in bands come Don Caballero, No Means No e Jesus Lizard. Nessuno dei brani sembra però possedere la capacità di arrivare molto oltre un ristretto numero di fans, in quanto è proprio la cifra stilistica a risultare carente di personalità, rimanendo sbilanciata più verso il citazionismo piuttosto che tesa a metabolizzare il proprio retroterra di riferimento.
Aldo De Sanctis
Line-up:
Joe Haege: voce e chitarra
Jay Winebrenner : basso
Jay Pellicci : batteria


Candles On Open Water
31 Knots @ Polyninyl

1 commento:

luca ha detto...

sono d'accordo, anche a me l'ascolto ha fatto lo stesso effetto...