domenica 30 gennaio 2011

MICK COLLINS 2001: DIRTBOMBS and THE SCREWS - The triumph of lo-fi/punk blues and rhythm & blues

Tra qualche giorno la In The Red Records pubblica il nuovo album dei Dirtbombs di Mick Collins, "Party Store". Una buona occasione per tornare a parlare di Mick Collins e di due sue superbe produzioni, a 10 anni esatti dalla loro apparizione, su Music Box, dopo la pubblicazione della bella intervista a Dan Kroha dei Gories realizzata da Crizia Giansalvo in occasione della loro reunion. (wally)


Mick Collins e le sue reincarnazioni
La personalità artistica di Mick Collins é sempre stata più 'black' (sino al midollo) della sua stessa pelle: era chiaro sin dai tempi dei Gories, trio lo-fi di Detroit, che tra il 1986 ed il 1992 ha scritto memorabili - note solo ad un pubblico ristretto di appassionati - pagine di moderno r&b/noise deviato! L'alter-ego di Collins in quel gruppo era il chitarrista bianco Dan Kroha, in seguito punta di diamante ed agitatore delle oscene Demolition Dolls Rods, sempre da Detroit. Entrambi non hanno mai fatto mistero della loro passione viscerale per il blues e il rock&roll delle origini, ma anche per il soul ed il r&b dei '50 e '60, qualsiasi cosa 'puzzasse' insomma di negritudine. Nei loro dischi di quel periodo hanno omaggiato Ellis McDaniels (Crawdad, Hey Bo Diddley), Earl King (Trick Bag), Willie Dixon (Hidden Charms) ma soprattutto il compianto grandissimo John Lee Hooker!
In una bellissima intervista concessa tempo fa alla rivista romana Hate'Zine! Collins e Kroha definirono 'mods' le loro origini artistiche, ma solo nel senso di comuni radici e fisse musicali. Poi Mick Collins nel corso dei '90 ha dato vita a parecchi progetti, più o meno informali, tutti all'insegna di organici provvisori e mutanti: Blacktop, King Sound Quartet, Dirtbombs, Screws. Proprio con questi due ultimi combos Mick Collins uscì (che stagione magnifica!) con un nuovo lavoro (quasi in contemporanea) tra marzo e maggio 2001 per la benemerita garagistica etichetta In The Red di Larry Hardy. Ed è sua eminenza Mick Collins naturalmente a giganteggiare (anche in senso fisico) in entrambi i dischi, attraverso sporche performances traboccanti di calda negritudine.

The Screws, "Shake Your Monkey" (In The Red/2001)
"Shake Your Monkey" è opera intrisa di blues senza ritegno alcuno: con questa band Mick Collins stupisce ancor più che in passato in virtù di una 'Ray Charles' voce cartavetro (Keep On Lovin' Me, In Case You Need Love, gli episodi più marcatamente r&b); profonda e minacciosa in guisa di novello John Lee Hooker: del grandissimo bluesman coverizza qui Shake It Baby, uno dei brani chiave del disco, un boogie infernale! Già in passato con i Gories lo aveva omaggiato a più riprese con Boogie Chillun, Let Your Daddy Ride, Got My Eyes On You, ma qui si arriva ad un'identificazione timbrica e d'intercalare vocale maniacali!
Se pensate che un paio di mesi dopo la pubblicazione di questo disco John Lee Hooker è venuto a mancare converrete che si tratta di una strana coincidenza, ma io voglio intenderlo come un ultimo inconsapevole omaggio da vivo che Mick Collins e più in generale la scena lofi-blues americana ha voluto tributargli. A ben ascoltare, in gran parte di "Shake Your Monkey" aleggia un'asfissiante estetica hookeriana, nei ritmi, nell'ipnoticità dell'intreccio delle chitarre di Collins, Jimmy Hole (ex Necessary Evils) e Terri Whal (ex Red Aunts), ma da non sottovalutare sono i ritmi jungle/Bo Diddley di Strange Things, brano in cui si fa riferimento anche ad Hendrix, e di Ramona Say Yes. Poi ci sono i deliri vocali no-wave di Terri Wahl: The Screws nascono dal suo connubio artistico con Collins, ma non ci aspettavamo certo che la donzella resuscitasse inusitatamente il James Chance d'annata di Flip Your Face dal seminale "No NewYork" con l'ausilio spiritato del sax contorto di Jon Wahl. E che dire dell'implacabile, ossessivo strumentale in accelerazione Story 16 con tanto di armonica 'gemente' di Mick (ne fa largo uso in tutto il disco!) se non tutto il bene possibile? Anche I See You Baby si complica in modo bastardo di chitarre slide, distorte.
E quelle urla sexy di Terri sono irresistibili! La Wahl definisce The Screws una sorta di 'bluesy punk rock band': se il loro esordio "Hate Filled Classics" aveva stupito in quanto ad eclettismo ed abrasività sonora, questa seconda prova imbocca la strada impervia di far coesistere tradizione e schizzata sensibilità punk urbana; la prima é trattata perfidamente sino a perdere i contorni originari in un vizioso incesto con le corrosive sonorità delle Red Aunts di Terri Wahl. The Screws Live In Osaka 1999 Part 1
Part 2

The Dirtbombs, "Ultraglide In Black" (In The Red/2001)
E veniamo ai Dirtbombs, che mancavano all'appuntamento con i loro fan dal 1998 (con Horndog Fest): uno dei gruppi che più ha impegnato Collins nei '90, nato dall'idea pazza di mettere insieme due bassisti e due batteristi. Dirtbombs hanno in organico Jim Diamond all'electronic bass, vecchio collaboratore di Mick, ma soprattutto scafato engineer dei Ghetto Recorder di Detroit dai quali sono passati Red Aunts, Bantam Rooster, André Williams, Dirtys, Compulsive Gamblers, Jon Spencer sino agli Screws per il missaggio di "Shake Your Monkey" (registrato alla Distillery di Mike McHugh, Cosa Mesa/Cal.) ed i Dirtbombs di questo "Ultraglide In Black". Ma Diamond ne è insieme a Collins anche il produttore! Della combriccola fa parte anche Tom Potter, alla fuzz-guitar, ex membro degli incendiari Bantam Roosters. Il lavoro, registrato nel 2000, fu annunciato da Mick Collins come il suo tributo alla Black Music con cui è cresciuto: in un'intervista del '99 rilasciata a Bob Kondrak affermò che le sue radici erano nel soul dei '60 e nel punk dei '70:
"questo è ciò che suono! Io non penso a me come un musicista rock, io penso soprattutto come un'artista r&b. Gli stessi Gories si definivano una r&b band".
E in "Ultraglide In Black" di r&b e soul ce n'è quanto se ne vuole: cover-album, come del resto quello degli Screws, mostra l'altra faccia storica della cultura nera, quella ritmica, attraverso il recupero rabbioso del suono '60 Stax e Motown. Collins non si risparmia cimentandosi con brani di Curtis Mayfield, Marvin Gaye, Smokey Robinson, Stevie Wonder, Sly Stewart, George Clinton.
Ritmi serrati e saturi, con Tom Potter ad elargire pozioni letali di fuzz e Jim Diamond cavernoso e possente bass-man! Il modo in cui Mick Collins ed i Dirtbombs violentano il r&b dei maestri e lo rinvigoriscono con dosi massicce di calor bianco garagistico ricordano moltissimo le 'profanazioni' mai troppo benedette dei primi british-groups indimenticabili come Stones, Pretty Things, Them, Yardbirds. "Ultraglide In Black" è opera godibilissima, soprattutto quando a sporcarsi della voce rauca di Mick è la famosa Livin' For The City di Wonder; perfino la sessuosa Got To Give It Up ci fa vibrare in modo diverso dal suo autore, il grande Marvin Gaye!
I'M Qualified To Satisfy You spinge quasi a cercare i vecchi dischi di Barry White.
The Thing mette a nudo il suono strumentale aggressivo dei Dirtbombs in quello che potrebbe tranquillamente essere un contagioso numero dei Fleshtones, ricordandoci che sono un combo ritmico micidiale. Kung Fu di Curtis Mayfield spiazza con movenze dark così come il ripescaggio inatteso dal sapore english pub-rock Ode To A Black Man dei Thin Lizzy di Phil Lynott.
Collins cavalca in questo album l'onda tumultuosa delle sue variegate ascendenze musicali giovanili: che sia benedetto, perché il suo è un metodo si rivela vitale e devastante! Your Love Belongs Under A Rock, unico brano originale di Collins mette il pepe al posto giusto, come l'energica Underdog di Sly Stewart, I'll Wait di George Clinton, Livin' For The Weekend (assolutamente devastante), Chains Of Love, tutti brani in cui Collins, con fare certosino e grandi performances ribadisce in modo inequivocabile la superiorità storica degli artisti con la 'pelle nera'!
Wally Boffoli
Mick Collins

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