lunedì 11 luglio 2011

LIVE REPORT - “The Flowers” (2 Luglio 2011, Parkway Bikers Rock’n’Roll Café, Bari)

Il 2 luglio ho ascoltato musica dal vivo in un locale barese piuttosto originale, il Parkway Bikers Rock’n’Roll Café, roba da motociclisti nostrani, pacifici, non come quelli del nord Europa (tralascio l'America violenta per antonomasia), a parte l'apparenza: dunque, tutto tranquillo. Come concordato ci ritrovo amici che non vedevo da quarant'anni o poco meno. La mia sola aspettativa era di passare una serata in compagnia di persone che avevo conosciuto quando Bari, grazie a tutti noi, si apriva ad una musica "diversa".



Ad esibirsi The Flowers, nome leggendario della realtà barese di quegli anni, sigla ripresa nel terzo millennio da due quarti della formazione originale, Ninni Pirris alle chitarre/vocals e Ciro Neglia alla batteria/vocals; a completare la line-up Roberto Andreini al basso e Pasquale ‘Wally’ Boffoli, lead vocals/harmonicas/tambourine, lo scatenato ed offensivo front-man. Hanno proposto un repertorio cult, tutti assolutamente dei classici, spaziando dagli Steppenwolf agli Animals, da Jimi Hendrix ai Canned Heat, dai Rolling Stones a David Bowie, passando per inni immortali del blues urbano come Mannish Boy (proposta nella versione ‘live’ degli Stones contenuta in “Love You Live”), tutta roba forte insomma. Ero in compagnia di mia moglie, convinto di assistere all'ennesima riunione di reduci. Non è stato così: ho fatto un salto indietro di 40 anni e sono ancora sorpreso di esserne tornato illeso; ballavo sulla sedia come quando avevo vent'anni e, soprattutto, cantavo a squarciagola, come se sul palco fossi tornato io dopo tanto tempo. The Flowers hanno dimostrato una conoscenza direi ‘capillare’ dei classici proposti, dall’inno biker per eccellenza Born To Be Wild a Fire, Red House ed Angel dello stregone elettrico Jimi Hendrix, da Jumpin’ Jack Flash a We’ve gotta get out of this place degli Animals, a Rebel Rebel di David Bowie: non li hanno eseguiti però pedissequamente, li hanno stravolti quanto basta (non poco!) per adattarli ai nostri giorni, pur non tradendone lo spirito originale. Un’operazione se vogliamo ‘culturale’, assolutamente avulsa dalla realtà deleteria delle tribute-bands che appestano il globo, con la finalità di affermare la grande plasmabilità del materiale rock ’60 e ’70 ed implicitamente la sua immortalità, il suo sfuggire la deprecabile etica musicale capitalistica dell’ ‘usa e getta’ che, pur vecchia di decadi, governa ancora incontrastata i nostri giorni. Ma The Flowers hanno eseguito, seguendo un ideale fil rouge contenutistico, anche grandi brani di artisti internazionali più recenti, da Is She Really Going Out With Him del giovane Joe Jackson a Has My Fire Really Gone out? del modfather Paul Weller, da Lip Service di un ruspante Elvis Costello anni ’70 all’accorata ballata Mary Jane Last Dance di Tom Petty. Ciliegine sulla torta due elettrizzanti inni degli indimenticabili pub-rockers Dr.Feelgood (quelli dell’alcool-affected Lee Brilleaux), Route 66 e Going Back Home. Il tutto ‘brillantemente’ ed ‘anfetaminicamente’ servito su un piatto d’argento da tre ultra-cinquantenni ed un cucciolo quarantenne che suonano insieme ormai da una vita, che non si rassegnano (a vantaggio delle nuovissime generazioni) a hobby più consoni alla loro età, come infilare mini-velieri in bottiglia o lasciarsi introdurre agli irresistibili segreti del burraco. Vogliamo fargliene un colpa? Beh allora dovremmo mettere sotto torchio ed additare al pubblico ludibrio anche i quasi settantenni Jagger-Richards-Wood-Watts che hanno annunciato un’ennesima volta il loro ritiro dalle scene a cui nessuno crede, John Lee Hooker che ha suonato sino all’ultimo minuto dei suoi 84 anni, Lightnin’ Hopkins (solo 70) etc... La verità è che gli stessi Roger Daltrey e Pete Townshend quando scrissero la seminale frase ‘..hope i die before i get old!’ non sospettavano di essere in preda solo a febbricitanti vittimismi giovanili, e che avrebbero fatto ancora parte da ultra-sessantenni del baraccone rock.

'60 -'70: tra Olanda ed Italia
Sulla scia dell’incredibile adrenalina sprigionata dal concerto dei FLOWERS mi sono ritrovato anch'io inesorabilmente vittima dei miei ancestrali ricordi sixties-seventies: mi è tornato in mente quando, nei primi anni settanta, ancora alla ricerca del mio divenire, e reduce da esperienze in Svezia, Danimarca e Olanda, pensai di aprire a Bari un locale dove fosse possibile suonare dal vivo e fare ascoltare ogni sabato sera folk, gruppi blues o altro. Mi rivolsi lì dove ero solito suonare i miei primi concerti, lì dove esibivo le mie composizioni insieme ad altri amici: il teatro Abeliano. Volevamo destinarne una parte (parlo della prima sede) a bar, tavoli e palco per i musicisti, lasciando il resto alla sua destinazione originaria di teatro. A seguito di quelle esperienze, che attiravano comunque un pubblico pagante, decidemmo di aprire il primo Pub a Bari con musica dal vivo. O meglio questo l'avevo deciso io, tant'è che dopo essermi fatto prestare un milione da papà, aver collaborato ad erigere muri e tinteggiato pareti, dovetti recedere a fronte dell'esigenza della maggioranza dei soci (2 su 3) di trasformare il tutto in discoteca. Ero totalmente avvilito. Il nome me lo ricordo ma non lo faccio. La cosa ebbe un banale e lento declivio com'era logico, io trovai un lavoro, come si dice, serio, ma la musica dal vivo nei locali, nelle fredde sere invernali rimase per me solo il ricordo di bellissimi bar ad Amsterdam o a Goteborg, dove bere chianti era come bere champagne, mentre stringevo la mano della mia compagna ascoltando cantare Bob Dylan dal vivo. Ciò che ho inteso dire è che nei ’60 -’70 come nel 20000 solo l'emozione che ti dà il sudore, l'odore, la grinta, la fatica, la tenacia, la forza, la potenza di chi, standoti innanzi si propone, non come una mera replica, ma come sangue e carne e voce, per quanto imperfetta, non sarà mai la stessa cosa di una "linda" riproduzione su CD.
Ettore Barulli (con la consulenza di Wally Boffoli)

Foto di Maurizio Pansini - Artwork di Ciro Neglia

The Flowers

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