martedì 12 aprile 2011

DAEVID ALLEN E IL PIANETA GONG: “Viaggio nel cosmo delle meraviglie”

Daevid Allen: early Soft Machine, 1966 - 1967
“Mi apparve di fronte ad un negozio con un cappello schiacciato sugli occhi. Sembrava lo stropicciato impiegato di una compagnia
assicurativa del più misero East Side di Manhattan. Quando gli parlai dello scopo del nostro incontro mi guardò come un vecchio alligatore e biascicò un ‘can’t see wha not’. Quando gli chiesi cosa avesse in progetto di fare nell’immediato mi disse ‘ahm gonna get a haircut an’ disappear!’. In effetti non lo rividi più”*.
*Graham Bennett, Soft Machine, Out-Bloody-Rageous, SAF Publishing, London 2006.


Questa incredibile scena che sembra uscire direttamente da un film di Woody Allen si svolse nell’estate del 1966, i due anomali protagonisti che quasi per uno scherzo del destino si stanno scambiando il testimone per entrare nella leggenda sono lo scrittore William Burroughs ed uno strampalato hippie di nome Christopher David Allen - Daevid per gli amici. Daevid ha cercato l’incontro con Burroughs per avere il permesso di usare il nome di un suo celebre romanzo per poterlo dare alla sua band con la quale ogni tanto si raduna per strimpellare un po’, la band diverrà forse ancora più celebre del romanzo: stiamo parlando dei Soft Machine. Questo australiano dall’indiscutibile fascino naif arrivato nella provincia di Canterbury da Melbourne, fin da subito ammalia i suoi giovani compagni di avventura, portando con sè un bagaglio originalissimo di conoscenze letterarie, dischi e ideologie del tutto innovative per l’epoca e per il contesto serioso e impeccabile della borghese cittadina. A lui si devono quella serie di coincidenze che cambieranno la storia della musica e stravolgeranno la tranquillità e il torpore del South England. E’ lui che insegna ad Hugh Hopper la sperimentazione su nastro (tape loop) di cui si era documentato avvicinandosi alle esperienze dell’americano Terry Riley, è lui che durante un viaggio a Parigi invia un batterista (George Neidorf) a casa di Robert Wyatt per un soggiorno, in cambio del quale, egli si offrirà di dare lezioni gratuite al suo giovane compagno. E’ lui l’attivista culturale che sa mettere a frutto le connessioni tra il mondo dell’arte e della poesia contemporanea con la musica, lui a propendere verso l’esplorazione e l’espansione su cui troverà fondamento la musica progressiva, più che sulla digressione di scuola puramente jazz, ed in questo Wyatt e Mike Ratledge lo prenderanno ad esempio attraverso il loro apporto al suono Soft Machine. I Soft Machine di Ratledge, Wyatt, Allen e Kevin Ayers vengono subito accolti in Francia nel 1967 come adepti dell’avanguardia contemporanea. Per l’ennesimo caso fortuito a cui è legato il destino di Daevid Allen, sarà un problema di irregolarità del suo passaporto a determinare il suo abbandono forzato dei Soft Machine e la sua prolungata permanenza in Francia, giusto in tempo per assistere ai fervori del maggio sessantottino parigino e per iniziare con la nuova epopea Gong.

Gong and Radio Gnome Invisible, la trilogia: la saga esilarante dell'invasione aliena che tutti avremmo voluto ma mai osato chiedere, 1968 - 1974
Lo aiuteranno in questo la sua fama di rappresentante della psichedelia inglese e le influenze tra jazz e beat generation molto in voga nel clima della contre-culture francese di quel tempo, oltre naturalmente al suo indiscutibile talento esuberante e istrionico. Nel 1968 riesce ad ottenere un contratto discografico con la BYG di Jean Karakos, un curioso personaggio incontrato a Maiorca durante i suoi soggiorni estivi con Ayers e Wyatt. Poi forma un entourage con la sua compagna parigina Gilli Smyth e sua sorella Tasmin, il sassofonista Didier Malherbe, Raschid Houari alla batteria, Christian Tritsch al basso e il contrabassista jazz Barre Phillips. Nel 1969 esce il primo album a nome Gong: “Magic Brother” (BYG). Da quel momento i Gong riusciranno a tessere una storia che, attraverso continui cambi e svolte stilistiche, darà vita ad un suo esclusivo e peculiare universo estetico, vasto e ramificato quanto bizzarro. Si tratta di improvvisazioni a forte tasso psichedelico con tocchi freak, giustapposte a brani dal sapore straniato, cari al mondo melodico barrettiano (Pretty Miss Titty). Rational Anthem è sicuramente vicina ai contenuti di “The Madcap Laughs”, il blues acido di Gong Song ha invece dei rimandi alla baia di San Francisco. Poi ci sono i primi interessanti abbozzi di free form con Princess Dreaming e di viaggio cosmico: Cos you got green hair, che saranno le chiavi di volta dei lavori successivi. Nel 1971 il solo Daevid Allen, con una parte dei suoi amici di avventura e Robert Wyatt, Nick Evans e Pip Pyle, realizzerà “Banana Moon”, unico esperimento vicino al rock ruvido realizzato da Allen: per l’occasione verranno riesumate dalle esperienze passate dei Wilde Flowers canzoni come l’hopperiana Memories e Fred the fish dal periodo del Daevid Allen Trio (precedente alla formazione dei Soft Machine e formato da Allen, Hugh Hopper e Wyatt cui si aggiungerà anche Mike Ratledge).
Nel 1971 la seconda prova dei Gong è senz’altro più amalgamata e matura: “Camembert Electrique” (BYG). Sono indubbi i progressi sul fronte compositivo e musicale e l’attitudine psico-progressiva che inizia a delinearsi in brani come You can’t kill me e nella trasognata Tropical fish/Selene. Poi la curiosa commistione di articolazioni jazzistiche, trasfigurazioni freak ed un roboante quanto goliardico ambiente anarchico e sballato, condiscono l’album di un’atmosfera psichedelica veramente gradevole e originale. Pip Pyle alla batteria, ancor prima di affrontare le ritmiche complesse di National Health ed Hatfield and the North, darà prova della sua proverbiale precisione in brani come Dinamite/I Am your Animal.
Nello stesso anno tra tour, uscite discografiche e colonne sonore (“Continental Circus” di Jerome Laperrousaz) (What Do you Want?) è da segnalare sicuramente il progetto "Obsolete" (Shandar) (Cielo Drive) che si lega allo scrittore underground parigino Dashiell Hedayat, cui partecipano Allen, Malherbe, Pyle, Gilli Smith, lo scrittore (ritrovato) William Burroughs e il figlio di Wyatt, Sam. In concomitanza con il fervore di un indiscusso successo commerciale per la band di Allen, inizia la crisi della loro casa discografica, la BYG: quindi subentrerà la Virgin ma senza una definitiva chiusura contrattuale con la precedente etichetta, ne conseguiranno intrigate battaglie legali per il controllo delle royalties.
Non solo, il baricentro geografico della band sarà ora decisamente riportato sotto l’asse britannico. Sarà Giorgio Gomelsky (Yardbirds ...) il produttore del loro capolavoro “Flying teapot” (Virgin/BYG 1973). Lo stesso Gomelsky che anni prima aveva tenuto nascosti una serie di demo dei primi Soft Machine con Daevid Allen, resi poi pubblici come demo Gomelsky in modo del tutto autonomo nel 1971. In questa fase entreranno nell’organico il chitarrista Steve Hillage (che aveva suonato per i Khan, gli Egg e Kevin Ayers), il bassista dei francesi Magma Francis Moze e il batterista Charles Hayward (anch’esso di nobili militanze - tra le quali This Heat). "Radio Gnome Invisibile part I", sottotitolo di Flying Teapot, è la prima parte di una trilogia enigmatica quanto eclettica e allucinata che ha un bizzarro tema monografico come epicentro: il pianeta Gong, popolato da strani ometti verdi chiamati Pot head Pixies che volano su un’astronave ‘teiera’, appunto la Flying teapot, e che comunicano attraverso una radio pirata telepatica ‘Radio Gnome’. Un viaggio lisergico, visionario quanto conturbante, che sembra coinvolgere con la stessa intensità tutta la band di Allen, tutti si immedesimano in questa parodia surreale popolata da personaggi incredibilmente originali: il Grande Yogi Banana Amanda, i grandi Saggi, i sapienti GooRoos o dottori dell’Ottava, Zero the hero, la maga Yoni. Una fuga dalla realtà collettiva e certamente indotta dall’uso di sostanze psicotrope ma con la potenza straordinaria di saper dirottare un affresco mentale e un ideale parallelo verso una sfera percettiva di pura arte. Radio Gnome Invisibile si ripartisce in più episodi, da una simil-polka iniziale ad una progressione di accordi che sfociano in una melodia orientaleggiante e poi in un ponte (il famoso mantra banana-nirvana-manana) che finisce per dilagare in un vuoto spazializzato di sintetizzatore. Flying teapot ha una forma-canzone assimilabile ad una suite, con un funk lunare tessuto dal basso che va ad intrecciarsi con il declamato di Allen fino a raggiungere un’armonia calibratissima tra base ritmica, trame jazzistiche e sovrapposizioni. In questo lavoro l’inserimento dei sintetizzatori di Tim Blake riesce a produrre una dilatazione dello spazio che gioca un ruolo chiave nella creazione armonica e nelle fasi di riempimento, più che sul piano esclusivamente timbrico: viene usato l’effetto sfumatura a mò di cambiamento delle prospettive ambientali e tutto questo è sicuramente caratterizzante del suono Gong. Brani come The Octave doctors & the Cristal Machine sono interamente costruiti sulla piattaforma tecnologica messa in piedi da Blake e assolutamente innovativa per l’epoca.
Nel 1973 esce “Angel’s Egg” (Virgin): la crescita musicale del gruppo è al suo apice, Daevid Allen mette a punto la sua tecnica chitarristica di glissato mutuata da pionieri del calibro di Syd Barrett e Gilli Smyth riprende con più enfasi gli space whispers in parte già presenti in lavori come Camembert Electrique che diverranno una caratteristica distintiva del marchio Gong. La forza di questo lavoro è la grande capacità di controllo e l’equilibrio raffinatissimo che riesce a fondere in un enseble ipnotico e trascinante una quantità immane di suoni e commistioni. L'assenza di virtuosismo fine a sè stesso é totale e ciascun membro riesce a dare alla scatola musicale della confezione finale i suoi curati contributi stilistici Other side of the sky è un esempio sublime di unione tra tappeti sintetici, sussurri filtrati e chitarre acide, un misticismo pop esclusivo (hare hare supermarket). Poi c’è il solido ma non piatto blues-rock di Sold to the highest Buddha in cui spicca il sax soprano di Malherbe e il Prostitute Poem con i languidi e allusivi mugolii della Smyth. Altro momento di folle convivialità post- bevuta è la ballata Givin’ my luv’ to you e il siparietto di I never glid bifore che cita Teeth dal 4 dei Soft Machine. Nel terzo episodio della trilogia, “You” (1974, Virgin), alcuni equilibri vengono meno, si segnala l’evergreen Magic mother Invocation/Master Builder e la trama ironica di A PHP’s Advice. In You-Gong is one and one is you- la dose di elettronica è forse eccessiva ed il rischioso accostamento di eclettismo e poliedricità non porta ai precedenti esiti positivi. Inoltre subito dopo l’uscita del disco iniziano degli scismi incontrovertibili che porteranno addirittura al ripudio del leader Daevid Allen. Da qui una serie di alternanze e cambi formativi che semplicemente si aggrapperanno alla scenografia del nome Gong ma che porteranno ad orizzonti jazz-rock vaghi e dispersivi, senza più scalpori e colpi di genio.

Senza Daevid Allen: 1976 - 1991
Il primo disco senza Allen è “Shamal” (1976, Virgin) prodotto da Nick Mason, seguirà “Gazeuse!” nel ’77 ed “Espresso II” nel ’78. Le vendite andranno bene ma il mondo degli gnometti verdi svanirà per lasciare spazio ad un manifesto progressivo piuttosto sbiadito, con richiami alla fusion dei Soft Machine e alle aperture melodiche dei Caravan, più alcune incursioni dal sapore andino e sciamanico non sempre ben amalgamate, volute dalla visione estetica di Malherbe. Lavori che risultano freddi e macchinosi e che lasciano il sapore di qualcosa di già esplorato e artificiosamente ritoccato come puro esercizio di tecnica strumentale. Agli inizi degli anni ’80 prolifereranno una serie di progetti paralleli additabili a qualche ex membro del gruppo che si riallaccerà al nome Gong nelle maniere più fantasiose: Planet Gong, New York Gong, Gongmaison, Mothergong, Acidmothergong.

Il ritorno di Daevid Allen e della cosmogonia Gong: 1992 - 2011
Nel 1992 però arriva “Shapeshifter” (Celluloid) che rimette in pista Allen, Pip Pyle e Didier Malherbe e inaugura un lungo tour americano. Nel 2000 con “Zero to Infinity” (Snapper Music) si è avuto il rientro di Gilly Smyth e la musica ha ritrovato i vecchi fasti dei primi tempi. Gli episodi: The invisible temple e Infinitea sono caratterizzati da tocchi ambient e spirituali molto ben armonizzati. Nel 2009 con “2032” (A-wave) è arrivata addirittura la quarta saga di Radio Gnome ed i PHP e le loro teiere volanti hanno letteralmente invaso il pianeta Terra in concomitanza con un enigmatico allineamento astrale. Steve Hillage rientra nella band e l’album è fresco, attuale, ricco di humor e idee a profusione. In We come from an Alien Nation to the city of self fascination avviene l'incontro ravvicinato tra Pixies e terrestri, poi c'è How to stay alive accompagnato da un video di animazione davvero geniale. In Dance with the pixies l'ugola di Allen si cimenta con un mystic rap davvero sorprendente. Poi la grandezza di Hillage emerge in Escape Control delate che omaggia i Neu! Ascoltando questo album è inevitabile non pensare alla zampata di un leone finalmente risvegliatosi dopo una ferita. E che dire poi dell'energia punk che Allen tira fuori da Wacky Baccy Banker, come a dire: credevate fossi un vecchio hippy eclissato ma ora ve la suono io? Dal vivo lo spettacolo è trascinante ed emozionante, uno dei pochissimi casi di retroattività temporale perfettamente riusciti. Ce ne hanno dato un godibilissimo assaggio nelle tappe italiane del tour del 2010 a cui ho avuto il privilegio di assistere. Un’emozione senza eguali di pieno coinvolgimento. Due giovanissimi ultrasettantenni, un sassofonista e un chitarrista dai trascorsi "da sballo" che sul palco esibiscono una forma invidiabile e che si "sballano" di sano e mai sopito divertimento per ciò che da oltre quarant'anni amano fare con un entusiasmo senza fine. A dimostrazione di come a certa musica appartiene il segreto dell'eterna giovinezza. E c'è da giurarci che gli omini verdi torneranno ancora a stupirci, guidati dal loro inossidabile guru, l'eroe mago che custodisce il segreto del sapersi reinventare sempre.
Romina Baldoni

Daevid Allen Interview
GongScaruffi

discography:1967 - 1969: Je ne fume pas des bananes, demo registrati come Bananamoon band, Gong e Daevid Allen pubblicati nel 1993 da Legend Music (LM9013)
1969: Garçon Ou Fille, unico 45 giri dei Gong da Byg Records (129 021)
1969: Magick brother, mystic sister, 
BYG Actuel Records (529.305)
1970: Camembert Eclectique, demo e prove pubblicate come Gong nel 1995 da Gas records (GAS1CD)
1971: Bananamoon (inizialmente accreditato ai Gong ma in seguito a Daevid Allen), BYG Records (529 345)
1971: Continental Circus, Philips (6332 033)
1971: Camembert Electrique, BYG Actuel Records (529.353)
1973: Flying Teapot (Radio Gnome Invisible part 1), Virgin (V2002)
1973: Angel's Egg (Radio Gnome Invisible part 2) Virgin (V2007)
1974: You (Radio Gnome Invisible part 3) Virgin (V2019)
1974: Live at Sheffield (live)
1976: Shamal Virgin (V2046)
1977: Floating anarchy live 1977 (Charly) (live)
1977: Gong est Mort (live)
1977: Live Etc... (live)
1980: New York Gong
1988: The mistery and history of planet Gong (inediti)
1989: Gong Maison
1990: Live on TV (Demon)
1992: Shapeshifter (Celluloid) (Radio Gnome part 4)
1995: 25th birthday party (Voiceprint) (live)
1998: Family jewels
2000: Zero to infinity (Snapper Music Group)
2000: Live 2 infinitea (Snapper Music Group)
2004: Acid Motherhood (Voiceprint)
2009: 2032 (G-Wave)

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti a Romina per questo articolo!Davvero intenso e dettagliato, che dà luce ad un gruppo misconosciuto che merita di essere (ri)ssoperto da quanti più appasionati è possibile!
Vincenzo

Anonimo ha detto...

Romina, ma che bella cronistoria! Sei davero GRANDE! Un abbraccio, un bacione e un grande BRAVA!!!!! Sono fiero di te!
Mario

Anonimo ha detto...

piu' completo non si puo'
un vero trip!!!!
(marcxramone)

aldo ha detto...

A me son sempre piaciuti i primi Gong per via del loro mondo surreale, quelle teiere volanti e i pot-headed pixies...una specie di pianeta alternativo popolato da essere immaginari, come perdersi in un cartone animato psichedelico...io mi perderei volentieri!
Vorrei solamente ricordare che Daevid appare sul 45 di debutto dei SOFT MACHINE, e giá intorno al 1977 si pubblicó una raccolta (stupenda) di demos di dieci anni prima registrati dai Softs per Giorgio Gomelski. Un disco ristampato tante volte, normalmente conosciuto come Jet-Propelled Photographs.
Time for some Tea, ciao!

aldo ha detto...

Scusate, i Demos con i Softs li cita Romina che giustamente indica il 1971, quando vennero pubblicati in Francia col titolo Rock Generation nei volumi 7 e 8, una serie interessantissima con Yardbirds, Animals ed altri. Poi la Charly inizió a pubblicare piú tardi quel catalogo. Nel caso dei Softs a partire dal 1977 col titolo At the Beginning, poi varie volte come Jet-Propelled Photographs...per chi non lo conosce e volesse scoprirlo.

Anonimo ha detto...

Ricardo Martillos says:
Articolo davvero molto ma molto ben fatto, l'unica nota stonata è il link finale a scaruffi ma perdoniamo questa piccola pecca vista l'alta qualità del tutto..

Anonimo ha detto...

Come sempre eccezionale e molto particolareggiata la tua recensione che dalle origini arriva ai giorni nostri... fino allo splendido concerto dei Gong visto insieme a Villa Ada lo scorso anno!!! Personalmente questo genere io l'ho vissuto quasi sempre ai margini e forse più per la curiosità dei suoi personaggi che per l'aspetto musicale, in quanto nato musicalmente nel pieno hard-rock dei Deep Purple, Led Zeppelin.... ecc. ecc. e tu lo sai che sei la mia musa ispiratrice di questo genere avendomi fatto conoscere ed apprezzare gruppi di cui nemmeno non ne conoscevo l'esistenza. Grazie di esistere... Umby

Anonimo ha detto...

Complimenti gran bella recensione

Anonimo ha detto...

OTTIMA RECENSIONE!!! PIACEVOLE, SCORREVOLE E PRECISA.