Ether è un festival con cadenza annuale che si svolge a Londra, nella zona del Southbank, sulle rive del Tamigi. Il tema del festival è l’innovazione nell’arte, nella tecnologia e nella musica. Quest’anno l’unico evento del festival che sono riuscita a seguire è stato il live di Apparat e Pantha du Prince. Il concerto si è svolto nel foyer del Queen Elizabeth Hall per, sicuramente, permettere alle persone di ballare ma dal mio punto di vista una discoteca con un migliore impianto sonoro e strutture sarebbe stata più idonea.
Apparat alias Sascha Ring, sale sul palco con Pfadfinderai (compagno anche nel suo precedente progetto, Moderat) attorno alle 10.00pm. Apparat è una delle realtà più eccitanti della dance elettronica, una miscela esplosiva di Techno, IDM e Elektro. Durante tutto il set non sta fermo un attimo. Stasera, è felice di esperimentare con i suoi ritmi e suoni, la gioia cresce tra il pubblico, che suda e balla sempre più freneticamente. Vengono lanciati anche centinaia di bastoncini fluorescenti che aiutano le danze della platea ad essere ancor più elettricamente colorate. Un improvviso cambiamento di ritmo e partono gli applausi e le grida del pubblico, sempre più eccitato. Non mi convincono le visuals di Pfadfinderai, che trovo molto amatoriali, anche se a chiusura del concerto, improvvisamente, dallo spazio infinito pullulato di triangoli colorati escono fuori delle forme sensuali: il ritmo si fa sempre più vertiginoso, le forme si trasfigurano nella Morte che, con le sue movenze, in una tensione elettrizzante e delirante, sembra volere avvolgere e distruggere emotivamente il pubblico presente in sala. Delirio, la temperatura sale e a fine concerto c'é un caldo quasi insostenibile. Gli enormi vetri del Queen Elizabeth Hall si appannano e si scorgono appena le luci dei lampioni che illuminano le rive del Tamigi e l’ora sull’orologio della Shell Mex House, uno degli esempi squisiti dell’architettura art deco di Londra.
E’ all’incirca mezzanotte quando l’enigmatico Pantha du Prince inizia il suo set: sul palco, vestito rigorosamente in nero con una maschera argentata. Vicino al computer e ai vari congegni elettronici, dei cristalli di luce che riflettendo la luce di uno spot, irradiano luce e splendore in tutta la sala. Siamo all’entrata di un nuovo mondo di cui il maestro è Hendrik Weber, che si nasconde dietro la maschera, un altro genio tedesco della musica elettronica. Il suono, sempre dance, è molto più scuro e possente di quello di Apparat e ti prende direttamente allo stomaco. Anche se i riferimenti sono quelli della techno minimale e di Detroit, nel suo suono si trovano anche riferimenti al punk rock gotico dei Bauhaus, X-Mal Deutschland, Alien Sex Fiend, e durante il set mi è anche sembrato di udire le linee di basso di Simon Gallup di A Forest. Ma si sentono anche gli Animal Collective e LCD Sound Systems. Non per nulla, il suo suono è stato definito dallo stesso Pantha du Prince come “Black Noise”, un suono che si dovrebbe percepire come presagio prima delle calamità naturali, quella frequenza che non può essere udita dall’uomo. Quando l’anima della tecnologia raggiunge la natura e i suoni diventano indistinguibili. Il pubblico, anche se più calmo, sembra essere completamente ipnotizzato. Indubbiamente il set di questo concettualista musicale romantico è avvolgente e magnetico. Hendrik sorride, è cosciente anche lui che il suo messaggio è pervenuto forte e chiaro alla folla del Southbank. Non so cosa sia successo durante le due ore successive, senza rendermene conto mi ritrovo a camminare verso casa. Il mio cuore ancora pulsa con i ritmi di Hendrik e Sascha che coprono il rumore dei miei passi e invadono la notte silenziosa lungo il Tamigi.
Myriam Bardino
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