mercoledì 20 dicembre 2006

Collaborations/ LIVE REPORT, Esteri / Saalfelden Jazz Festival, 25-26-27 Agosto 2006 by Marcello Rizza

A sorpresa Marcello Rizza mi ha inviato un suo live-report di un festival jazz molto particolare visto in Austria questa estate, esprimendo qualche dubbio acché io lo pubblicassi.
Ne approfitto per puntualizzare non solo al caro Marcello ma a tutti i lettori di questo blogspot , che in realtà é un sito musicale a tutti gli effetti, l'apertura a 360° con cui il sottoscritto ha voluto caratterizzarlo sin dalla sua nascita.
Devo essere sincero : ignoravo l'esistenza di questo festival e dei gruppi che vi si sono esibiti, il cui approccio al jazz a quanto ci riferisce Marcello é tutt'altro che ortodosso. Allora grazie Marcello per aver arricchito il nostro spettro sonoro.

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Quest'anno ho fatto le ferie a Saalfelden. Non è stato un caso. La ridente cittadina austriaca da anni ospita un Jazz-festival notissimo agli amanti del jazz sperimentale. Ma che ci fa un appassionato di sixties e di rock in una rassegna del genere? Leggete…leggete! C'è jazz e jazz! Questo è Jazz con gli attributi!
La qualità dei 15 gruppi intervenuti era altissima, inoltre è qualcosa di più che un Umbria Jazz, dove ormai puoi vederci suonare anche Santana, bensì è un festival di gran qualità e assolutamente rigoroso per quanto riguarda la qualità musicale. E' un festival che predilige il free jazz e il jazz più sperimentale, inquinato dai vari generi rock, blues, classico, ambient, industrial, elettronica e chi più ne ha più ne metta. Alcuni gruppi mi hanno letteralmente fatto impazzire, mentre altri li ho ammirati per le loro grandi capacità espressive ed artisitiche.
Il prezzo pagato, 105 Euro, ne valeva la pena.
Partendo dal Venerdì 25 agosto, giorno del mio arrivo, dei gruppi visti, quelli che mi hanno sinceramente colpito sono stati i seguenti, in ordine di apparizione: alle 22,00 i finnici RINNERADIO, assolutamente favolosi e i miei preferiti in tutto il corso della manifestazione: spaziali, ampi ed analogici, con Tapani Rinne che suona un clarinetto ispirato, Juuso Hannukainen che ipnotizza con le sue percussioni eleganti, Iro Haarla che suona arpa e pianoforte e che inserisce l'elemento glaciale che "disturba" le lunghe suite e finendo con Verneri Lumi che interviene solamente nella fase finale dei lunghimomenti musicali e che funge da dj che miscela suoni elettronici alla Kraftwerk.
E ad un incrocio tra i tedschi Kraftwerk, i Porcupine Tree e i Soft Machine riesco a leggere una chiave di lettura per questo gruppo, che di Jazz ha offerto veramente poco e di emozioni vere ha offerto moltissimo. Ho cercato informazioni in net su questo gruppo e ho scoperto che nell'ambito della sperimentazione jazz ha un grandissimo seguito. Consiglio peraltro il loro ultimo CD, “Plus”, etichetta Rockadillo (2006) che, oltre ai brani musicali offre un loro concerto in DVD.
Alle 23,30, poi, è seguito uno spettacolo della statunitense Christian McBride Band. Questo "cristiano" c'ha le palle, ragazzi! Ha due mani che sembrano due pizze margherite mentre inizia con un contrabbasso dalle corde certamente rinforzate. Questo è un jazz duro ma certamente jazz. Il tocco statunitense da sempre a ogni spettacolo un elemento dominante duro, sferzante. Anche questo non si discosta. Un gran bel jazz suonato come si suona il rock. Ma ancora più potente diventa il suono quando dal maltrattato contrabbasso Christian passa a suonare il basso elettrico. Che potenza, figlioli! E come diventa difficile capire quanto di jazz resti e quanto di blues e rock sia ormai entrato nel tessuto ritmico!

Sabato 26 agosto il programma iniziava alle 16.00. Il primo artista, Klaus Gesing, l’ho perso perché ero andato a visitare dal mattino la vicina Salisburgo. Alle 17,30 c’è stato quell’artista “malato” di sperimentazione che si chiama MARC RIBOT (USA).
Il “tipo” è famoso per spettacoli d’avanguardia dove, per esempio, suona la chitarra da solo mentre coi piedi scoppia palloncini! Stavolta lascia la sperimentazione e la genialità alla band che l’accompagna, la Lucien Dubuis Trio (Svezia), prestando nell’occasione il suo grande talento chitarristico. Veramente un grande spettacolo!
Ribot suona la chitarra prevalentemente sfruttando l’insegnamento di Robert Fripp, ma non disdegnando in un brano di suonare alla Peter Frampton. Suono che a volte è ispirato e melodico, a volte cerebrale, a volte potente. E se Marc Ribot guadagna in maniera impeccabile il suo cachet è invece questo pelato e spilungone di Lucien Dubuis, certamente meno conosciuto di Ribot, che col sassofono ne combina di tutti i colori e che conquista il mio cuore musicale. Con gli strumenti a fiato che utilizza ha un rapporto d’amore più animale che cerebrale. Il bocchino sembra che lo mastichi, i fiati sono sputacchiati a non finire, gli strumenti sotto le sue frenetiche dita suonano ma anche parlano, sussurrano, gemono, urlano. Non ci credete, vero se come esempi mi vengono ancora in mente gruppi rock piuttosto che jazz? E allora…ecco che, soprattutto per la chitarra, mi vengono in mente i King Crimson più sperimentali, quelli di lavori come “The Construktions of Light” (2000), mentre per i fiati scomodo i lavori messi in cantiere dai redivivi Van der Graaf Generator nel secondo CD del loro ultimo album “Present” (2005) e dal grande David Jackson.
Non è un caso se questo Jazz Festival mi ha “preso” così tanto! Così come è non un caso che salti a piè pari i gruppi che esprimono un grande jazz più classico che però conosco poco e che non posso quindi commentare con cognizione di causa.
Passo quindi a descrivere l’ultimo concerto delle 23,30, quello di Bobby Previte & The Coalition of the Willing (USA). Bobby, da informazioni assunte, è un batterista abbastanza classico nel panorama jazz statunitense, sebbene ami collaborare spesso con vari artisti in progetti differenti. Questo volta il progetto coi suoi compagni di viaggio è sicuramente in chiave rock. Sinceramente…non ho capito dove sia intervenuto il jazz nei pezzi che hanno eseguito con forza, se non solo in alcuni momenti nei pezzi ispirati e solisti che Robert Walter, omone molto beat negli atteggiamenti e nel look, inventava con un hammond a cui faceva rendere suoni improbabili per lo strumento! Stupefacente! Forse, in questo caso, i due chitarristi nei primi due brani non sono sembrati subito in sintonia. Hanno però recuperato successivamente contribuendo finalmente alla grande festa rock che veniva celebrata dall’entusiasmo e dalle capacità percussive di Bobby. Grande, grandissima prova!

Ed eccomi qui a raccontarvi dell’ultima giornata a Saalfelden.
I concerti iniziano alle 14,30. Il primo è di ottima fattura jazz, abbastanza classico, quel jazz che non conosco bene e di cui pertanto non parlo. Il secondo è particolare perché è dedicato a Robert Wyatt. Alcune composizioni della scena Canterbury occhieggiano al free jazz, quindi nulla di strano. E’ che in questo caso succede il contrario, ovvero è l’artista che occhieggia al genio compositivo del barbuto personaggio e ne coglie l’incipit per poi lanciarsi nel suo ambito jazz che meglio interpreta. Le arie di alcune canzoni di Robert Wyatt vengono “sassofononate” da MAX NAGL all’inizio dei brani ma è solo il pretesto per poi abbandonarsi a un free jazz che colpisce per il saper congiungere la strumentazione classica del jazz con una spazialità resa tale dall’intervento delle valide tastiere attivate da Clemens Wenger. Ho preso sul posto il CD del concerto, che si intitola “Market Rasen”, e i pezzi del nostro Robert rivisti da Max Nagl sono i seguenti: “5 black notes and 1 white note”,Alliance”,Cp jeebies”,Born again cretin”,Box 25/4 lid”,The british road”,Gharbzadegl”.
Non è un CD per chi non è aduso a sonorità jazz ma è sicuramente un must per i completisti del mondo Canterbury e propriamente di Robert Wyatt. Nell’interno di copertina c’è la foto di Robert nel suo giardino scattata nel 2003 e il testo della canzone “Alliance” firmata dall’autore.
Arriva dopo il divertentissimo e scatenato batterista Herbert Pinker; che personaggio strano! E’ abilissimo e molto aggressivo, tanto che l’ambiente free jazz, fatto di arresti improvvisi e di tempi spesso rallentati, sembrano influire sullo slancio che il personaggio prende sulla batteria. Dico con attenzione “sembrano”…e in effetti è curioso vederlo mentre si arresta rispettoso del copione assegnatogli e pare, in quella frazione di momento, che possa perdere l’equilibrio sopra i piatti e i tamburi.
Ma non cade mai, anzi riprende sullo slancio senza perdere una battuta e aggredendo con tutta la sua magrezza possibile gli strumenti sotto di lui. Riuscirà, nell’esecuzione, a rompere una bacchetta e a far saltare un piatto! Grandissimo e divertente. Questa di domenica è una sessione musicale importante. Anche col successivo concerto si assiste a uno spettacolo particolarissimo. Gli organizzatori della kermesse prenderanno atto, certamente, che dopo il secondo pezzo di questi malati di mente che si chiamano AHLEUCHATISTAS (USA) metà delle sedie del teatro si erano svuotate. Chi è rimasto è perché ama il rock e soprattutto quello pestato duro. E’ difficile classificare questo genere di musica.
E’ difficile capire la scelta degli organizzatori di inserire questo gruppo all’interno di una rassegna jazz, seppure assolutamente aperta alla sperimentazione.
Nel loro CD “What you will” (Cuneiform records 2006) gli stessi artisti si giudicano, pensate!: avant-technical, post-Beefheart, improv-core, math-metal, art-damage, punk-rock!!! Chiaro? Mica tanto! Dovrò ascoltare molto e molto attentamente il loro CD, ma da subito mi sento di dire che mi ricordano per alcuni aspetti il prog nordico alla Anekdoten e che si presentano scenicamente molto simili, anche fisicamente, ai Lord of Altamont che ho avuto la possibilità di vedere a Isola Rizza alla manifestazione Beat Epoque.
Oltretutto il CD è un po’ meno duro di quello che hanno mostrato sul palco, nel quale il leader e pazzo percussionista Sean Dail ha strapazzato gli strumenti è ha dato sfoggio dei suoi tanti tatuaggi in una esibizione edonistica. Sto scrivendo e ascoltando il CD…e in effetti riesco a cogliere alcuni (solo alcuni) sprazzi di free jazz…ma al concerto presentato a Saalfelden non se ne è sentita traccia!
E’ un finale di kermesse musicale tutta statunitense quella che segue. Ora dovrei scrivere righe e righe del pezzo forte della manifestazione musicale, del personaggio che tutti aspettavano da tre giorni: STEVE COLEMAN.
Risolverò il tutto, sempre per la mia iper dichiarata incapacità di giudicare un certo tipo di jazz, dicendo che dal punto di vista esecutivo lui e il suo quintetto sono stati impeccabili. Sassofonista e compositore, pur giovane non si danna l’anima come ho visto fare ad altri, anzi gigioneggia dall’alto della sua posizione privilegiata e riesce comunque a gestire la band e a coinvolgere il pubblico che gli tributerà l’applauso più lungo dei tre giorni trascorsi in teatro. Ne prendo atto. Io non ho capito bene la sua performance.
La serata finirà poi con la JASON MORAN'S BANDWAGON.
Divertentissimi! Si…ma sono un gruppo Blues! Ha voglia Jason Moran di tessere melodie sofisticate…gli altri se ne sbattono e suonano del grintoso e delizioso blues. E allora…Jason s’adegua, sperimenta, improvvisa, e vedi che comincia a suonare qualsiasi cosa gli venga in mente in quel momento. Le note del pianoforte intonano Jimi Hendrix, poi passano magicamente alla eighties “Trans europe espress” dei Kraftwerk…poi ritorna con un improbabile melodico esercizio, a proporre la sixties “Psiche Rock” di Pierre Henry…e chissà quante altre cose che non ho riconosciuto lui si diverte a intonare col suo melodico e divertente pianoforte!
E, tutti neri come il carbone e tutti validi, danno il loro divertente contributo e si intuisce che la scelta di far chiudere lo spettacolo a questi tizi è per lasciare un divertito ricordo della manifestazione.
L’anno prossimo andrò ancora a questa manifestazione. Non credo potrò mai più mancarci!
Chissà che non ci si riesca ad andare con qualcuno di voi?
MARCELLO RIZZA

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti per le fotografie che sei riuscito a trovare per rendere più invitante il modesto reportage che avevo scritto senza la pretesa che assurgesse ad "articolo". Invito calorosamente i "curiosi" a partecipare alla prossima rassegna estiva di Saalfelden...ne varrà certamente la pena.

Pasquale ' wally ' Boffoli ha detto...

grazie molte per il tuo reportage esaurientissimo, altro che modesto..Marcello !

Anonimo ha detto...

A riprova che lo spettacolo ha avuto una connotazione "rocchettara" invito i lettori a leggere il reportage (questo si che è un vero articolo!) di un purista jazz che ribalta completamente le mie impressioni. E' divertente "cogliere" come diversi gusti musicali influenzino le recensioni!
http://italia.allaboutjazz.com/php/article.php?id=722
Il fatto che un purista jazz sia contrario agli spettacoli che ho descritto...è una garanzia perchè tale rassegna venga vista anche da appassionati di rock.
Ciao!

Michele ha detto...

ciao Marcello, grazie per l'ottimo articolo sui grandi USA che ho pubblicato thru Pasquale anche su PopArtx,..davvero great band,...in più: yeah Pasquale, il disco dei TURQUOISE ce l'ho ,ed è MERAVIGLIOSO, te lo registro appena avrò un pò di tempo insieme a Dee JayWalker ,..vi auguro buone feste
(ps intanto che ci sono, Pasquale, mi raccomando se reperisci una track mid-60s dei Flowers che la inserisco nel prossimo Proiettili Ita Punk Waves" v.2 ..famme sapè

Anonimo ha detto...

Grazie a te, Michele, che hai avuto la cortesia di giudicare interessante e da pubblicare l'aticolo sugli U.S.A.. Non mi sento, comunque, un esperto di musica sixties. Semmai un appassionato con molto materiale e qualcosa da comunicare ad altri appassionati. Coi mezzi di oggi e un po' di passione è abbastanza facile fare un articolo. Se non fossi così pigro...ne scriverei molti di più!
Ciao e...buon natale a te, a Pasquale e ai lettori di questo e del tuo blog.

Michele ha detto...

grazie mille:)Marcello,...by the way, bello il tribute a Joe Strummer,..mi ricordo che il 1° Mucchio Selvaggio che comprai in vita mia (avevo 13 anni) aveva proprio un art. con le traduzioni delle lyrics di Sandinista