The Kaams
Mentre nuove uscite di questa cosmopolita etichetta nostrana sono già alle porte continuiamo a goderci "Choose Your Coffin!" questo pezzo di vinile uscito nella seconda metà 2010 contenente quattro brani divisi equamente tra due bands italiane: i brianzoli The Kaams ed i milanesi The Monolithics. Stiamo parlando naturalmente di garage e di quello più killer, soprattutto per quanto riguarda The Kaams, un trio esplosivo che non si perde in salamelecchi: sferra con So Bad (titolo significativo) un autentico pugno nello stomaco dell’ascoltatore sfregiandolo con sadica sporcizia. Carmi, il lead
vocal potrebbe essere assolutamente scambiato peril front-man di una qualsiasi noise-garage band americana targata Estrus o In The Red, e questo la dice lunga su quanto sia cresciuto qualitativamente questo genere in Italia negli ultimi anni pur restando fondamentalmente di nicchia.
Carmi oltre ad essere il cattivissimo chitarrista dei Kaams suona anche l’armonica: ci fa sentire cosa diavolo riesce a fare con i due strumenti nel secondo brano Why Don’t You Love Me Anymore?, una sfrontata zompettante track Chicago blues-garage che sembra una cover ‘inacidita’ uscita da “Gloria”, il primo album degli Shadows Of Knight.
The Monolithics
Il primo brano dei Monolithics Head Or Tail demanda invece all’organo criptico di Johnny Mago l’assumere un ruolo fondamentale nel climax morboso che si respira in questi solchi. E’ il coté più sotterraneo dell’etica garage ad essere scomodato qui, quello che affonda le radici negli oscuri Music Machine di Sean Bonivell di nero vestiti. Daelectro, chitarrista e lead vocal della band sa blandire in Head Or Trail con ambigua ed insidiosa dolcezza, sino a servirci un inciso fascinoso ed avvolgente che si insinua nelle sinapsi. Più aggressivi The Monolithics appaiono invece nel secondo brano Take The Time You Need, una più ortodossa garage song che ci serve l’altro volto della band milanese. Siamo a questo punto morbosamente curiosi di ascoltare un saggio più articolato delle capacità di queste due bands italiane; un plauso ancora una volta va alla Boss Hoss Records augurandoci continui questa lodevole esplorazione degli anfratti più nascosti della scena garage nostrana.
Wally Boffoli
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