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Premetto che mi risulta difficile rimanere imparziale parlando di
Simona Gretchen artista faentina di soli 23 anni, che già da giovanissima figura in varie band locali, punk soprattutto, che le servono come esperienza fino a che, raggiunta una certa maturità espressiva, decide di espandere i propri orizzonti musicali e personali. E' così che inizia a comporre brani prevalentemente acustici, fortemente influenzati dalle grandi artiste maledette del rock,
Patti Smith e
PJ Harvey su tutte ma anche dalle atmosfere allucinate e distorte dei
Csi, e grazie all'interessamento dell'ottima etichetta indie
Dada Records di
Lorenzo Montanà e
Gianluca Lo Presti, dà alle stampe il suo primo disco da solista
"Gretchen pensa troppo forte" (2009). La prima cosa da mettere in evidenza di questo giovane talento è che
Simona per questo disco ha cambiato il suo cognome in un più inquietante
Gretchen, dal personaggio femminile del
'Faust', inoltre è da notare (particolare non da poco) l'uso della lingua italiana sempre ostica in un contesto rock, scelta dettata
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prevalentemente dalla necessità di far comprendere al meglio i suoi testi introversi e contorti. Il disco si compone di 11 pezzi, 11 perle scintillanti, per un totale di 34 minuti circa di durata, ed è una scoperta sensazionale per la "sonnacchiosa" scena italiana, ricca di altre interpreti altrettanto brave come
Tying Tiffany, Meg, Beatrice Antolini, Marta Collica tra le altre; ma qui stiamo parlando di un talento assoluto, un'artista tra le migliori ascoltate nell'ultimo decennio dalle nostre parti. Per questo disco
Simona Gretchen rinuncia spesso e volutamente alla batteria, rendendo il suono volutamente scarno, evidenziando ancora di più la sua particolarissima voce, con una strumentazione ridotta all'osso, sostenuta dai fidi
Nicola Manzan (Bologna Violenta, Il Teatro Degli Orrori) e
Lorenzo Montanà (Tying Tiffany), che l'aiutano in fase di produzione e rumori vari, e i bravi
Gianluca Lo Presti (Nevica su Quattropuntozero) e
Valentina Grotti.
L'album si apre in maniera disturbante con la maestosa
Alpha Ouverture, chitarre abrasive in puro stile
Giorgio Canali - CSI, e una voce che sembra provenire da una quarta dimensione, un brano davvero di forte impatto
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emotivo, con Simona che ripete
"come posso porre fine a questa noia più che mortale", quasi un grido disperato e di rifiuto della attuale
blank generation.
Davvero molto suggestivo anche il video che accompagna questa song, curato e diretto da
Nicola Pederzoli e
Marco Tassinari, uno dei più originali visti dalle nostre parti.
Le mie Fate è un altra canzone molto intensa, il basso è di
Gianluca Lo Presti, "
non c’è rischio né passione, non c’è margine d’errore sicurezza mia non piace a chi mi spreme, a chi non duole a chi mi ripete piano: il tempo aiuta … e noi lo aspettiamo!": certe intonazioni di Simona Gretchen qui sono debitrici della migliore
Patti Smith. Segue a ruota la delicata
Cera, segnata dal violino del bravo
Nicola Manzan: il tutto sembra provenire da certi album prog anni 70' (
Saint Just, Celeste), davvero un brano ricco di fascino;
“dai, scegline una, non costa, è carina ... vedrai se è poi vuota, dentro, veramente, son di cartapesta, di plastica, ghiaccio ma in serbo per te ho una sorpresa di cera”.
Fockus uno dei pezzi forti del disco, anch'esso corredato da un bel video (curato stavolta da
Duilio Scalici), riprende le linee armoniche dell'apertura di
Alpha Ouverture con chitarre "rubate" alla
tabula rasa dei
CSI, solo 2 minuti ma di grande forza, con parole che sembrano aghi avvelenati,
"hai mai pensato ci siano già abbastanza persone, convinte che l’accettazione abbia a che fare con la fede? (peggio, con la rassegnazione) che guardano alle spalle e mai una volta avanti a loro? che se la morale manca rischiano di sentirsi sole? soggette a presunzione, prescrizione, presupposti e finte malattie, che diano loro un diverso colore in cerca di una dignità ulteriore": davvero uno specchio perfetto della società moderna.
Due apprendisti è in puro stile cantautoriale, ancora il violino di
Nicola decora il tutto, qui vengono fuori le influenze dei grandi maestri italiani del passato, mi viene in mente il primo
De Andrè e le parole srotolate
"del mio stregone apprendista ho trovato un presente la domanda che assilla quando cade un sipario".
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A ruota arriva
Bianca In Fondo al Mare, forse il brano melodicamente più intenso, quello che al primo ascolto rimane impresso anche all'ascoltatore più distratto, prima un omaggio al
Faber della
"Buona Novella",
"ricordami di santificare le feste, il padre e la madre, la terra su cui poggio i piedi" seguito da un refrain molto accattivante e bellissimo,
"e ripeterà il mio nome, lo ripeterà nel mare, lo ripeterà più a fondo, mi ripeterà nel sole, mi ripeterà nel sale, mi ripeterà fin tanto che io ne abbia sete o fame", di certo una delle canzoni che più hanno lasciato il segno nel decennio appena trascorso.
O Nostre Pelli, solo voce e piano inizialmente,
"l’ironia in come si presenta, è il sorriso di chi mi paga e compra, liberate le parole, trafiggete le calunnie e frodi, rivolgete voci e occhi all’illusione"; poi entrano di nuovo le chitarre angoscianti, malate e
Simona. grida con voce al vetriolo
"o nostre pelli vecchie e fuochi spenti, come un fuoco che brucia e non si vuole spegnere".
La successiva
Vuota è un'incantevole ninna-nanna dolceamara ,
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"
sente il peso del suo corpo, teme il buio e stanca dorme, nasconde, nasconde i semi del rimorso e poi si sveglia vuota", a cui fa seguito
Simpatia per B.C., di cui ignoro la dedica, in ogni caso una delle song dell'album che preferisco, con la sua bella chitarra fluida e quasi psichedelica, "
imparerai a riconoscere il distacco e poi sarà solo un segreto e poi sarà più nulla, e come ieri non mi riconosco, e come ieri non so se ho perso": un altra amara riflessione della brava
Simona sulla vacuità del presente.
Ieri è un altro malinconico affresco della generazione
anni zero, "
sei stato tu a minar la convinzione, che il bravo attore non reciti mai, sei proprio tu che mi getti nel dubbio l’abisso che ormai è dentro un po’ a tutti noi, mi hai detto: lo stomaco mi stringe i secondi”
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, mentre la conclusiva
Non Trovo Più Le Chiavi è uno splendido reading punteggiato dal bel piano di
Valentina Grotti: ancora parole pesanti come macigni, “
io sono la proiezione, solo tu mi puoi cacciare e una volta, in effetti, abbiamo pregato, ginocchia nude a terra e schiene piegate, le teste chine, le porte chiuse a chiave, abbiamo chiesto scusa e, molto umilmente, supplicato i nostri corpi di arrendersi o smettere di scioperare” e chiude degnamente questo sorprendente e magnifico album di debutto di
Simona Gretchen.
Il disco a giudizio di chi scrive è quanto di meglio sia uscito ultimamente in Italia, innalzando
Simona Gretchen tra le migliori interpreti della nuova leva cantautorale degli
Anni Zero: rubo il titolo dall'omonima doppia eccellente raccolta voluta dal
Club Tenco e dal
Mei (Meeting Etichette Indipendenti), nella quale figura tra le 36 ottime proposte di giovani artisti anche la nostra songwriter faentina con il bel pezzo
Krieg.
Per questo 2011 poi è prevista l'uscita di un 7" pollici, anche se mi piace chiamarlo 45 giri visto che verrà stampato in vinile in edizione limitata da distribuire ai fan più affezionati, a quelli che le vogliono bene aggiungo io; il disco conterrà l'inedito
Venti e Tre e una particolare
rendition del
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classico
dei
Velvet Underground Venus in Furs: davvero un singolo da tenere d'occhio e che noi di
Distorsioni vi proporremo quanto prima.
Ricardo Martillos
Discografia
:
"Gretchen pensa troppo forte" (2009, Disco Dada Records; distribuito da Venus);
"Krieg" (2010; da "La leva cantautorale degli anni Zero", doppio cd; edizioni Ala Bianca, distribuito da Warner);
"Venti e tre" (2011; co-produzione Disco Dada Records/Trovarobato)
- 7'', in uscita a maggio 2011; edizione limitata; contiene l'inedito omonimo e la cover di Venus in furs dei Velvet Underground
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