martedì 14 dicembre 2010

The Golden Age of THE KINKS - Parte Seconda: 1967-1969

The Golden Age of THE KINKS - Parte Prima: 1964-1966

1967
Il 33 giri "Something Else" del 1967 è pieno di queste mini storie: la deliziosa Two Sisters è sulla vita parallela di due sorelle, una sposata e madre, l'altra una tipica teenager dell'epoca; Death of a Clown, grande successo personale di Dave, sul tramonto di un vecchio clown, Situation Vacant sulla nefasta influenza delle suocere nella vita di coppia, Waterloo Sunset (votata 35 anni dopo fra i 5 migliori singoli britannici di sempre) cattura la tipica atmosfera londinese di Waterloo Bridge al tramonto, con i suoi colori e gli sciami di persone che si affrettano nella metropolitana.
Il raffinato pop descrittivo dei Kinks inizia però a palesare, pur in tutto il suo magnifico splendore, una mancanza di sintonia con i tempi e l'evoluzione musicale: la Summer of Love del 1967 catapulta tutto in un mondo fatto di LSD, visioni, funghi magici e suoni da essi ispirati e votati all'ampliamento delle coscienze. Il suono delle chitarre dopo la rivoluzione Hendrixiana e di Clapton, Beck, Page, Townshend, si fa iperdistorto e spaziale, gli assoli chilometrici, i festivals-happenings si moltiplicano ovunque e i testi cantano di rivolta o di esperienze mistiche e legate alle droghe o di amore come panacea universale. Essere banditi dagli USA che sono sempre di più il centro del mondo musicale e del mercato, è un handicap pesantissimo per i 4 di Muswell Hill.
In una scena musicale in cui il 33 giri ha ormai soppiantato il 45 giri come mezzo di espressione per i nuovi gruppi Rock psichedelici, i Kinks tentano di restare a galla con singoli e splendide canzoni.

1968
Mentre Autumn  (dicembre 1967) centra il bersaglio, Wonderboy e la magnifica Days (maggio 1968) non vendono granché. Stesso destino attende il grande capolavoro della band negli anni '60: oggi sembra incredibile dopo tutti gli onori e i riconoscimenti
tributatigli negli ultimi anni e le varie riedizioni in multipli box-set, ma "The Kinks Are the Village Green Preservation Society", album del 1968, fu accolto con freddezza, quasi ignorato dal pubblico e vide la luce in forma assai rimaneggiata dal deluso Ray, stanco delle continue lotte con la cecità dei discografici che si rifiutarono di pubblicare il disco in forma di doppio album.
Village Green è pieno di stupende canzoni e originali arrangiamenti ed è incentrato sul tema della nostalgia per le radici britanniche, atmosfere e tradizioni ormai intaccate dal modernismo dell'americanizzazione imperante. Ma i tempi non potevano essere più inadatti per una simile proposta: nel 1968 il motto era Revolution, non Preservation; Free Love, non Virginity; Action, non Observation. E' tuttavia un peccato che episodi musicali così perfetti non abbiano avuto all'epoca il giusto riconoscimento: si va dal pop-rock di Starstruck, Johnny Thunders, Village Green, al quasi hard-rock di Big Sky, Wicked Annabella alla delicatezza acustica di Sitting by the Riverside, Phenomenal Cat, al Calypso di Monica, al blues di Last of the Steam Powered Train.
Questo album segna anche l'ultima incisione dei Kinks nella formazione originaria: il bassista Peter Quaife abbandona, stanco della formula che lo costringeva ad un ruolo marginale e al suo posto arriva John Dalton, ottimo sostituto, già nel 1966 collaboratore della band.

1969
Ray Davies si rimise subito al lavoro e dopo qualche mese la sua predisposizione narrativa sfocerà in un progetto piuttosto ambizioso: un film per la televisione e un album che ne racconta in musica la trama. Ben prima che gli Who pubblicassero la pluricelebrata opera rock "Tommy", la mente di Ray partorisce "Arthur, the Decline and Fall of the British Empire", ennesimo capolavoro musicale, ispirato dalle reminiscenze infantili del cognato Arthur, uomo profondamente disilluso dalla situazione post-bellica inglese e persuaso ad emigrare in Australia, la nuova terra promessa.
Partendo dal personale la storia punta il dito sui malesseri della società britannica, attraverso la vicenda di un uomo qualunque colto a riflettere sul passato, sulle scelte fatte sul lasciarsi vivere e sulla mancanza di prospettive future. I tipici valori come patria, famiglia, benessere, vita tranquilla, onore militare, sono messi in discussione in una serie di canzoni permeate, stavolta, da un maturo disincanto e da un a presa di coscienza della assurdità e vacuità di certi credo così radicati nelle vecchie generazioni. Ma l'atteggiamento di Ray verso questo tipo d'uomo travolto dall'educazione e mentalità inculcategli è di comprensione e compassione più che di aspra e assoluta condanna.
Musicalmente il disco è forse il migliore realizzato fino ad ora dalla band.
La qualità eccelsa del songwriting, la ricchezza e la geniale trama degli arrangiamenti sono pari e a volte superiori a certe opere beatlesiane. Con molta discrezione e incisività fanno la loro comparsa i fiati, ma il sound rimane fondamentalmente chitarristico con frequenti interventi delle tastiere.
La produzione suona finalmente più moderna e potente, è un vero album rock più che di pop music.
Le tematiche, come detto, vanno dal duro antimilitarismo di Yes Sir, No Sir, Some Mother's Son, Mr.Churchill Says alle riflessioni sulla caduta dell'impero di Victoria, e Brainwashed, ai valori piccolo borghesi in Shan-gri-la, all'idealizzazione del passato in Young Innocent Days, fino alla conclusiva dichiarazione di solidarietà con tutti gli "Arthur" del mondo del brano omonimo.
L'uscita del disco nell'autunno del 1969 coincise con il rientro in tournee sulle scene americane terminato il bando quinquennale per i Kinks. Dopo un rilancio del gruppo ad opera dei discografici americani i Kinks fecero da supporto agli Who in alcune date iniziali e, dato che Arthur era uscito in America 6 mesi dopo Tommy, Ray si sentì accusare dalla miope critica americana di scopiazzare le idee di coloro che in più di un'occasione (come spesso ammesso da Pete Townshend) erano stati così ispirati dalle sue intuizioni musicali.
Le tematiche troppo sottili e l'approccio così maturo alle problematiche presenti nel disco risultarono, ancora una volta, non in sintonia con un'epoca storica in cui le vecchie generazioni dovevano essere spazzate via in nome della rivoluzione, non comprese e compatite.
"Arthur" non andò oltre il 92esimo posto nelle chart americane e i tre singoli estratti dall'album fecero poco meglio.
Nel 1969 infine uscì per la Golden Hour un'ottima raccolta dei Kinks riferentesi al periodo 1964-1969, "The Golden Hour of The Kinks", ripubblicata nel 1971 dalla Pye Rec.Questi aurei sei anni sono celebrati anche nel doppio cd "Kinks BBC Sessions 1964-1977", molto interessante, uscito nel 2001 per la Castle Music.
Gli anni Sessanta di chiusero così in modo artisticamente eccellente ed integro per uno dei gruppi più creativi e originali del decennio, ma certamente la scarsa considerazione del pubblico verso il tentativo di emanciparsi dal mercato dei singoli, dovette essere piuttosto frustrante per la delicata sensibilità di Ray Davies, consapevole di essere in uno stato di grazia creativa non compreso.
Il decennio successivo avrebbe riservato ai Kinks altri problemi, altre tensioni, altre ispirazioni, altra grandissima musica e finalmente, la meritata conquista del mercato americano.
Andrea Angelini
UnOfficial Kinks Website

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