Alla fine del 2011, anno piuttosto avaro di uscite discografiche italiane, ecco spuntare un'interessante novità ad opera di una formazione dal nome semplice e popolare: Pane. La band romana composta dal pianista Maurizio Polsinelli, il chitarrista Vito Andrea Arcomano, il batterista Ivan Macera, il flautista Claudio Madaudo e Claudio Orlandi
alla voce, giunge oggi alla sua terza prova discografica. Dopo un album omonimo autoprodotto pubblicato nel 2003 e "Tutta la dolcezza ai vermi" del 2008, il nuovo lavoro della formazione segna un ulteriore passo avanti nella ricerca di uno stile personale in quanto a suggestioni poetiche e musicali. La musica permea di emozioni e ben si amalgama alle parole ed alla voce vibrante di Claudio Orlandi (impossibile non pensare al grande Demetrio Stratos), che scrive i testi e in qualche occasione riadatta quelli di Bufalino, Cavallo, Majakovskij. Un disco che sembra il seguito naturale del lavoro precedente e che rivolge lo sguardo verso l'alto: un invito ad alzare la testa anche in senso civico e politico come ammette lo stesso Orlandi. Il lavoro sorprende per la sua capacità di fondere insieme uno stile cantautorale di matrice progressive ed atmosfere folk e jazz. Il tutto in una dimensione onirica teatrale davvero unica. L'ammaliante dolcezza de L'umore; l’inquietudine che scorre in Gocce; la tensione esplosiva della title track (liberamente adattata da "La Nostra Marcia" di Vladimir Majakovskij); i 10 minuti desertici dedicati alla biblica terra d'Israele di Samaria (liberamente adattati dal "Lamento del Viaggiatore" di Gesualdo Bufalino); l'estasiante respiro di Tutto l’amore del mondo; il delirio sonoro e poetico di Cavallo (liberamente adattato da "Item", di Victor Cavallo) sono il quadro generale di un impasto musicale davvero accattivante per un album dall’impatto viscerale. Una costellazione di emozioni.
Michele Passavanti
PaneMySpace
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