

Addentriamoci in quella frangia rock neo-psichedelica di provenienza prettamente americana già trattata su queste pagine con Brian Jonestown Massacre e Black Angels (Phosphene Dream). Questa volta con una band proveniente da Los Angeles e il cui leader, Bobby Hecksher, proprio nel gruppo di
Anton Newcombe si era fatto le ossa dopo l’apprendistato come bassista nell’album “Stereopathetic Soulmanure” di Beck.
Nel 1999 insieme agli altri due BJM, Jeff Levitz e Bobby Martinez forma il primo assetto dei Warlocks con cui darà la luce all’ omonimo EP di 6 canzoni che verranno in parte riproposte nel successivo album “Rise and Fall” (Caveman Rock) (Bomp! Records 2001) a sua volta stampato in due versioni, UK e US con lista dei brani leggermente differente. A fare ordine in questo primo periodo ci penserà l’antologia “Rise and Fall, EP and Rarities”, (Zap Banana/Cargo Records, 2010) che raccoglierà comodamente
“Phoenix Album" (Birdman Records 2002)
più immediato rispetto ai primi lavori, complici canzoni “a presa rapida” come Shake the dope out, Baby blue, Hurricane heart attack. Quest’ultima vede la partecipazione di Sonic Boom degli Spacemen 3. Nell’ insieme meno intento a divagazioni cosmiche rispetto al lavoro precedente, più ricercato nelle melodie vocali che si librano su tappeti di chitarre fuzzate, in questo album The Warlocks acquistano un’identità più “pop” sebbene acido e dopato, tanto che sarà la Mute Records ad occuparsi della versione europea di questo titolo, e a pubblicare il loro successivo “Surgery” (Mute Records,2005).
Nonostante l’ottimo lavoro di produzione col chiaro intento da parte della Mute di farne una band di indie-rock, la “ripulita” è solo
apparente e il risultato è decisamente troppo aspro e oscuro per essere di buon auspicio alle casse dell’etichetta. Il cantato di Hecksher che si contorce tra il malinconico e il disperato, riaprendo le ferite del Robert Smith di “Disintegration”, il tempo scandito pesantemente ed incessantemente dalle due batterie, le chitarre capaci di creare una cappa di nebbia densa e impenetrabile fanno di questo album il loro primo vero riscatto dai loro riferimenti del passato dando forma ad un carattere più personale e contemporaneo. L’introduttiva Come save us avvolgente e implorante, l’ingannevole e catartica It’s like surgery che lascia intravedere uno spiraglio di luce, le successive ballads di Gipsy nightmare e Angels in heaven, angels in hell
riecheggianti gli anni ’50, in particolare la seconda che ha il sapore di un brano concepito a quattro mani tra Phil Spector e Kevin Shields e che è un po’ il retrogusto di questo intero album. Nel frattempo all’interno del gruppo si susseguono frequenti cambi di line-up dovuti anche a problemi di droghe il cui uso a quanto pare non si limita alla sola ricerca di ispirazione. Sfoltito l’ensemble a cinque elementi ed un solo batterista, con Heckscher unico superstite della formazione originale, esce “Heavy Deavy Skull Lover”(Tee Pee Records,2007). L’orbita più rock’n’roll degli esordi è ormai distante,
11 minuti della monumentale Moving mountains, fanno da cornice definendo il panorama dinnanzi. So Paranoid, Zombie like lovers, Dreamless days tra gli incubi e le angosce che lo abitano fino alla conclusiva Death, I hear you walking in cui la morte finora sublimata viene invocata nella sua accezione liberatoria. Un album malato. Di quelle malattie che lasciano il segno e in cui il sistema immunitario viene messo a dura prova. Superata la convalescenza, con l’ormai consueta cadenza biennale è la
volta di “Mirror Explodes” (Tee Pee Records,2009). Red camera è il brano che apre questa nuova sequenza di 8 tracce, e che sulle prime potrebbe ricondurli ad uno dei classici brani in Heckscher-style, ma nel contesto dell’album si evidenzia una propensione verso la struttura a libera improvvisazione più accentuata rispetto ai lavori precedenti. Qui in termini di sonorità emergono prepotentemente i riferimenti shoegaze dei fratelli Reid, Spacemen 3, Loop. Il tutto riflesso su uno specchio sonoro molto più ampio, deflagrante in uno stato di sospensione eterea. Standing between the lovers of hell, ricorda una Venere in pelliccia ecologica, Frequency meltdown ripercorre la rotta astrale dei Neu di Fur Immer, Static Eyes ha gli stessi ingredienti della ricetta perfetta di Spacemen 3, The midnight sun splende della luce riflessa di “Loveless” dei My Bloody Valentine. Un lavoro che se paragonato a “Heavy Deavy Skull Lover” è più apprezzabile nella
forma, ma non sembra avere gli stessi contenuti. Potrebbe essere interpretato come un riepilogo degli “appunti” presi finora, una pausa per contemplare il percorso compiuto, ma ad ogni modo lascia intendere che loro di cose da dire ne hanno ancora molte. Il viaggio dell’astronave Warlocks non ha ancora terminato il suo viaggio; sta a loro decidere in quale direzione proseguire: se di ritorno verso casa o verso nuovi inesplorati microcosmi mentali.Federico Porta
The Warlocks Discography
Rise and Fall (Bomp! Records, 2001)
Phoenix Album (Birdman Records, 2002)
Surgery (Mute Records, 2005)
Heavy Deavy Skull Lover (Tee Pee Records, 2007)
Mirror Explodes (Tee Pee Records, 2009)
The Warlocks
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