
O forse da un po’ più vicino, dalla Luna. Fanno musica da camera pensando a quelle del Castello di Elisabetta Bàthory, su a Cachtice. Nei salotti perbene dell’Old Europa, all’ epoca, non li conosce ancora nessuno anche se il gruppo (che in realtà viene da San Francisco, e non dai crateri lunari)

"Half Mute"

Un disco che oggi soffre il peso degli anni ma che all’epoca, all’alba degli anni Ottanta e dopo le brucianti escoriazioni del punk, suonava come un delirante, illogico assalto alla musica contemporanea. “Half Mute” rappresentava allora un nuovo modo di essere ostili, utilizzando a proprio favore gli elementi della musica colta e cameristica ma ricontestualizzandola dentro le cornici inox delle nuove avanguardie giovanili. Con distacco, freddezza e imperturbabile cinismo.

“Half Mute” è, oggi come allora, un disco che non scalda. “Half Mute” è una tormenta di neve sintetica, come quella delle riprese del Dottor Zivago.
Agghiaccianti canzoni come 59 to 1, Loneliness o 7 Years sembrano suonate da un reparto della Schutzstaffeln. Senza l’ ombra di un sorriso, senza nessuna concessione al gioco. Il preludio alle ambientazioni meno raccapriccianti del secondo disco sono raffigurate dalla tromba che si stende sopra il basso sferico di Fifth Column, il pop meccanico di What Use?, il violino che batte le ali come una falena dentro Volo Vivace, e il convulsivo cigolio meccanico di KM/Seeding the clouds.
La band porta il disco sui palchi del Vecchio Continente mostrandosi permeabile alle drammatizzazioni del ballo contemporaneo e del teatro di avanguardia con cui viene in contatto e a cui ruba nuovi elementi che elaborerà nel secondo album.
"Desire"

Ha queste curve discendenti come quelle di East e Again che debbono suonare un po’ come il rumore dell’ acqua dentro le orecchie di chi sta decidendo di affogare dentro il Danubio blu. C’ è quest’ aria di frac sporcati di tamarindo e succo di pera che si muovono dentro il vortice del valzer annoiato di Jinx.
Ci sono i loro cadaveri che gemono su Victims of the dance. C’ è il retrobottega da emporio cinese di Music # 1.

C’è la musica algida da Spazio 1999 di Incubus e In the name of the talent. C’è il siparietto da film muto di Holiday for Plywood. E c’è l’ elettronica nera della title track, fitta come la pioggia dell’ ultimo fotogramma di Blade Runner. Piove, dentro la musica dei Tuxedomoon, come sugli zigomi di Roy Batty. E i nostri cuori ne raccolgono. Come grondaie sotto cieli di piombo. E di silicio.
Franco “Lys” Dimauro
Prima di "Half Mute"

(7", 1978, Tidal Wave Rec. and Time Release Rec.)
I primi incerti, trafelati, confusi, balbettii meta-punk di Blaine L. Reininger (keyboards, violin) Steven Brown (keyboards, saxes & other instruments), Peter Principle (bass, synth) e Winston Tong (vocal); trafficano già con drum-machine ed electronics, gli stupri jazz e free-jazz sono ancora lontanissimi: nel 1977 'La luna in Frac' nasce ai piedi del Golden Gate Bridge .

New Machine, Litebulb Overkill, Nite & Day, No Tears
Prima delle codificate fredde geometrie di "Half Mute": gli spasmi notturni, il robotico post-punk senza speranza di No Tears: "...no tears for the creatures of the night". Le glaciali disquisizioni di New Machine sulla tomba disadorna della 'freakerie' S. Francisco anni '60. I primi esercizi 'cameristici' su ritmi artificiali di Litebulb Overkill. L'esasperato, paradossale omaggio cibernetico a Cole Porter di Nite And Day, estremo epitaffio delle utopie, vanificate da nuove allucinazioni suburbane.


Nervous Guys, Where Interests Lie, Special Treatment For The Family Man, Midnite Stroll
Ancora qualche vestigia di ribellismo 'punk' nei rantoli vocali di Where Interests Lie (una chitarra che assedia i sensi!) soffocati dai ritmi sintetici. Special Treatment For The Family Man é resa incondizionata, sax 'umanoide' (Steven Brown)/macchine supplicanti, pietà reclamata, fragilità esistenziale strappata all'intimità.
Di lì a poco firmano per la Ralph Records (l'etichetta dei Residents) ed incidono "Half Mute".
Wally Boffoli

TuxedomoonMySpace
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