venerdì 4 febbraio 2011

QUATTRO GRANDI DISCHI DALL' ARCIPELAGO ROCK ITALIANO ANNI '70: Claudio Rocchi, Alan Sorrenti, Franco Battiato, Juri Camisasca

CLAUDIO ROCCHI: "Volo magico n. 1" (1971, Ariston)
ALAN SORRENTI: "Aria" (1972, Harvest)
FRANCO BATTIATO "Sulle corde di Aries" (1973, Bla Bla)
JURI CAMISASCA: "La finestra dentro" (1974, Bla Bla)


Intro
Quella che vi racconto è una bella favola dell'epoca d'oro del Rock Italico, in piena epoca Progressive, con milioni di appassionati che ascoltano Genesis, VDGG, Gentle Giant, Yes e naturalmente Pink Floyd, quelli dei primi anni '70, di "Atom Heart Mother" e "Meddle" per intenderci. Tra i tanti personaggi che hanno segnato questa magica era italiana anni '70, quattro a mio avviso hanno lasciato il segno più di altri, chi più chi meno: Claudio Rocchi, Alan Sorrenti, Franco Battiato e Juri Camisasca.
Bisogna sottolineare come le carriere dei 4 hanno preso direzioni future assai differenti e il solo Battiato ha avuto negli anni il riconoscimento che merita: tutt'ora regolarmente pubblica uno se non due dischi all'anno, mentre gli altri si sono persi in carriere solistiche non proprio entusiasmanti, Alan Sorrenti in particolare. Qui voglio parlarvi di 4 dischi: sì dischi, mi piace chiamarli così perchè sono un vinile-dipendente e perché questi album hanno splendide confezioni nelle loro edizioni originali.

CLAUDIO ROCCHI, "Volo magico n. 1" (1971)
Dopo l'eccellente album d'esordio "Viaggio" del 1970 il milanese Claudio Rocchi pubblica l'anno seguente il suo disco capolavoro, il magnifico "Volo magico n. 1", uno dei dischi cantautoriali più intensi ed emozionanti di tutto il panorama rock nostrano. Avvalendosi di una band con i controcazzi, tra cui Alberto Camerini (chitarre), Donatella Bardi (voce) e Ricky Belloni (chitarre, voci) Claudio mette su un
disco stupendo con soli 4 brani; anche qui presente una lunga suite, cosa molto frequente in tempi di progressive rock. La copertina del disco originale, molto bella, ha un apertura a finestra di un muro ed una bella foto di Claudio Rocchi sul retro. La title track Volo magico n. 1 parte I" (18:33) apre in maniera straordinaria l'album, chitarre acustiche e belle percussioni di Lorenzo Vassallo introducono la bella voce di Claudio "Mente, cuore, mani, occhi, braccia, bocca, gambe, nome"
Poi "C'e' sempre tempo per cantare, il cielo, l'acqua, un corpo, tutti; poi puoi andare dove vuoi, poi puoi essere come vuoi, poi puoi stare con chi vuoi, poi puoi prendere o lasciare, poi puoi scegliere di dare" davvero bellissimi versi.
Pianoforte in sottofondo e cori celestiali, qualcuno adesso lo chiamerebbe
folk-psichedelico, e chitarre di Camerini e Belloni in un crescendo fantastico che porta a conclusione questa suite capolavoro (Volo Magico n. 1 parte 2). Il secondo lato si apre con la canzone forse più nota di Rocchi, la bellissima e intimistica La realtà non esiste (2:11), il pianoforte magico di Eugenio Pezza poi la voce di Claudio fa la differenza: "Quando stai mangiando una mela tu e la mela siete parti di Dio, quando pensi a Dio sei una parte di ogni parte e niente e' fuori da tutto" per poi concludere quasi con un invocazione "Quando gridi la realta'non esiste hai deciso di essere Dio e di creare. Quando chiami tutto questo reale hai trovato tutto dentro ogni cosa".
Davvero una canzone che mi lascia senza fiato tutte le volte che l'ascolto pur nei suoi soli 2 minuti di durata, un gioiello.
Il terzo pezzo è ancora un lunga song Giusto amore (10:59) ed è segnata dalla chitarra 'californiana' di Alberto Camerini, e la voce gentile di Claudio Rocchi.
"Io, io che un giorno sono nato imparando nel respiro la mia vita; poi tu, lei, bimba, magica d' incenso che mi porti dritto in fondo, dritto, fino a me; sole occhi al centro di ogni fronte, quattro simboli segnati, la tua fine no, non e' in te. Dio passa sopra, lo puoi pensare uomo,lo puoi pensare uomo con la faccia di un maestro di saggezza Dio".
Un brano che forse senza volerlo anticipa la svolta mistica del nostro che avverrà a breve. Chiude l'album la dolce nenia di Tutto Quello Che Ho Da Dire (4:06) altra gemma purissima con un testo da ninna nanna psichedelica: "Lascia volare chi vedi sopra di te, lascia che vada a ritrovarti piu' in su, tu qui, che adesso stai cantando".
Sono passati 40 anni dalla pubblicazione di "Volo Magico n. 1" e solo adesso grazie anche alla passione e l'interessamento degli appassionati del genere, oltre alla diffusione facilitata dal web, sta ottenendo finalmente i riconoscimenti che merita.


ALAN SORRENTI, "Aria" (1972)
L'appellativo di Tim Buckley italiano, Alan Sorrenti lo deve principalmente a questo stupefacente disco d'esordio "Aria" (1972), uscito addirittura su etichetta Harvest, quella dei Pink Floyd tanto per citare i più famosi, con una bella copertina apribile tipica della label inglese con Alan Sorrenti in versione viandante. Nel disco Alan si avvale della partecipazione di grandi strumentisti, tra i quali Tony Esposito alle percussioni e il grande Jean-Luc Ponty, dal giro di Frank Zappa fra gli altri.
Il disco si apre alla stessa maniera di quelli di Battiato e Rocchi,con una lunga suite che dà anche il nome al disco Aria (19:45): in questo pezzo in splendida evidenza lo straordinario violino di Ponty ma ovviamente è Alan che fa la differenza, un crescendo vocale straordinario che si dipana lungo i quasi venti minuti di durata del pezzo. Qui davvero non è improprio il paragone col grande Tim Buckley, Shawn Philips, ma anche e soprattutto con Peter Hammill dei Van Der Graaf.
"Aria, in ogni angolo della mia stanza io ti sto cercando Aria, nei labirinti della mia mente io ti sto inseguendo.
Principessa della mia carrozza resta con me,
dormi nella pace di questa sera dentro di me,
bianca la tua pelle, bianca la tua veste, danza, canta per me,  il tuo viso brilla come una candela aprendo la mia finestra nella sera."

Aria ovviamente è il nome di una donna, il nostro sembra rincorrerla per tutto il brano con la voce, qui usata come vero e proprio strumento alla maniera dei grandi improvvisatori free del tempo.Capolavoro!
Cambiando lato si viene colpiti dalla dolcezza della stupenda Vorrei Incontrarti (4:56) un brano intimista con la magica voce di Alan: "Vorrei incontrarti fuori i cancelli di una fabbrica.
Vorrei incontrarti lungo le strade che portano in India
Vorrei incontrarti ma non so cosa farei
Forse di gioia io di colpo piangerei"
Che dire? Commovente!
Seguono due lunghi brani La Mia Mente (7:34) ancora con vocalizzi buckleyani, fiati ed il piano di Albert Prince, che arrangiò anche il disco, e la finale Un Fiume Tranquillo (7:57) aperto da una linea di basso, di Vittorio Nazzaro, che sembra uscito da un disco dei Soft Machine, le tastiere di Albert Prince e la voce di A.S.che si libra altissima: "È solo il fiume di un paese morto,
riporta nel suo letto tranquillo il mio povero scrigno,
un fiume tranquillo che cancella i ricordi, una verde barella
dove un corpo stracciato si dichiara un fallito"

Bella anche la tromba di Andrè Lajdli anche se è sempre Sorrenti che conduce le danze in altro inarrestabile delirio vocale: "Amore ti amo, non voglio dormire, amo la notte con il tuo cuscino amo le sue stelle con il tuo sorriso, amo i fiori del nostro giardino"
"Aria" avrà anche un valido seguito nel seguente "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto"(1973) sempre su Harvest anche se la magia stava già svanendo.


FRANCO BATTIATO "Sulle corde di Aries" (1973)
Dopo due dischi molto sperimentali come "Fetus"(1972) e "Pollution" (1973) ancora acerbi e nonostante tutto molto belli e molto avanti rispetto alla scena nazionale, Franco Battiato nello stesso anno dà alle stampe per l'etichetta di culto Bla Bla, il suo capolavoro, "Sulle corde di Aries" (1973), contenente 4 brani di cui uno, la suite Sequenze e frequenze Part 1, Part 2 occupa l'intera prima facciata. In questo disco l'artista siciliano giunge a piena maturazione, citando a piene mani i maestri della musica contemporanea che tanto ama, da John Cage, Stockausen, passando per Terry Riley e con frequenti richiami al Kraut Rock.
"Aries" si apre con la suite Sequenze e frequenze (16:22), suoni sinistri da film dell'orrore spiazzano inizialmente l'ascoltatore, poi subentra come per magia il bellissimo refrain del brano con il piano VCS3 modificato in evidenza e la voce di Franco che canta:
"La maestra in estate ci dava ripetizioni nel suo cortile. Io stavo sempre seduto sopra un muretto a guardare il mare. Ogni tanto passava una nave. Ogni tanto passava una nave".
Dopo entrano le tablas dentro un mare di sintetizzatori vorticanti molto rileyani che portano il brano alla sua lunga conclusione.
Il secondo lato si apre con Aries (5:27), nome dettato sembra dal segno zodiacale di Franco, ariete appunto; ancora suoni percussivi e soffici tastiere e un bell'assolo molto free jazz di Gianni Bedori, recentemente scomparso nel 2005 a 74 anni. Il brano che segue è sicuramente il capolavoro del disco, la bellissima Aria di rivoluzione (5:02), uno delle perle più scintillanti del rock italico di sempre.
Un breve giro di synth introduce l'etereo canto di Battiato "Quell'autista in Abissinia guidava il camion fino a tardi, e a notte fonda si riunivano. A quel tempo in Europa c'era un'altra guerra e per canzoni solo sirene d'allame."
Quindi lo spettrale recitativo in tedesco di Jutta Nienhaus, cantante degli Analogy, (chi se li ricorda?). "Passa il tempo, sembra che non cambi niente. Questa mia generazione vuole nuovi valori e ho già sentito aria di rivoluzione. Ho già sentito chi andrà alla fucilazione" Un testo che forse sembrerà ingenuo e utopistico a qualcuno(non a me) ma che purtroppo è terribilmente attuale anche in questi nostri(tristi) giorni.
Il disco arriva così a conclusione con Da Oriente ad Occidente (6:33), altro magico pezzo abbastanza simile al precedente con la voce di F.B. che narra "Riduci le stelle in polvere e non invecchierai, mi appare in sogno Venere, tu padre che ne sai?".
Il cantato è qui arricchito da begli effetti di eco e sovrapposizioni, poi suoni di oboe e mandoloncello chiudono alla grande un capolavoro senza tempo.


JURI CAMISASCA "La finestra dentro" (1974)
Personaggio schivo, sempre ai margini della scena nazionale Juri (vero nome Roberto) scuote l'ambiente musicale italiano pubblicando, con l'aiuto dello stesso Franco Battiato lo sconvolgente album "La finestra dentro" ovviamente per la Bla Bla di Franco Massara. Quello che colpisce fin dall'iniziale Un Galantuomo sono la crudezza dei testi,(inclusi nell'edizione originale del vinile):
"Nel mio corpo ci sono delle fognature, tutti quanti le chiamano vene ma dentro ci sono dei topi che corrono, ma dentro ci sono dei topi che corrono. E come un cane che ha le pulci io mi gratto continuamente, mi gratto la schiena mi gratto la pancia."
La voce ha intonazioni particolarissime, frequenti richiami ed echi del Buckley più sperimentale quello di "Lorca" e "Starsailor" per intenderci. Dopo la quasi normale Ho un grande vuoto nella testa molto bella è la seguente Metamorfosi, omaggio kafkiano, in evidenza qui anche le percussioni del grande Lino Capra Vaccina, un altro 'giusto' del giro Battiato:
"Mia madre entra nella stanza ed io salgo sulle pareti, mi nascondo tra i fiori tappezzati per non farmi vedere in questo stato animalesco", con quell' 'animalesco' tirato allo spasimo.
La seguente intensa Scavando col badile, vede il bel piano di Pino Massara e il synth di Battiato oltre al solito testo allucinato:
"C'era un bove seduto all'ombra di un ciliegio che fumava la pipa" e poi "I maiali tritavano la carne umana per fare i salami, le bistecche ed i roastbeef.", semplicemente pazzesco! Il quinto brano John si apre con la magica voce di Juri, con belle chitarre e tastiere 'krautiane' di Battiato:
"Portava le calze d'argento però non luccicavano, ma i capelli biondi lunghi fino ai seni finti gli stavano bene."
Un fiume di luce e Il regno dell'Eden chiudono degnamente questo incredibile album d'esordio di Camisasca, a livello vocale sullo stesso piano di "Aria" di Alan Sorrenti: notevoli spesso le similitudini fra le 2 voci; lavoro purtroppo rimasto senza un seguito immediato a parte altri 2 singoli sempre per la Bla Bla nel 1975, contenenti le inedite La musica muore e Himalaya , visto che Juri interruppe la sua carriera musicale per ritirarsi in convento, prima di riemergere 14 anni dopo con "Te Deum"(1988) ed altri 2 dischi, "Il Carmelo di Echt" (1991) e "Arcano Enigma" (1999)sempre nell'indifferenza generale. Questo disco chiude meravigliosamente un poker di dischi che hanno segnato e marchiato a fuoco una stagione bellissima del rock di casa nostra.
Ricardo Martillos

4 commenti:

Paolo Casiraghi ha detto...

Bravo Ricardo, sono esattamente i 4 dischi di cantautori italiani che meglio rappresentano i primi anni 70, d'altrondi li ho postati tali e quali mesi fa in bacheca da me..che dire? L'articolo e' ottimo, molto esauriente ed appassionante..veramente stupendo!

Unknown ha detto...

Bellissime le recensioni, altrettanto coinvolgenti i ricordi legati alle emozioni regalate da questi autori fulminati da genio e follia. Stessa passione, stessa gratitudine.
Aggiungerei un altro capolavoro di quei tempi che fu Orfeo 9 di Tito Schipa jr e che nel 1973 rappresentò la prima vera opera Rock con la felice fusione di entusiasmo, poesia e talento.

Anonimo ha detto...

Ricardo Martillos: grazie ad entrambi per i vostri complimenti, mi riempiono di gioa e vi dico:
a Paolo: questi 4 erano proprio i dischi come hai ricordato tu che citavamo in un recente post, proprio da quello è nata l'idea di recesnsire e sceglierli, quindi ti do la tua parte di merito per incitarmi.
a Claudio: quando dei dischi ti appassionano come il tuo e gli altri 3 le parole spesso ti vengono giù facili, te ne sai qualcosa, l'altro disco che ahi citato lo conosco ed è molto bello, magari meno conosciuto anche fra gli appassionati del genere, quando avrò un altra occasione non mancherò di recensirlo magari nel 2013 per il 40ennale o forse prima. Grazie per ora di averci regalato una simile perla.

Pasquale ' wally ' Boffoli ha detto...

Di Tito Schipa jr. ed ORFEO 9 abbiamo parlato su MUSIC BOX

http://musicbx.blogspot.com/2010/10/tito-schipa-jr-da-orfeo-9-alle-parole.html

wally